Il Papa agli universitari parla del diritto alla cultura, alla speranza e alla pace: “Ci servono parole che raggiungano le menti e dispongano i cuoriˮ. L’appello contro la guerra: “Non siamo neutrali, ma schierati per la pace!ˮ
C’è «il diritto a non essere invasi quotidianamente dalla retorica della paura e dell’odio», il diritto «a non essere sommersi dalle frasi fatte dei populismi o dal dilagare inquietante e redditizio di false notizie». Il diritto «a vedere posto un limite ragionevole alla cronaca nera, perché anche la “cronaca bianca”, spesso taciuta, abbia voce». Lo ha detto Francesco durante l’incontro con gli studenti e il mondo accademico bolognese, in Piazza San Domenico, durante il quale ha rinnovato l’appello a dissociarsi dalle «ragioni della guerra» e a non essere «neutrali, ma schierati per la pace».
Giunto in ritardo dalla cattedrale di San Pietro, dove aveva incontrato sacerdoti, religiosi e religiose , il Papa è entrato nella basilica e ha sostato alcuni istanti in preghiera nella cappella davanti al reliquiario di san Domenico. Quindi è uscito sulla piazza dove è stato salutato da uno studente e dal rettore dell’università di Bologna, Francesco Ubertini, che gli ha consegnato il “Sigillum Magnum”, la massima onorificenza dell’Ateneo.
Prendendo la parola Francesco ha ricordato che l’Università di Bologna, «laboratorio di umanesimo», con i suoi quasi mille anni di storia, ha reso la città «dotta ma non saccente», rendendola «aperta». Ha ricordato quei primi studenti quei «due ideali li spinsero, uno “verticale”: non si può vivere davvero senza elevare l’animo alla conoscenza, senza il desiderio di puntare verso l’alto; e l’altro “orizzontale”: la ricerca va fatta insieme, stimolando e condividendo buoni interessi comuni. Ecco il carattere universale, che non ha mai paura di includere». Francesco ha auspicato che «Bologna, crocevia secolare di incontri, di confronto e relazione, e in tempi recenti culla del progetto Erasmus, possa coltivare sempre questa vocazione!».
Il Papa ha spiegato che «la ricerca del bene è la chiave per riuscire veramente negli studi; l’amore è l’ingrediente che dà sapore ai tesori della conoscenza e, in particolare, ai diritti dell’uomo e dei popoli». E ha proposto una riflessione su tre diritti, «che mi sembrano attuali». Il primo è quello alla cultura. «Oggi specialmente – ha detto – diritto alla cultura significa tutelare la sapienza, cioè un sapere umano e umanizzante. Troppo spesso si è condizionati da modelli di vita banali ed effimeri, che spingono a perseguire il successo a basso costo, screditando il sacrificio, inculcando l’idea che lo studio non serve se non dà subito qualcosa di concreto. No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita. È da reclamare il diritto a non far prevalere le tante sirene che oggi distolgono da questa ricerca».
Il Papa ha invitato gli universitari a «rispondere ai ritornelli paralizzanti del consumismo culturale con scelte dinamiche e forti, con la ricerca, la conoscenza e la condivisione. Armonizzando nella vita questa bellezza custodirete la cultura, quella vera. Perché il sapere che si mette al servizio del miglior offerente, che giunge ad alimentare divisioni e a giustificare sopraffazioni, non è cultura». «Cultura – lo dice la parola – è ciò che coltiva, che fa crescere l’umano. E davanti a tanto lamento e clamore che ci circonda, oggi non abbiamo bisogno di chi si sfoga strillando, ma di chi promuove buona cultura».
Una critica a tanto vociare contemporaneo. «Ci servono parole – ha aggiunto Bergoglio – che raggiungano le menti e dispongano i cuori, non urla dirette allo stomaco. Non accontentiamoci di assecondare l’audience ; non seguiamo i teatrini dell’indignazione che spesso nascondono grandi egoismi; dedichiamoci con passione all’educazione, cioè a “trarre fuori” il meglio da ciascuno per il bene di tutti». Contro quella che Francesco definisce «una pseudocultura che riduce l’uomo a scarto, la ricerca a interesse e la scienza a tecnica» serve «una cultura a misura d’uomo, una ricerca che riconosce i meriti e premia i sacrifici, una tecnica che non si piega a scopi mercantili, uno sviluppo dove non tutto quello che è comodo è lecito».
