Non è affare tuo badare alle Scritture?

In questi giorni intensi che portano dalla Canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII fino al viaggio di Papa Francesco in Terra Santa ho avuto un po’ di impegni ‘accavallati’, sia nel seguire lo staff della redazione del sito – per dare una mano alle varie rubriche – sia nell’organizzare i vari gruppi in arrivo ed partenza. Il ruolo di un ‘presidente-operaio’ di un’associazione come la nostra non è quello di andare a sedersi nel settore speciale per farsi un … “selfie”, ma di passare la notte (e le notti) fianco a fianco, ma soprattutto cuore a cuore, con chi ti chiede di esserci, e ti fa soprattutto l’onore di esserci!

Inoltre, la sera abbiamo cercato di tenere tutti informati attraverso le dirette video con gli hangout di Google che ci hanno accompagnato in tante serate, oltre alla preghiera del S. Rosario. Ho un pò trascurato il blog, lo ammetto, ed allora oggi torno ad aggiornarlo un attimo con questo pensiero.

Voglio proporvi una riflessione di  San Giovanni Crisostomo (nella foto) dal titolo: Non è affare tuo badare alle Scritture? E’ bellissima ed attuale, leggetela!

A questo vi esorto, e non cesserò mai di esortarvi: che non solo qui badiate a ciò che si dice, ma anche che a casa vostra siate sempre fedeli alla lettura delle divine Scritture. Anche i miei intimi non cesso mai di esortarli a ciò. E non mi dica qualcuno, con parole fredde, degne di essere gravemente condannate: «Io tratto cause nel foro, svolgo pubblici uffici, sono impegnato nel mio mestiere; ho moglie, devo nutrire i miei figli, ho da badare alla casa: leggere le Scritture non è affare mio, ma di coloro che hanno abbandonato tutto, che abitano in cima ai monti, che conducono un tal genere di vita».

Che dici, o uomo? Non è affare tuo badare alle Scritture perché sei stretto da mille preoccupazioni? Invece è precisamente più tuo che di quelli. Essi non hanno tanto bisogno dell’aiuto che proviene dalle divine Scritture, come coloro che si trovano in mezzo a mille faccende. I monaci infatti, lontani dalla piazza e dal tumulto della piazza, hanno eretto i loro tuguri nella solitudine e non hanno rapporti con nessuno: si danno con libertà alla meditazione in quella pace e tranquillità e come in un porto godono di grande sicurezza.

Ma noi, come in mezzo al mare infuriato, siamo stretti da mille peccati, lo vogliamo o no, e abbiamo sempre bisogno della consolazione delle Scritture. Quelli siedono lontani dalla battaglia e perciò non riportano molte ferite; tu invece sei sempre in prima linea e di frequente vieni colpito, per questo hai più bisogno di medicamenti di quelli. La moglie ti esaspera, il figlio ti addolora, il servo ti muove a ira, il nemico ti insidia, l’amico ti invidia, il vicino ti oltraggia, il collega ti fa lo sgambetto; spesso anche la giustizia ti minaccia, la povertà ti affligge, la perdita dei cari ti getta nel dolore, la fortuna ti gonfia, la disgrazia ti deprime. Mille motivi, mille necessità di ira e preoccupazione, di turbamento e afflizione, di vanto e disperazione ci circondano d’ogni parte e da ogni parte volano mille strali: per questo abbiamo incessantemente bisogno dell’armatura delle Scritture.

Infatti le passioni della carne sono più gravi per quelli che vivono in mezzo alla folla: la bellezza del volto, lo splendore del corpo ci colpisce attraverso gli occhi, il discorso osceno entra attraverso l’udito e ci turba il pensiero; spesso un canto effeminato ci rammollisce la vigoria dell`anima. Ma perché dico ciò? Spesso ciò che sembra essere ancora meno di tutto questo, cioè il profumo di unguenti che promana dalle donne di strada, così da solo ci prende e fa prigionieri. Tanto numerosi sono i nemici che assediano la nostra anima: abbiamo bisogno del farmaco divino per guarire le ferite ricevute e per evitarne altre, e spegnere da lontano e respingere gli strali del diavolo con la lettura assidua delle Scritture divine. Non è possibile, non è possibile che qualcuno si salvi, se non si dedica costantemente alla lettura spirituale delle sacre Scritture.    (di San Giovanni Crisostomo Omelie su Lazzaro, 3,1-2)

 

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