La festività dei protomartiri francescani cade a ventuno giorni da quella di Stefano, che per primo versò il proprio sangue per amore di Cristo. Se motivazioni di ordine liturgico e simbolico hanno indotto la Chiesa a fissare la memoria del santo diacono il 26 dicembre, storiche sono invece quelle sottese alla celebrazione del 16 gennaio. Fu infatti in questo giorno che il suddiacono Berardo, i sacerdoti Ottone e Pietro, i fratelli laici Adiuto e Accursio furono decapitati in Marocco per ordine del sultano Miramolino. Era l’anno 1220.
Appartenenti all’Ordine minoritico, i cinque frati erano originari dell’agro ternano e avevano ottenuto il permesso di predicare il Vangelo ai Saraceni probabilmente durante il Capitolo del 1219, presieduto dallo stesso Francesco. Nell’annunciare Cristo, Berardo, Ottone, Pietro, Adiuto e Accursio diedero prova d’entusiasmo e fede profonda. Si mostrarono soprattutto intrepidi nel subire più volte la prigionia e la fustigazione fino ad accogliere con soprannaturale fermezza la sentenza di morte. «Orsù, fratelli! – queste le parole, che si sarebbero detti l’un altro secondo il testo della Passio – Abbiamo trovato quello che cercavamo: siamo costanti e non temiamo di morire per Cristo».
È tuttavia innegabile che sulla conclusione cruenta di questa missione hanno enormemente pesato un’impreparazione di fondo alla predicazione evangelica ai non cristiani e un’arditezza di zelo, che spinse i cinque Minori a criticare direttamente Maometto. Inevitabili le conseguenze: da un atteggiamento conciliante nei riguardi dei predicatori cristiani (di cui dà testimonianza anche Giacomo da Vitry relativamente ai frati Minori) i Saraceni finivano per assumere uno improntato a chiusura e spietatezza.
Al di là di questi passi falsi, dovuti in ogni caso a un’inadeguata formazione missionaria, i martiri del Marocco lasciarono un esempio d’amore a Cristo fino al supremo sacrificio di sé. Nell’Ordine l’eco fu enorme. Lo stesso Francesco – stando alla Passio –avrebbe esclamato: «Adesso posso dire di avere veramente cinque Frati Minori», non senza assumere però un atteggiamento cautelare secondo quanto riportato da Giordano da Giano. La notizia suscitò commozione anche in Chiara, accendendo in lei il desiderio del martirio. Dagli Atti del processo di canonizzazione si apprende infatti che «quando, avendo inteso che nel Marocco erano stati martirizzati certi frati, essa diceva che ce voleva andare». È noto poi come il trasferimento delle reliquie dei protomartiri a Coimbra abbia influito sul cambiamento di vita del canonico lisbonese Fernando e sulla decisione di entrare tra i Minori col nome di Antonio.
Di questo passaggio nell’Ordine da parte del futuro santo di Padova fece espressa menzione Sisto IV nella bolla Cum alias (7 agosto 1481), con cui fu concesso ai Minori di celebrare, il 16 gennaio, messa e ufficio dei santi Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto. Sempre vivo tra le famiglie francescane, il culto dei cinque protomartiri ha assunto una connotazione più generale dal 13 giugno 2010, giorno in cui alcune reliquie sono state deposte nella chiesa ternana di S. Antonio di Padova. Contemporaneamente è stata avviata una rilettura storicizzata della loro vicenda, monito alla necessità di predicare il Vangelo nel pieno rispetto delle altrui convinzioni e nell’esercizio di una costante attività dialogica.
Redazione Papaboys (Fonte www.sanfrancescopatronoditalia.it/Francesco Lepore)