Categorie: Caritas et Veritas

Noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza

BEATITUDINI – San Giacomo dice: “Ecco, noi chiamiamo beati quelli che  hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di  Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il  Signore è ricco di misericordia e di compassione” (Gc 5, 11).

La pazienza è di Dio, che con amore, pietà, misericordia, compassione, benevolenza, perdono, va in cerca della creatura, fatta a sua immagine e somiglianza, per ricondurla nella Sua casa, affinché viva da figlio fedele. La pazienza di Dio che da sempre va alla ricerca dell’uomo da salvare diviene e si fa pazienza di Cristo Gesù, pazienza sofferta, dolorosa, di croce, di morte, di sacrificio. Dopo Cristo, la pazienza richiesta all’uomo è pazienza di croce, di sofferenza, di dono totale della propria vita a Dio per la conversione di un cuore, per la salvezza di un’anima.

La pazienza è la manifestazione più alta della carità: dono della vita nostra per la vita dei fratelli, che può avvenire solo nella sofferenza, nel dolore, nel rinnegamento di noi stessi, nell’annientamento, nell’umiliazione, nella mitezza del cuore, nella rinunzia alla nostra volontà, perché solo la volontà di Dio si compia nella nostra vita e per mezzo di essa nel mondo intero.

Fino a che punto si è capaci di amare il Signore? Qual è il limite della rinunzia, o annientamento di noi stessi? Qual è la cosa più cara che non riusciremmo mai a donare al Signore? La Storia Sacra ci insegna che ad Abramo è stato chiesto il figlio Isacco. Abramo deve considerare la sua vita chiusa in se stessa, senza futuro umano. Il futuro umano di Abramo è Dio. Partendo per sacrificare Isacco sul monte, Abramo offriva se stesso a Dio. Consegnando il figlio, era se stesso che si metteva tutto nella mani del Signore.

A Giobbe prima fu chiesto di rinunziare a qualcosa che era fuori di lui: possedimenti e figli. Giobbe offrì tutto al Signore. Il suo cuore in questa circostanza fu sempre con Dio. Poi fu sconvolto da una malattia che rese il suo corpo un piaga. Anche questa seconda prova Giobbe sopportò con pazienza.

Di Cristo Gesù si conosce tutto. Egli si lasciò umiliare, Lui, il Signore, il Dio dell’uomo, per amore dell’uomo, per la sua salvezza. Gli strapparono la vita e Lui se la lasciò strappare per amore del Padre, che gli chiese questo sacrificio per l’espiazione dei nostri peccati. Ma accanto a Cristo c’è Lei, la Vergine Maria, Madre della Redenzione. A Lei il Signore ha chiesto un amore più grande. Alla croce ha dovuto offrirsi ed offrire il Figlio per la nostra redenzione.

Anche ai suoi discepoli Gesù chiede la stessa sua pazienza, il dono totale della propria vita: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. La pazienza del cristiano va dalla sopportazione della più piccola offesa alla donazione totale per l’altro, alla consegna del suo corpo al martirio. Per essere pazienti bisogna perdersi, annullarsi, rinnegarsi, pensarsi solo come strumenti perché l’amore di Dio si diffonda nel mondo. Questo ha fatto Cristo Gesù. Questo Egli richiede e domanda ad ogni suo discepolo. “Chi vuole venire dietro di me, rinneghi ogni giorno se stesso, prenda la sua croce, e mi segua”. Tutto questo può avvenire se ci si riveste di pazienza, della Sua pazienza, di quella da Lui vissuta tutta sulla croce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, ottienici dal cielo la pazienza crocifissa di Tuo Figlio Gesù. Dobbiamo servire il Signore sino alla fine, amando i fratelli e donando la vita per loro. Tu pregherai e noi saremo strumento dell’amore di Cristo, come Tu lo sei stata fino ai piedi della croce e oltre, uomini e donne di pazienza santa. Amen. di don Francesco Cristofaro

 

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