San Giovanni Gualberto è stato un monaco italiano, fondatore della Congregazione vallombrosana. Viene ricordato il 12 Luglio.
Nasce a Villa di Poggio Petroio (vicino Firenze) nel 995 dalla nobile famiglia dei Visdomini o, secondo altre fonti, da quella dei Buondelmonti.
Suo fratello Ugo venne assassinato e secondo i costumi del tempo Giovanni fu chiamato a vendicarne la morte con l’uccisione del rivale.
Potrebbe ammazzarlo, e invece lo perdona, riceve segni soprannaturali di approvazione ed entra nel monastero di San Miniato. Questa però è una leggenda, tramandata in versioni discordi: vera è solo l’entrata in monastero. Ma rapida è l’uscita, quando scopre che il suo abate ha comprato la carica dal vescovo.
Decide di andare con con gli eremiti di san Romualdo a Camaldoli (Arezzo) e poi sale tra gli abeti e i faggi di Vallombrosa (Firenze).
Qui lo raggiungono altri monaci fuggiti dal monastero dell’abate mercenario. Con essi verso il 1038 crea la Congregazione benedettina vallombrosana, approvata da papa Vittore II nel 1055 e fondata su austera vita comune, povertà, rifiuto di doni e protezioni (cioè di quei favori, di quel “patronato” che sovrani e grandi casate esercitano nella Chiesa, nominando vescovi e abati, designando candidati al sacerdozio e popolando il clero di affaristi e concubini).
“Sono afflitto da immenso dolore e universale tristezza…Trovo ben pochi vescovi nominati regolarmente, e che vivano regolarmente“. Così dirà papa Gregorio VII (1073-1085), protagonista dei momenti più drammatici della riforma detta poi “gregoriana”.
Ma essa comincia già prima di lui: anche in piena crisi, il corpo della Chiesa esprime forze intatte e nuove, che combattono i suoi mali: e tra queste forze c’è la comunità di Giovanni Gualberto, che si diffonde in Toscana e sa uscire arditamente dal monastero, con vivaci campagne di predicazione per liberare la Chiesa dagli indegni. A questi monaci si ispirano e si affiancano gruppi di sacerdoti e di laici, dilatando l’efficacia della loro opera, di cui si servono i papi riformatori.
Nel 1060-61 Milano ha cacciato molti preti simoniaci, e per sostituirli Giovanni Gualberto ne manda altri: uomini nuovi, plasmati dallo spirito di Vallombrosa. Dedica grande attenzione al clero secolare; lo aiuta a riformarsi, lo guida e lo incoraggia alla vita in comune.
“La purezza della sua fede splendette mirabilmente in Toscana“, dirà di lui Gregorio VII. E i fiorentini, in momenti difficili, affideranno agli integerrimi suoi monaci perfino le chiavi del tesoro della Repubblica.
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Giovanni Gualberto morì il 12 luglio 1073 nella Badia di Passignano, un monastero che aveva accettato la sua Regola, e dove si conservano le sue reliquie dentro un magnifico sarcofago scolpito da Benedetto da Rovezzano.
Prima di morire scrive ai suoi monaci una lettera che spiega in chiave biblica il valore del “vincolo di carità” fra tutti.
San Giovanni Gualberto viene canonizzato nel 1193 da papa Celestino III; nel 1951 Papa Pio XII lo dichiarò patrono del Corpo Forestale italiano e nel 1957 patrono dei Forestali del Brasile.
Il motivo del patronato è dovuto al fatto che nei monasteri da lui fondati, insieme ai suoi monaci, si dedicava alla coltura dei boschi, tanto che l’Abbazia di Vallombrosa è considerata la culla della selvicoltura italiana.
(Fonte santiebeati.it – Autore: Domenico Agasso)
O Dio, nostro Padre,
per intercessione dell’abate san Giovanni Gualberto
ravviva in noi lo spirito di carità
che in paziente perseveranza
unisca i nostri cuori nel vincolo della pace.
Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.
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