Nel piccolo villaggio di Fain le Moutier; diocesi di Digione, in Francia, è nata il giorno due del mese di maggio del 1806, da Pietro Labouré e da Luisa Maddalena Gontard, Caterina. Le si è poi aggiunto anche il nome di Zoe, forse perchè nata nel giorno della festa di questa santa.
Nona di undici figli, ricevette un’educazione profondamente cristiana, ma non frequentò mai alcuna scuola e solo più tardi imparò a scrivere, senza però avere mai una vera padronanza della sua lingua scritta. Nella sua infanzia, così come in tutta la sua vita, non vi fu mai nulla di straordinario in lei, ma un episodio sembra essere premonitore del suo particolare amore a Maria e del compito che la Vergine poi le affidò. All’età di nove anni perde la madre che aveva saputo infondere in lei tanto amore alla Madonna. Un giorno che la piccola sembrava particolarmente presa dalla nostalgia della mamma, fu vista da una domestica entrare in casa e, come ispirata, prendere una sedia, montarci sopra e, tendendo le mani tremanti, prendere la piccola statua della Madonna esposta sull’altarino di casa. A lei, abbracciandola, disse con affetto: “Ora tu sei l’unica mia mamma!”. A dodici anni, partita la sua sorella maggiore per entrare fra le Figlie della Carità, si prese cura lei della casa, aiutata da una domestica per i lavori più pesanti. All’innocenza univa anche la penitenza, digiunando il venerdì e il sabato. E quando andava in chiesa non si metteva nei banchi, ma si inginocchiava sul pavimento. Intenso era anche il suo amore a Gesù Eucaristico e perciò non si accontentava di partecipare alla Messa ogni domenica, ma spesso vi andava anche nei giorni feriali, nonostante il lavoro e la distanza, dato che nel suo villaggio non sempre si celebrava la Messa e perciò doveva recarsi in un paese vicino.
Intanto gli anni passavano. Quando Zoe vide che ormai la sua famiglia poteva fare anche a meno di lei, dopo aver rifiutato varie proposte di matrimonio dicendo che “mirava più in alto”, svelò finalmente il suo segreto al padre. Voleva consacrarsi per sempre a Dio. Ma il padre si oppose e per distoglierla da questo suo proposito la mandò a Parigi, presso il fratello che gestiva una locanda.
Zoe obbedì, soffrendo tanto nel nuovo ambiente e desiderando sempre di più una vita di preghiera e di donazione a Dio e al prossimo. Intanto la Madonna si servì di un sogno in cui San Vincenzo ha un ruolo particolare, per farle sentire più chiaramente la sua voce. Lasciata Parigi, Zoe andò a Chatillon, presso le Figlie della Carità e lì comprese bene quel sogno che soltanto dopo tanti anni raccontò a sua sorella. Sognò di trovarsi sola nella chiesa del suo villaggio quando vide uscire dalla sacrestia un anziano sacerdote, con i capelli bianchi, vestito dei paramenti sacri e col calice fra le mani. Il suo volto irradiava bontà e i suoi occhi sembravano di fuoco. Passandole vicino la guarda intensamente continuando così anche durante la Messa. Alla fine le fa cenno di avvicinarsi, ma Zoe, spaventata, si allontana. Sempre in sogno le parve poi di uscire di chiesa e di recarsi presso una famiglia amica per visitare un ammalato. Ma ecco che, appena entrata, scorge di nuovo il vecchio prete che l’aveva seguita e le dice: “Figlia mia, è buona cosa avere cura dei malati! Tu ora mi sfuggi, ma un giorno sarai felice di venire da me. Il buon Dio ha dei disegni su di te, non dimenticarlo”. Senza dargli più importanza di quanto che bisogna darne ai sogni, quel sogno non si cancellò più dalla sua mente… Così, quandò si recò a Chatillon, quale fu la sua meraviglia vedendo nel parlatorio un grande quadro di San Vincenzo de’ Paoli: era quel sacerdote che le aveva parlato nel sogno! Non poteva più dubitare e la risposta del suo confessore troncò ogni esitazione: “Figlia, le disse, quel vecchio che ti è apparso in sogno è proprio San Vincenzo: è lui che ti vuole tra le sue figlie!”.
