Categorie: Verbum Domini

Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo

RIFLESSIONE SUL VANGELO DI QUESTO MARTEDI’ – I Giudei comprendono la “gravità” delle parole di Gesù. Egli chiede loro una fede esclusiva e senza riserve. Quanto è stato dovrà essere abbandonato. Devono aprirsi al nuovo delle sue opere e della sua Persona. Quanto per loro ha avuto valore fino a questo giorno deve cedere il posto alla sua parola. Nessuna tradizione, nessun modo di essere e di operare resterà intatto. Tutto dovrà sbriciolarsi dinanzi alla fede in Lui.

Ecco la loro risposta a Gesù: “Quale segno tu compi perché noi vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manne nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo”. Bene, Gesù, tu vuoi che ti si accordi una fede superiore a quella accordata finora a Mosè, che per noi è il più grande, è l’insuperabile – lo dice la stessa Scrittura, il testo sacro: “Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, che il Signore conosceva faccia a faccia, per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nella terra d’Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutta la sua terra, e per la mano potente e il terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele”

 (Dt 34,10-12) – è necessario che tu compia opere più grandi di Lui.

Chi vuole che gli si accordi una fede più grande, universale, esclusiva, unica, deve anche compiere opere più grandi, più universali, esclusive, uniche. Mostraci le tue opere e noi ti diremo quale sarà la nostra fede. Per certi versi è la stessa argomentazione fatta da San Giacomo Apostolo nella sua Lettera, anche se sotto altra prospettiva: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede»”

(Gc 2,14-18). Mostrati in opere più grande di Mosè e all’istante noi ti accorderemo la nostra fede. Se le tue sono soltanto parole, alle parole nessuno potrà mai accordare la fede. Sarebbe un vero stolto chi dovesse farlo.

Gesù accetta la sfida: “In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. Quello di Mosè è stato un pane che discendeva dall’aria, non dal cielo. Veniva dalla brina, non dal seno del Padre mio. Era un pane di materia, non un pane di spirito. Il pane di Dio non è una cosa, una materia, dei semi come di coriandolo da macinare, impastare, cuocere. Il pane di Dio è una persona. È la sola Persona che discende dal cielo e dà la vita al mondo. È questo un passaggio essenziale. Qui si passa dalla materia inanimata che nutre il corpo, ad una Persona vera, reale, viva, che viene dal seno del Padre, da Dio.

I Giudei accettano questo pane: “Signore, dacci sempre questo pane”. La risposta di Gesù li lascia senza respiro:“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”. Gesù si offre loro come vero pane di vita. Chi viene a Lui non avrà fame. Chi crede in Lui non avrà sete, mai! Gesù si annunzia come il solo che può risolvere il problema dell’uomo: quello della sua fame e della sua sete. Attualmente però il linguaggio rimane altamente simbolico, figurativo. Ancora Gesù non è passato alla sua vera realtà, alla verità piena. È Lui la soluzione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a credere in Gesù. a cura del Movimento Apostolico

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