Tuttavia, la strada verso la soluzione della crisi ucraina resta difficile, non mancano i rischi e i problemi concreti. Il primo rischio è proprio legato all’ambivalenza del neo-presidente, che potrebbe trasformarsi in ambiguità e nascondere interessi e modi di operare meno innovativi di quanto ci si aspetta. Oltre a questo rischio, esistono poi problemi gravi e concreti, primo fra tutti il conflitto armato ormai deflagrato nella regione orientale, autoproclamatasi indipendente e nella quale le milizie filo-russe hanno impedito lo svolgimento delle elezioni presidenziali. Proprio nelle ore successive all’elezione di Poroshenko si è svolta una cruenta battaglia con decine di morti fra l’esercito di Kiev e le milizie locali per il controllo dell’aeroporto di Donetsk. Pur non rinunciando a proclamare la volontà di tenere l’Ucraina unita, il nuovo presidente ha dichiarato di voler cercare una soluzione negoziata che coinvolga anche la Russia. È certamente una posizione saggia, ma com’è accaduto in altri conflitti a carattere etnico e separatista, l’annuncio di voler trovare una soluzione concordata, e dunque implicitamente di cercare un accordo che riconosca parte degli interessi dei due contendenti, nel breve termine può condurre a una recrudescenza dei combattimenti, nel tentativo reciproco di condurre i negoziati da una posizione di forza. Un secondo problema rilevante è dato dagli scarsi poteri che la ripristinata Costituzione del 2004 conferisce al presidente della Repubblica, se confrontati con quelli di Yanukovitch. Poroshenko dovrà cercare di favorire una stabile maggioranza parlamentare e un governo solido, altrimenti l’Ucraina difficilmente riuscirà ad affrontare le ardue sfide che l’aspettano. L’alternativa sarebbe eleggere un nuovo parlamento, ma significherebbe un altro stallo nel processo. Il terzo problema di Poroshenko è l’Europa. A Est l’interlocutore è chiaro, ma a Ovest molto meno, soprattutto in questo momento. Servirà tempo per rinnovare i vertici delle istituzioni europee, e purtroppo non è detto che la nuova Ue sia più interessata all’Ucraina della gestione Barroso-Van Rompuy-Ashton. di Stefano Costalli
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