Superato ogni ostacolo, Zoe fu accolta in prova presso le Figlie della Carità di Chatillon. Poi, nell’aprile del 1830 entra con gioia nel Noviziato (detto anche Seminario) di Parigi, in Rue du Bac e in questo periodo che durava dagli otto ai dodici mesi, Zoe, che ormai sarà sempre chiamata suor Labouré e dopo il Noviziato suor Caterina, vivrà i momenti più belli della sua vita in quanto diventerà “la messaggera della Madonna”. (Di questo parleremo più diffusamente nella seconda parte, mentre ora continuiamo nella narrazione della sua vita e della sua semplice spiritualità). Terminato il Noviziato, fa la vestizione e nel 1831 viene inviata nella casa di Enghien dove tre anni dopo farà i voti e dove trascorrerà i restanti quarantasei anni della sua vita. Enghien, in via Picpus, era una casa di riposo per gli anziani dipendenti dei principi di Orléans. Vi si dedicavano sette suore dipendenti dalla superiora della casa in via Reully, da cui la separava un giardino a metà del quale, lungo il viale ora detto di Santa Caterina Labouré, vi è una statua di Maria davanti alla quale la santa amava sempre fermarsi in preghiera. Fu adibita alla cucina, poi al guardaroba e, dal 1836 fino alla morte, si occupò della cura dei vecchi e contemporaneamente del pollaio e della portineria. Fu chiamata “La Santa del silenzio”. Nessuno, tranne il suo confessore seppe mai, durante la sua vita, fino agli ultimi giorni prima di morire, che era proprio lei la protagonista degli avvenimenti straordinari che avevano dato al mondo la Medaglia Miracolosa. Suor Caterina tante volte aveva sentito parlare con ammirazione della “fortunata novizia che la Madonna aveva scelta come sua confidente, ma restò sempre impassibile e mai tradì il suo segreto, nè con le compagne nè con le superiore, nè con nessun altro, nemmeno con suo nipote, sacerdote dei Figli di San Vincenzo. Questo silenzio che è eroico ha suscitato ammirazione anche nel suo processo di beatificazione, caso pressocchè unico nella storia delle apparizioni. Questo ci insegna a non manifestare senza necessità i doni che il Signore ci fa e il bene che ci concede di fare.
Agli inizi del 1832, quando si cominciò a parlare delle Apparizioni, P. Aladel, confessore di suor Caterina, recatosi a Reully, fu circondato dalle suore e tempestato di domande. Era presente anche suor Caterina. Il Padre riferisce: “Come rispondere senza tradire la suora? Confidando nell’aiuto di Maria SS. raccontai semplicemente il prodigio e ammirai ciò che accadeva sotto i miei occhi. La buona suora che io temevo di gettare nel turbamento, seppe conservare il suo atteggiamento naturale, anzi, seppe unirsi anche alla conversazione con la stessa libertà delle altre, come se si stesse parlando di un’altra persona. Allora mi sembrò che il segreto conservato fra noi due fosse proprio gradito a Dio e che Egli benedicesse l’umiltà del silenzio nel quale suor Caterina si rifugiava e si nascondeva”.
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Un giorno, durante la ricreazione, una suora disse che forse la suora delle apparizioni doveva aver visto un quadro e non realmente la Vergine. Suor Caterina, in genere così silenziosa, replicò improvvisamente con convinzione: “Mia cara sorella, la suora che ha visto la SS. Vergine l’ha vista in carne ed ossa, come siamo voi ed io!”. E rientrò nel suo silenzio. Il fatto colpì le presenti, ma poi nessuno ci fece più caso, fino ai processi per la beatificazione. Fu solo sei mesi prima della morte che il velo sul suo segreto fu tolto, da suor Caterina stessa che, dopo aver chiesto il permesso alla Madonna, rivela tutto alla sua Superiora per ricordare i desideri di Maria e morire così in pace, certa di aver compiuto fedelmente la sua missione: far eseguire una statua della Vergine del globo e un altare sul luogo dell’apparizione, e non cambiare mai il modello della Medaglia, perché così l’aveva voluta la Madonna. Pio XI, il giorno dopo la Beatificazione, il 23 maggio 1933, concludeva così il suo discorso: “Noi non conosciamo (forse c’è, ma noi confessiamo la nostra ignoranza) un esempio più meraviglioso di vita nascosta di quest’anima di cui tutti parlavano durante la vita e che per tanti anni ha saputo rimanere nell’ ombra, nascosta con Maria e Gesù”.
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