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Nuovi spazi e chiese per i cattolici del Golfo Persico

HQATAR – Più spazi per una comunità in continua crescita. Aiuto alla Chiesa cha Soffre ha appena approvato un contributo di 50mila euro da destinare ad un centro per la catechesi accanto alla Chiesa di Nostra Signora del Rosario, a Doha in Qatar.

La fondazione pontificia aveva già contribuito alla costruzione della chiesa cattolica consacrata nel 2008, la prima mai eretta nell’emirato mediorientale, un’imponente struttura capace di accogliere più di tremila persone, ma insufficiente a contenere l’alto numero di fedeli. In Qatar i cattolici sono oltre 350mila su una popolazione di appena un milione e 800mila abitanti.

«Abbiamo oltre 3mila 500 bambini che frequentano il catechismo – spiega monsignor Camillo Ballin, vicario apostolico dell’Arabia Settentrionale, che comprende Qatar, Bahrein, Kuwait e Arabia Saudita – e dal momento che non vi sono altri spazi, mentre fanno lezione i loro genitori sono costretti ad attenderli in cortile, sotto il sole e con temperature di oltre 40°C». La nuova struttura potrà contenere circa mille persone e servirà per la catechesi degli adulti, ma anche per la celebrazione delle messe. La comunità dei cattolici che vivono in Qatar è composta quasi interamente da immigrati – provenienti soprattutto da India e Filippine – e le celebrazioni liturgiche devono svolgersi in lingue e riti differenti. «Lo spazio è un grande problema per noi: il venerdì non vi è un angolo né un minuto libero». Il programma della giornata è impressionante: ben sedici messe, dalle 6.30 del mattino alle 7.30 di sera. Identiche difficoltà si riscontrano nell’organizzazione della catechesi e delle altre attività pastorali e nelle festività importanti la chiesa non riesce ad accogliere tutti i fedeli. «Ho celebrato la messa di Pasqua a Doha – racconta il presule comboniano – vi erano 3mila 500 persone in chiesa e circa 6mila fuori». Ad aiutare il vicario apostolico solo 7 sacerdoti e 200 catechisti volontari. L’estrema eterogeneità della comunità cattolica rappresenta un’ulteriore sfida. «Dobbiamo riuscire a fare di tante Chiese una sola Chiesa e non permettere ai diversi gruppi di chiudersi in se stessi», afferma il presule.

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Analoga la situazione in Bahrein e Kuwait, dove vivono rispettivamente 100mila e 350mila cattolici, quasi tutti stranieri. In Arabia Saudita i cattolici sono invece un milione e mezzo. Grazie al costante afflusso di immigrati, i fedeli continuano ad aumentare e non soltanto nel vicariato dell’Arabia settentrionale. Negli ultimi anni il numero di cattolici nella penisola arabica è quintuplicato, raggiungendo i 3milioni e 100mila.

Se la comunità cresce, non è sempre semplice trovare nuovi spazi. I terreni su cui sorgono le parrocchie sono generalmente donati alla Chiesa dai leader dei rispettivi paesi, come è recentemente avvenuto ad Awali, in Bahrein, dove il re Hamad al Khalifa ha offerto l’appezzamento di terra su cui sarà costruita la Cattedrale di Nostra Signora d’Arabia: un progetto a cui ACS parteciperà con un contributo di 500mila euro. «Nelle nostre strutture possiamo svolgere il nostro culto, senza alcuna intromissione o proibizione – dichiara monsignor Ballin – abbiamo libertà di culto, anche se ciò non significa libertà di religione». L’area in cui si trova la chiesa di Nostra Signora del Rosario a Doha è stata donata alle diverse confessioni cristiane. «Inizialmente si chiamava zona delle chiese – racconta il vicario apostolico – ma per non urtare la sensibilità della popolazione locale, il nome è stato cambiato in zona delle religioni». Non sono mancate neanche critiche alla costruzione della chiesa, nonostante l’edificio sia privo di croce e campanile. Finora non si sono mai verificati attacchi al complesso cristiano, che è tuttavia sorvegliato 24 ore su 24 da alcuni agenti di sicurezza.

Marta Petrosillo

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