Non si fa in tempo a parlare di una timida ripresa dell’economia italiana che subito arriva una doccia fredda sul fronte, già difficilissimo, del lavoro giovanile in Italia ai minimi storici. Arriva dall’Ocse una statistica che mette il nostro Paese in cima a quelli dove i giovani vivono in una terra di mezzo, una sorta di limbo dove non c’è spazio per lo studio e il lavoro. In Italia i “Neet”, non occupati né iscritti a scuola o in apprendistato, sono il 26,09% degli under 30, quarto dato più elevato tra i Paesi Ocse. Lo riferisce l’organizzazione in un rapporto sulla disoccupazione giovanile. All’inizio della crisi, nel 2008, erano il 19,15%, quasi 7 punti percentuali in meno. Nell’insieme dei Paesi Ocse, i giovani “Neet” erano oltre 39 milioni a fine 2013, più del doppio rispetto a prima della crisi. Tra i giovani “Neet” italiani, il 40% ha abbandonato la scuola prima del diploma secondario superiore, il 49,87% si è fermato dopo il diploma e il 10,13% ha un titolo di studi universitario. La percentuale di “Neet” è più elevata tra le femmine (27,99%) che tra i maschi. Peggio di noi solo la Spagna.
I giovani italiani si trovano in fondo alla classifica Ocse sulle competenze spendibili nel mondo del lavoro, nonchè a quelle sullo sviluppo di dette competenze e sulla loro promozione sul posto di lavoro. È lo sconfortante quadro che emerge dal rapporto dell’organizzazione di Parigi “Oecd skills outlook 2015”, dal quale l’Italia risulta inoltre ultima nell’area per integrazione dei giovani nel mondo del lavoro, in virtù del tasso di occupazione più basso dell’area Ocse (52,8%).
Nei dettagli, i giovani italiani tra i 16 e i 29 anni arrivano terzultimi alle prove sulla padronanza delle abilità matematiche (257 punti, peggio solo Spagna e Usa) e ultimi in quelli per capacità di comprensione e stesura di testi scritti con 262 punti. Il podio di entrambe le classifiche è invece occupato da Finlandia, Olanda e Giappone. Ciò sembra derivare dalla bassissima percentuale di persone che hanno proseguito gli studi dopo la scuola secondaria: appena il 22,7% delle persone tra 25 e 34 anni, percentuale che consegna all’Italia un altro umiliante ultimo posto.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire