Stamattina, come ogni tanto faccio, per sfruttare tutta la ricchezza del Messale ho scelto un canone eucaristico diverso dal solito: la cosiddetta seconda preghiera della Riconciliazione. Era tanto tempo che non la usavo e devo dire che mi ha fatto un certo effetto. Mi sono innanzitutto reso conto dolorosamente che sono cambiato, forse invecchiato, forse inacidito, fatto sta che una volta quella preghiera mi piaceva, oggi mi ha quasi irritato, soprattutto il prefazio. O forse non dipende da me, forse sono i tempi che sono invecchiati e inaciditi, ma in un tempo come questo in cui sale sempre di più la persecuzione, aperta o strisciante, quella preghiera mi è sembrata davvero di cattivo gusto, a dir poco.
Presumendo che non tutti sapete di liturgia provo a spiegarmi meglio, e così magari ne nasce anche qualche considerazione che non interessa solo gli addetti ai lavori.
Il prefazio incriminato recita: “Riconosciamo il tuo amore di Padre quando pieghi la durezza dell’uomo, e in un mondo lacerato da lotte e discordie lo rendi disponibile alla riconciliazione. Con la forza dello Spirito tu agisci nell’intimo dei cuori, perché i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia. Per tuo dono o Padre la ricerca sincera della pace estingue le contese, l’amore vince l’odio e la vendetta è disarmata dal perdono”.
Cosa c’è in questa preghiera così lirica che mi infastidisce tanto? Direi piuttosto cosa NON c’è. Non c’è la Croce, manca il suo spietato realismo, la sua nuda durezza, la sua incredibile forza di perdono. Manca sia teologicamente (perché non è mai menzionata) che esistenzialmente. La “riconciliazione” di cui si parla qui sembra avvenire come per magia: Dio Padre tocca il cuore degli uomini, non si sa come, e taaaac come se fosse venuta la fata turchina i ciuchini si mutano in bambini, gli avversari si stringono la mano e tutti vissero felici e contenti.
Ma è proprio così? Se apro la Bibbia non trovo niente di tutto questo. È vero che il Signore ci manda come pecore in mezzo ai lupi, cioè disarmati in un mondo in guerra, ma non offre alcuna garanzia di successo in questo mondo, anzi, garantisce persecuzioni e croci. Del resto è stato così per Lui, o dovremmo pensare che Gesù non era sinceramente in ricerca della pace, visto che i suoi nemici non si sono affatto aperti al dialogo, anzi lo hanno crocefisso?
Già il dialogo, parliamone. Dialogo, comunicazione, che bella parola. Dia-logos: mettere la parola in mezzo, la parola non le armi… che bella cosa! Purché però la parola che “si mette in mezzo” sia la Parola, quella con la P maiuscola, l’unica parola vera, la Parola di Dio insomma, ché solo intorno alla Parola di Dio si fa amicizia e comunione e solo l’ascolto della Parola di Dio porta la pace. Ogni altra parola è “impotente” (argon in greco) e di ogni parola impotente Gesù ci assicura che ci sarà chiesto conto nel giorno del giudizio (Cfr. Mt. 12,36).
Non so voi, ma io voglio morire in croce. Lo dichiaro pubblicamente, anche se lo dico tremando, perché di questi tempi è sempre più chiaro cosa significhi. Voglio essere insultato, sbeffeggiato, incompreso e vilipeso, perché voglio essere come Gesù. Senza questo non sono nemmeno cristiano, non sono nulla. E uno che cerca la croce se ne fa beffe del vostro dialogo, che dialogo non è, ma compromesso, annacquamento, verità svenduta. Se apro la Bibbia non trovo la parola dialogo, ne trovo altre più o meno simili: amicizia, comunione, incontro, pace… simili, ma ben diverse, perché io a un amico non gli do sempre ragione, o sarei un pessimo amico, se ha torto gli do torto e se il suo torto è grave metto a repentaglio pure l’amicizia se necessario, altrimenti non sarei veramente amico e non vorrei il suo bene se gli permettessi di perdersi.
I Sadducei durante il processo hanno dato a Gesù infinite occasioni di riformulare il suo pensiero in modo da renderlo meno scandaloso, accettabile per loro. Sono stati molto ragionevoli dopotutto, molto dialogici, è Lui, Gesù, che non ha modificato di una virgola il suo insegnamento e il suo pensiero, ed è ben per questo che lo hanno crocefisso, perché non ha accettato il dialogo.
Cosa voglio dire con questo articolo? State tranquilli, non sono un propugnatore della teocrazia, non auspico la riconquista del Quirinale e non manderei un manipolo di guardie svizzere ad interromprere i lavori parlamentari, ci mancherebbe altro! Come ho detto, io VOGLIO morire in croce e per morire in croce è necessario che il potere resti potere e non che sia sostituito da un potere clericale che nella più benevola delle ipotesi finirebbe con l’essere peggiore.
Io voglio morire in croce perché credo che è la croce che vince il mondo, ma non rendendolo un po’ più buono, non con una cosmesi di facciata. Perché l’amore vinca l’odio, perché la vendetta sia disarmata dal perdono, è necessario che uno paghi per tutti. Io voglio essere quell’uno.
Redazione Papaboys (Fonte it.aleteia.org/ Don Fabio Bartoli)
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