Categorie: Pax et Justitia

«Non posso, lì c’è mio padre». Storia della baby kamikaze che non si fece esplodere

Le hanno prese, hanno avviluppato i loro corpi con potenti giacche esplosive e le hanno costrette a fingersi profughe, entrare nel campo di sfollati e farsi esplodere in mezzo ai più sfortunati e disperati della Nigeria. Quelli costretti a lasciare le loro case a causa di attentati di Boko Haram.

I piani dei terroristi islamici hanno funzionato anche questa volta, ma non del tutto. Una delle tre ragazze, infatti, si è sganciata la giacca esplosiva, l’ha buttata nei cespugli ed è scappata lontano. Prima di fuggire ha cercato inutilmente di convincere le altre due a seguirla. Ma loro, impaurite dalle possibili ritorsioni dei jihadisti, sono andate avanti per la loro strada, si sono fatte esplodere martedì nel campo profughi di Dikwa, nel nordest del paese, uccidendo 58 persone.

«ERA SPAVENTATA». La fuggitiva è sopravvissuta e tra le lacrime ha raccontato tutto alle milizie di auto-difesa del campo. «Ha detto che era spaventata perché sapeva che avrebbe ucciso delle persone», ha dichiarato all’Associated Press Modu Awami, un membro della milizia che l’ha interrogata. «Era spaventata di seguire le istruzioni degli uomini che l’hanno portata nel campo».


Non solo perché non voleva uccidere nessuno dei 50 mila residenti nel campo profughi: «Ci ha confessato che lì vive anche suo padre e temeva che morisse». La ragazza è stata rapita dal suo villaggio, nello Stato di Borno, attaccato da Boko Haram e ha vissuto per mesi insieme a centinaia di altri nigeriani sequestrati dai jihadisti. La sua testimonianza è importante perché dimostra come molti kamikaze vengano obbligati da Boko Haram a compiere gli attentati.

DIFFONDERE IL TERRORE. In Nigeria oltre il 60 per cento degli sfollati ha dovuto cambiare campo «diverse volte» perché Boko Haram, dopo aver distrutto intere città, diffonde il terrore attaccando i luoghi dove i profughi trovano un riparo di fortuna, per non lasciare loro «nessun posto dove scappare, nessun luogo dove nascondersi».

Redazione Papaboys (Fonte www.tempi.it)

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