Non ci dimenticate: il grido di Gaza

GAZA – Intervistato da Radio Vaticana Padre Mario Da Silva, vicario della parrocchia latina di Gaza, parla della situazione e delle necessità della enclave palestinesi colpite da Israele nel luglio 2014. Ha lanciato un appello.

La situazione a Gaza resta drammatica. A sei mesi dalla fine della guerra, le condizioni in cui versano i palestinesi sono critiche e la ripresa è ancora lontana. Anna Zizzi ha sentito il superiore della comunità religiosa “Istituto del Verbo Incarnato”, padre Mario Da Silva che opera a Gaza:

R. – Le condizioni qui a Gaza, specialmente dopo la guerra, sono un disastro umanitario, perché i lavori di ricostruzione non sono ancora iniziati. C’è solo un piccolo lavoro di pulizia, che è l’unica cosa che possono fare prima che arrivino i soldi che hanno promesso per la ricostruzione. Le persone che sono state colpite dalla guerra vivono ancora tra le macerie delle loro case e ora, ancora di più, la situazione è molto difficile per il freddo. In una settimana, un mese fa, sono morti 4 bambini a causa del freddo. Non c’è l’elettricità e neanche il gas. Non si possono riscaldare le case. E’ un disastro umanitario e questa la nostra situazione qui, specialmente dopo la guerra.

D. – Quali sono le necessità maggiori al momento e quali i maggiori disagi?

R. – Ci sono diversi livelli di necessità. C’è necessità di cibo per queste persone rimaste senza casa e tantissimi senza lavoro: il 50 percento della popolazione non ha lavoro. Ma penso che ancora più grande sia la necessità delle case. Tutta la frontiera di Gaza è stata distrutta, le persone non hanno case, vivono o dai parenti, o nei container, che ha dato loro l’Onu, o altrimenti vivono fra le macerie. La necessità principale che abbiamo noi qui, ora, è la ricostruzione delle case.

D. – Quali sono gli aiuti maggiori che elargite alla popolazione del posto?

R. – Il nostro aiuto principalmente, tramite la parrocchia o le istituzioni cattoliche, è per le necessità basiche delle persone, in modo speciale cibo, coperte e qualcosa per riscaldare la casa, abbiamo regalato pure bombole di gas, ma le necessità qui sono grandissime, quello che offriamo noi è molto poco.

D. – Oltre al vostro aiuto ci sono altre organizzazioni che si occupano di risolvere questi disagi?

R. – Ci sono altre organizzazioni. Principalmente l’Onu è quella incaricata di ricostruire, ma per fattori politici non possono ricevere i soldi che sono stati promessi. Quindi non può fare molto. C’è pure la Caritas, ci sono associazioni musulmane che cercano di aiutare, ma è molto poco quello che arriva, soprattutto perché ora il mondo si dimentica un po’ e allora gli aiuti non è che arrivano subito com’era dopo la guerra.

D. – Quali sono le richieste che fate alla comunità internazionale?

R. – La nostra richiesta alla comunità internazionale è questa: non dimenticatevi di noi, la guerra è passata ma ne restano ancora le conseguenze; ci sono le case distrutte, migliaia di persone che non hanno un tetto dove abitare. Non dimenticatevi di noi! Volevo dire anche che come conseguenza di quello che stiamo vivendo con lo Stato islamico, i cristiani hanno paura che questi movimenti possano entrare pure qui. Pregate pure per noi, pregate per la nostra situazione qui, pregate in modo speciale per i cristiani che qui soffrono.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Patriarcato Latino di Gerusalemme

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