Nuovi santi canonizzati in Vaticano il 13 ottobre: l’annuncio di Papa Francesco. Tra loro il cardinale Newman e madre Vannini
,Papa Francesco ha annunciato che saranno canonizzati in Vaticano, durante il Sinodo per l’Amazzonia, i beati John Henry Newman, cardinale inglese, madre Giuseppina Vannini, italiana, madre Maria Teresa Chiramel Mankidiyan, indiana, suor Dulce Lopes Pontes, brasiliana, e la suora laica svizzera Margarita Bays
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La Chiesa proclamerà santi il prossimo 13 ottobre in Vaticano, mentre sarà in corso il Sinodo per l’Amazzonia, i beati John Henry Newman, cardinale inglese, fondatore dell’Oratorio di San Filippo Neri in Inghilterra, morto nel 1890, Giuseppina Vannini, al secolo Giuditta Adelaide Agata, religiosa italiana, fondatrice delle Figlie di San Camillo, scomparsa nel 1911, Maria Teresa Chiramel Mankidiyan, religiosa indiana, fondatrice della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia, salita al Padre nel 1926, Dulce Lopes Pontes, al secolo Maria Rita, religiosa brasiliana della Congregazione delle Suore Missionarie dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio, deceduta nel 1992 e Margarita Bays, suora laica svizzera del Terzo Ordine di San Francesco d’Assisi, morta nel 1879. Papa Francesco lo ha annunciato nel corso del concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione dei Beati, presieduto questa mattina alle 10, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.
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Il cardinal Newman, pellegrino verso la verità
John Henry Newman nasce a Londra nel 1801, da giovane è consacrato diacono della Chiesa anglicana, ma dopo un intenso percorso di riflessione e preghiera, comprende che la Chiesa di Roma è la vera custode degli insegnamenti di Gesù Cristo e si converte alla fede cattolica. La sua vita è stata un pellegrinaggio verso la verità, come recita l’epitaffio sulla sua tomba: “Ex umbris et imaginibus in veritatem” (Dalle ombre e dagli spettri alla verità). Nei suoi scritti, il Beato paragona il proprio cammino di conversione all’approdo nel porto dopo una furiosa tempesta. “Al momento della conversione – scrive infatti – non mi rendevo conto io stesso del cambiamento intellettuale e morale operato nella mia mente. Non mi pareva di avere una fede più salda nelle verità fondamentali della rivelazione, né una maggior padronanza di me; il mio fervore non era cresciuto; ma avevo l’impressione di entrare in porto dopo una traversata agitata; per questo la mia felicità, da allora ad oggi, è rimasta inalterata”.
Benedetto XVI: una vita spesa nella cura di poveri e carcerati
Nel 1847 è ordinato sacerdote e istituisce l’Oratorio di San Filippo Neri in Inghilterra. Creato cardinale da Papa Leone XIII, muore a Birmingham l’11 agosto 1890. Nella stessa città Papa Benedetto XVI lo beatifica il 19 settembre 2010 Nella veglia di preghiera per la beatificazione, la sera prima a Londra, Benedetto XVI ricorda gli insegnamenti di Newman. “L’esistenza di Newman ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata”. Nella Messa per la beatificazione, Papa Ratzinger sottolinea che il cardinale Newman visse “la visione profondamente umana del ministero sacerdotale nella devota cura per la gente di Birmingham durante gli anni spesi nell’Oratorio da lui fondato, visitando i malati ed i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di quanti erano in prigione”. ”Non meraviglia – aggiunge – che alla sua morte molte migliaia di persone si posero in fila per le strade del luogo mentre il suo corpo veniva portato alla sepoltura”. Il motto del cardinale Newman, Cor ad cor loquitur (il cuore parla al cuore), ricorda infine Benedetto XVI, “ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio”.
Irmã Dulce, l’apostola dei poveri di Bahia candidata al Nobel
Suor Dulce Lopes Pontes nasce a Salvador Bahia nel 1914, con il nome di Maria Rita. A sei anni perde la madre e le zie si incaricano della sua educazione. A 13 anni una di loro la portò a conoscere le zone più povere della sua città, e questo risveglia in lei una grande sensibilità. A 18 anni entra nella Congregazione delle Suore Missionarie dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio, dove viene chiamata Dulce. Una delle ispirazioni per il discernimento della sua vocazione fu la vita di Santa Teresina del Bambin Gesù. “Su esempio di Santa Teresina – scrive dopo l’ingresso in convento – penso che devono essere graditi al Bambino Gesù tutti i piccoli atti d’amore, per quanto piccoli possano essere”.
Il pollaio del convento diventa ospedale
I suoi piccoli atti d’amore si traducono presto in grandi opere sociali, e suor Dulce fonda l’unione dei lavoratori di San Francesco, un movimento cristiano di operai a Bahia. Inizia poi ad accogliere persone malate in case abbandonate in un’isola di Salvador Bahia. Dopo lo sfratto, trasferisce la struttura di accoglienza in un ex mercato del pesce, ma il Comune la costrinse ad abbandonare anche quel luogo. Per accogliere più di 70 persone che avevano bisogno di assistenza medica, le resta il pollaio del convento in cui vive, che trasforma rapidamente in un ospedale improvvisato. Inizia così un’altra delle sue fondazioni: l’ospedale Sant’Antonio, che venne inaugurato ufficialmente nel maggio 1959 con 150 posti letto. Attualmente riceve 3.000 pazienti al giorno. Oggi le sue fondazioni sono note con il nome di Opere Sociali di Suor Dulce (Obras Sociais Irmã Dulce, Osid), e operano come ente privato di carità sotto le leggi brasiliane. Tra queste c’è anche il Centro di Istruzione di Sant’Antonio, situato nella regione di Simões Filho, sempre nello Stato di Bahia. Per questa sua incessante opera di carità, nel 1988 viene candidata al Premio Nobel per la pace con l’appoggio del presidente del Brasile José Sarney e di Silvia, regina di Svezia.
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