Minore aspettativa di vita, pessima igiene nella quotidianità e, soprattutto, minor accesso ai servizi di cura. Sono da allarme rosso le condizioni di salute dei 180mila rom presenti nel nostro Paese, talmente precarie da farli vivere 10 anni in meno rispetto alla media nazionale degli italiani. Malattie cardiovascolari e metaboliche per gli adulti e infezioni respiratorie per i bambini restano, infatti, le principali patologie da affrontare quando giungono, spesso in ritardo, all’ospedale. Si legge tutta la «miopia delle politiche» delle amministrazioni locali nell’analisi condotta da Caritas Roma, nell’ambito del progetto promosso dal “Tavolo rom e sinti” di Caritas italiana, sulle condizioni dei 15mila rom che risiedono nella Capitale. Nell’accurato spaccato – racchiuso nel volume “Salute rom: itinerari possibili” – così si spiega come negli anni «ghettizzazione, pregiudizi e stereotipi rendano i processi d’integrazione un miraggio». Almeno sino a quando non si smetterà di considerare questa popolazione come nomade e zingara, concentrandosi più a costruire campi e sgomberare quelli abusivi invece di occuparsi dei loro bisogni reali.
Una «realtà drammatica e attuale», l’ha definita il direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu, nel ringraziare la diocesi di Roma per aver approfondito il tema. I dati difatti, presentati ieri durante il convegno “La salute dei Rom: disuguaglianza vissute, equità rivendicata”, la dicono lunga. Per le loro condizioni di vita insana i rom si ammalano di più, ma mancanza di soldi, difficoltà di comunicazione oltre che «una discriminazione diretta e indiretta», portano queste persone a rinunciare a bussare ai medici fino a quando non è indispensabile. Ecco che quindi il loro rapporto con il mondo della salute è caratterizzato da abuso del pronto soccorso, diagnosi tardive, interruzione delle terapie, percorsi assistenziali discontinui e frammentari.
La qualità della vita dei rom a Roma è notevolmente peggiorata, ha ricordato il direttore della Caritas romana, monsignor Enrico Feroci, e su di loro vige «una comoda indifferenza». A non far rumore perciò anche i passi indietro nella scolarizzazione dei bambini, così come le difficoltà d’inserimento lavorativo. La Caritas di Roma da 25 anni si occupa di diffondere la tutela della salute tra la popolazione rom e a promuovere corsi di formazione per operatori sanitari. Una solidarietà orientata, ha spiegato ancora monsignor Feroci, a far in modo che «il popolo romanì arrivasse ad essere con le proprie forze artefice del suo destino». Ma non si potrà costruire se non con il dialogo e la corresponsabilità.
Alessandra Guerrieri
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