Il Pontefice ha quindi parlato del diritto alla speranza. «Tanti oggi sperimentano solitudine e irrequietezza, avvertono l’aria pesante dell’abbandono. Allora occorre dare spazio a questo diritto alla speranza: è il diritto a non essere invasi quotidianamente dalla retorica della paura e dell’odio. È il diritto a non essere sommersi dalle frasi fatte dei populismi o dal dilagare inquietante e redditizio di false notizie». Francesco ha chiesto anche di porre «un limite ragionevole alla cronaca nera, perché anche la “cronaca bianca”, spesso taciuta, abbia voce. È il diritto per voi giovani a crescere liberi dalla paura del futuro, a sapere che nella vita esistono realtà belle e durature, per cui vale la pena di mettersi in gioco. È diritto a credere che l’amore vero non è quello “usa e getta” e che il lavoro non è un miraggio da raggiungere, ma una promessa per ciascuno, che va mantenuta». Il Papa ha quindi auspicato che le aule delle università siano «cantieri di speranza, officine dove si lavora a un futuro migliore, dove si impara a essere responsabili di sé e del mondo! Sentire la responsabilità per l’avvenire della nostra casa, che è casa comune».
Infine, il diritto alla pace. Qui, alle radici dell’università europea, il Pontefice ricorda il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, degli inizi dell’Europa unita, sorta dopo le tragedie delle due guerre mondiali e nata per tutelare il diritto alla pace. Oggi «molti interessi e non pochi conflitti sembrano far svanire le grandi visioni di pace. Sperimentiamo una fragilità incerta e la fatica di sognare in grande. Ma non abbiate paura dell’unità!» ammonisce Francesco. «Le logiche particolari e nazionali non vanifichino i sogni coraggiosi dei fondatori dell’Europa unita», dice il Papa ricordando i milioni di persone che persero la vita nei conflitti e il grido che cent’anni fa aveva levato Benedetto XV, già vescovo di Bologna. «Dissociarsi in tutto dalle cosiddette “ragioni della guerra” – aggiunge Bergoglio – parve a molti quasi un affronto. Ma la storia insegna che la guerra è sempre e solo un’inutile strage. Aiutiamoci, come afferma la Costituzione Italiana, a “ripudiare la guerra”, a intraprendere vie di nonviolenza e percorsi di giustizia, che favoriscono la pace».
Di fronte alla pace, ha spiegato il Pontefice, « non possiamo essere indifferenti o neutrali». Francesco ha citato le parole di un grande arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Lercaro: «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia». Non neutrali, dunque, «ma schierati per la pace!», ha continuato Francesco. «Perciò invochiamo lo ius pacis, come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza. Per questo ripetiamo: mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai più senza gli altri! Vengano alla luce gli interessi e le trame, spesso oscuri, di chi fabbrica violenza, alimentando la corsa alle armi e calpestando la pace con gli affari».
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Bergoglio ha chiesto di «affermare i diritti delle persone e dei popoli, dei più deboli, di chi è scartato, e del creato, nostra casa comune». «Non credete – ha aggiunto – a chi vi dice che lottare per questo è inutile e che niente cambierà! Non accontentatevi di piccoli sogni, ma sognate in grande». Francesco ha invitato i giovani a sognare: «Sogno anch’io, ma non solo mentre dormo, perché i sogni veri si fanno ad occhi aperti e si portano avanti alla luce del sole. Rinnovo con voi il sogno di un nuovo umanesimo europeo, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia; di un’Europa madre, che rispetta la vita e offre speranze di vita; di un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile». È il sogno di un’Europa che «memore della sua cultura, infonda speranza ai figli e sia strumento di pace per il mondo».
di Andrea Tornielli per Vatican Insider
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