Il terzo mondo. Qui è più difficile raccogliere dati precisi, ma la violenza sulle donne in gran parte del mondo è una normale componente del tessuto culturale e non viene identificata come tale neppure dalle sue vittime. Un gruppo di ricerca che investigava nei paesi a sviluppo minimo ha rilevato una stretta connessione tra livelli più alti di violenza contro le donne e società in cui la dipendenza economica femminile dagli uomini è più elevata o dove le donne hanno meno voce in casa o nella società. In molti paesi in via di sviluppo, picchiare la moglie fa parte dell’ordine naturale delle cose, una prerogativa maschile ancora indiscussa: in un distretto del Kenia, il 42 per cento delle donne intervistate venivano picchiate regolarmente dal marito. Lo stupro da parte del marito, poi, è ancora perfettamente legale in gran parte del mondo, e quantificarne l’incidenza è quasi impossibile.
Povertà e prostituzione. In Nepal, circa 10 mila ragazze ogni anno vengono vendute dalle famiglie per essere avviate alla prostituzione. Nell’Asia sudorientale, i trafficanti selezionano le comunità più deboli, arrivano nei villaggi durante un periodo di siccità o una carestia e convincono le famiglie a vendere le figlie in cambio di due soldi. Secondo l’Organizzazione internazionale per l’emigrazione, nei mercati occidentali della prostituzione arriva ogni anno quasi mezzo milione di donne, provenienti un po’ dappertutto.
Le mutilazioni genitali. E’ una pratica ancora ampiamente utilizzata, effettuata quasi sempre in condizioni sanitarie abominevoli, senza anestesia e soprattutto su bambine anche in tenerissima età. Gli effetti sulla salute sono devastanti, e colpiscono le donne in ogni momento della loro vita sessuale e riproduttiva. Oggi sarebbero 130 milioni le donne che hanno subito questo genere di mutilazione, e i flussi migratori hanno portato il problema (e le sue conseguenze) anche nelle ricche civiltà occidentali.
Lo stupro. Colpisce ogni parte del globo: i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità fissano tra il 14 ed il 20 per cento il numero di donne che, negli Stati Uniti, subiscono uno stupro durante il corso della vita. Percentuali analoghe sono rilevate in Canada, Corea e Nuova Zelanda. La violenza sessuale è anche un’arma di guerra, solo da poco riconosciuta come tale dalle leggi internazionali. I conflitti con un forte connotato etnico, come quelli nei Balcani o in Africa centrale, vedono l’uso dello stupro come strumento bellico da parte di entrambi i contendenti. Nel 1993, il Centro per i crimini di guerra di Zenica aveva documentato in Bosnia 40 mila casi di stupro, ma le cifre reali sono ritenute ben più alte e vi sono sospetti che persino alcuni soldati dell’Onu si siano resi responsabili di aggressioni. di Emanuela Graziosi
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