Nuova strage di cristiani in Egitto. Almeno 28 copti che viaggiavano in autobus nel Sud del Paese sono stati uccisi da un gruppo di uomini armati che indossavano divise militari. Tra le vittime ci sono anche bambini. Una ventina i feriti, di cui alcuni in gravi condizioni. L’attacco è avvenuto a Minya.
Gli assalitori hanno bloccato il bus, sono saliti a bordo e hanno iniziato a sparare mentre uno di loro filmava il massacro, ha poi raccontato un testimone. I copti si stavano recando in pellegrinaggio nel Monastero di San Samuele. L’attentato avviene a meno di due mesi da quello della Domenica delle Palme, quando i terroristi massacrarono 48 fedeli durante la Messa a Tanta e Alessandria. Mons. Antonios Aziz Mina, vescovo copto-cattolico emerito di Guizeh, ha lanciato ai nostri microfoni un appello ai grandi del mondo riuniti a Taormina perché fermino il traffico di armi e di droga e isolino i Paesi che appoggiano i terroristi
. Su questo ennesimo massacro di cristiani in Egitto – che il nunzio al Cairo, mons. Bruno Musarò, interpellato dal Sir, definisce “vile” – ascoltiamo il padre comboniano Alberto Sanchez al Cairo al microfono di Stefano Leszczynski della Radio VaticanaR. – Veramente, è una situazione che provocherà adesso ancora più malessere nella comunità cristiana, ma anche in quella musulmana, perché comunque anche i nostri fratelli musulmani soffrono per questi avvenimenti. Per tutta la società egiziana questo ha anche una ripercussione di insicurezza e di malessere.
D. – C’era stato un grande entusiasmo, subito dopo la visita del Papa, per la possibilità di avviare un dialogo: chi compie questi gesti vuole attaccare questa strada del dialogo in maniera molto diretta?
R. – Sì, certamente. Ma non dobbiamo dimenticare che questo può capitare ovunque. Abbiamo anche appena visto, qualche giorno fa, quello che è successo a Manchester, e adesso vediamo questi attentati qui, in Egitto. Quindi, nessun Paese è fuori dal pericolo del terrorismo: il terrorismo, però, è quello che sta facendo tanto male alla società moderna, anche perché sono persone con un certo livello di ignoranza nei riguardi dell’apertura, del dialogo … Non si può dialogare con un fondamentalista!
D. – Cosa si può dire della zona dove è avvenuto questo nuovo attentato?
R. – E’ una zona con una forte presenza cristiana, dove la Chiesa lavora anche molto sul sociale: cristiani e musulmani in dialogo; quindi, è una zona fortemente integrata. Ci sono anche piccole cellule che fanno tanto male alla società.
D. – Cresce la paura, quindi, nella comunità cristiana dell’Egitto, ma anche nella società musulmana, per quelle che possono essere le ripercussioni sull’intero Paese di una situazione di tensione?
R. – Cresce la paura, cresce la tensione, cresce anche un po’ la sfiducia: il giorno prima dell’inizio del Ramadan, questo è un colpo anche per la società islamica, perché proprio un giorno prima di questa grande festività, quando si deve cercare la fratellanza, l’amore, il dialogo, la pace, proprio un giorno prima capita questo tipo di evento …
D. – Potrebbe essere utile adesso, in questo momento, una dichiarazione – ad esempio – da parte di al Azhar come centro rappresentativo dell’Islam moderato?
R. – Secondo me, devono farlo e proprio prima della festa devono chiarire questa situazione: che il fondamentalismo non è parte della religione, né del Corano. Non è parte di una religione che anche dà impulso ai valori della pace, del dialogo, dell’integrazione e dell’accettazione. Quindi, secondo me al Azhar potrebbe anche contribuire a creare questa idea di aprire la mentalità dei musulmani in tutto il mondo perché dicano: “Questo non fa parte dell’Islam. La violenza non è parte della religione”.
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