Il presidente Obama prende la parola alla fine della riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ Onu e dopo tante indiscrezioni di stampa, per dare l’annuncio ufficiale. Non possiamo chiudere gli occhi innanzi ad un potenziale genocidio: occorre proteggere il personale americano in Iraq e la popolazione inerme e in fuga dai militanti dell’Isis. Dunque sì, se necessario, a raid mirati contro i terroristi e sì a interventi umanitari, con lanci di cibo e medicine, con una certezza però nessun soldato americano sarà inviato sul territorio iracheno. L’America, che ha terminato quest’anno il ritiro completo dal Paese del Golfo non intende essere trascinata in un’altra guerra.
Le prime operazioni, secondo la stampa americana e le tv curde, sarebbero già state avviate nelle pianure del Sinjar, nel nord dell’Iraq, e vicino alla citta’ curda di Erbil, ma il Pentagono non conferma. Un appello ad agire arriva anche dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha chiesto alla comunita’ internazionale di sostenere il governo iracheno condannando fortemente quella che definisce” una persecuzione delle minoranze religiose
“. Ed è così che sta accadendo in tutta la piana di Ninive, per oltre 100 mila cristiani.ma anche per gli yazidi e gli sciiti in fuga a piedi e per ore verso la Turchia e il vicino Kurdistan, in uno scenario di devastazione, occupazione di chiese e distruzione dei siti religiosi e culturali.C’è il rischio reale di un genocidio: lo ha detto il patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael Sako. Ascoltiamolo al microfono di Marie Duhamel:
R- Aujourd’hui il y a un vide, un vide…
Oggi c’è un vuoto, un vuoto. Il governo non ha le forze per controllare il Paese, ora ci sono anche le elezioni del Parlamento e non ci sono le forze per attaccare, non c’è un vero esercito, a differenza della Siria dove le forze armate possono attaccare. Qui i curdi si stanno ritirando, hanno solo armi leggere. Ci sono migliaia di persone in cammino lungo la strada, per ore. Sono donne, anziani, bambini: occorre mobilitare l’opinione pubblica e le società di tutti i Paesi, questa è una catastrofe umanitaria!
Molte famiglie cristiane sono arrivate nell’area tra Duhok e Amadiya, come racconta mons. Rabban Al-Qas, vescovo caldeo di Amadiya, in Kurdistan:
“Abbiamo ricevuto in gran parte famiglie; sono più di duemila famiglie. I villaggi sono pieni e riceviamo queste persone con cordialità. Facciamo quello che è possibile per loro. Sono veramente molto stanchi. Hanno lasciato tutto. Vediamo la morte; vediamo ciò che fanno i terroristi. I villaggi sono vuoti ma il mondo non sente e non vede la nostra situazione. Non basta pensare a dare il pane per aiutare, ma bisogna risolvere i problemi che hanno creato i grandi Paesi e il terrorismo”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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