Calogero è stato un monaco eremita, venerato come santo taumaturgo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa, è patrono di moltissimi paesi della Sicilia.
Nasce a Calcedonia nel 466 d.C., una cittadina dell’antica Tracia, che nel 46 d.C. divenne provincia romana e che poi seguì le sorti dell’impero bizantino (oggi corrisponde ad un quartiere moderno di Istanbul). I suoi genitori erano cristiani e, sin da piccolo, abbracciò gli insegnamenti del Cristianesimo.
Il suo nome, Calogero, dal greco significa buon vecchio ed era l’appellativo che indicava gli anacoreti cioè coloro che vivevano appartati in luoghi solitari e in grotte. Alcuni studiosi, pertanto, pensano che il nome del santo eremita Calogero non fosse questo, ma bensì l’appellativo con cui veniva riconosciuto. Altri studiosi comunque sono convinti che fosse proprio il suo nome.
Poche sono le notizie certe sulla sua vita. Secondo la tradizione, fin da bambino digiunava, pregava e studiava la Sacra Scrittura. Secondo gli ‘Atti’ presi dall’antico Breviario siculo-gallicano, in uso in Sicilia dal IX secolo fino al XVI, egli giunse a Roma in pellegrinaggio, ricevendo dal papa Felice III (483-492), il permesso di vivere in solitudine in un luogo imprecisato.
Qui egli ebbe una visione angelica o un’ispirazione celeste, che gli indicava di evangelizzare la Sicilia. Tornato dal papa ottenne l’autorizzazione di recarsi nell’isola, con i compagni Filippo, Onofrio e Archileone, per liberare quel popolo dai demoni e dall’adorazione degli dei pagani.
Mentre Filippo si recò ad Agira e Onofrio e Archileone si diressero a Paternò, Calogero si fermò durante il viaggio a Lipari, nelle Isole Eolie. Qui su invito degli abitanti si trattenne per qualche anno. Predicò il Vangelo ed insegnò loro come ricevere i benefici per i loro malanni, utilizzando le acque termali e stufe vaporose. Ancora oggi un’importante sorgente termale porta il suo nome, come pure le grotte dai vapori benefici.
Durante la sua permanenza nell’isola di Lipari, ebbe anche la visione della morte del re Teodorico († 526) che negli ultimi anni aveva preso a perseguitare quei latini che riteneva un pericolo per il suo regno. Fra i quali furono vittime il filosofo Boezio (480-524) suo consigliere, il patrizio romano capo del Senato, Simmaco († 524) e il papa Giovanni I († 526). Ciò è riportato nei ‘Dialoghi’ del papa San Gregorio I Magno. La visione si era avverata nell’esatto giorno ed ora della morte del re, e Calogero vide la sua anima scaraventata nel cratere del vicino Vulcano.
In seguito ad altra visione, Calogero lasciò Lipari per sbarcare in Sicilia a Syac (Sciacca), chiamata dai romani ‘Thermae’ per i bagni termali, presso i quali sorgeva. Convertì gli abitanti e poi decise di cacciare per sempre “le potenze infernali” che regnavano sul vicino monte Kronios, consacrato al dio greco Kronos, che per i romani era il dio Saturno.
Sul monte Giummariaro, altro nome derivante dagli arabi che lo chiamarono monte “delle Giummare”, dalle palme nane che crescevano sui suoi fianchi e che poi prese il nome di Monte San Calogero, come oggi è conosciuto insieme al nome Cronio. Il santo eremita iniziò ad abitare in grotte e intimò ai demoni di lasciare quei luoghi.
Gli ‘Atti’ dicono che il monte sussultò fra il fragore di urla e poi tutto si quietò in una pace di paradiso. Calogero si sistemò in una grotta adiacente a quelle vaporose, che come a Lipari, anche qui esistono abbondanti.
In quest’ultima grotta, vi è murata sulla roccia, l’immagine in maiolica di San Calogero, posta sopra un rustico altare, che si dice costruito da lui stesso. L’immagine è del 1545 e rappresenta l’eremita con la barba che tiene nella mano destra un libro e un ramo-bastone, ai suoi piedi vi è un fedele inginocchiato e una cerbiatta accasciata e ferita da una freccia.
L’immagine si rifà ad un episodio degli ultimi suoi giorni, secondo la tradizione essendo ormai ultranovantenne, egli non riusciva più a cibarsi, per cui Dio gli mandò una cerva, che con il suo delicato latte lo alimentava. Un giorno un cacciatore di nome Siero, scorgendo l’animale, prese l’arco e trafisse con una freccia la cerva, la quale riuscì a trascinarsi all’interno della grotta di Calogero, morendo fra le sue braccia.
Il cacciatore pentito e piangente, riconobbe nell’uomo colui che l’aveva battezzato anni prima, chiedendo perdono. Calogero lo portò nella vicina grotta vaporosa, dandogli istruzioni per le proprietà curative di quel vapore e delle acque che sgorgavano da quel monte. Il cacciatore Siero, divenuto suo discepolo, salì spesso sul monte a visitarlo, ma 40 giorni dopo l’uccisione della cerva, trovò il vecchio eremita morto, ancora in ginocchio davanti all’altare. Secondo la tradizione era morto nella grotta fra il 17 e il 18 giugno 561 ed era vissuto in quel luogo per 35 anni.
Diffusasi la notizia accorsero gli abitanti delle cittadine vicine, che lo seppellirono nella grotta stessa, poi trasferito in altra caverna di cui si è persa la memoria lungo i secoli.
Nel IX secolo un monaco che si firmava Sergio Cronista, cioè abitante del monte Cronios o Kronios, compose in lingua greca alcuni inni in suo onore, in cui veniva citato che San Calogero non era approdato a Sciacca come si riteneva, ma a Lilybeo, l’odierna Marsala, senza indicare dove fosse morto, ma sollecitando a visitare e onorare la grotta in cui il santo era vissuto, scacciando i demoni e operando tante guarigioni di ammalati.
Uno studioso contemporaneo Francesco Terrizzi, sostiene che San Calogero, perduti i compagni martirizzati dai Vandali, si recò dapprima a Palermo passando poi per Salemi, Termini Imerese, Fragalà, Lipari, Lentini, Agrigento, Naro e infine Sciacca; si spiegherebbe così le tante tradizioni e le diverse grotte abitate e attribuite ad un unico e medesimo santo.
C’è da aggiungere che le reliquie del santo, secondo un’altra tradizione, erano state successivamente trasferite in un monastero a tre chilometri dalla grotta.
Nel 1490 furono traslate a Fragalà (Messina) dal monaco basiliano Urbano da Naso e poi nell’800 a Frazzanò (Messina), nella chiesa parrocchiale.
Qualche sua reliquia è custodita anche nel santuario Basilica di San Calogero al Monte, sorto vicino alla sua grotta sull’omonimo monte di Sciacca nel XVII secolo e che è meta di pellegrinaggi.
San Calogero è veneratissimo in tutta la Sicilia e in tutte le città sopra citate è onorato con suggestive processioni e celebrazioni, tipiche della religiosità intensa dei siciliani. Quasi tutte si svolgono nel giorno della sua festa il 18 giugno. (Fonte santiebeati.it – Autore: Antonio Borrelli)
0 Dio per mezzo di Gesù Tuo Figlio e nostro Signore,
nello Spirito Santo Dio che hai mostrato a tutti che è Signore e da la vita,
Ti ringraziamo dei Tuoi innumerevoli doni.
In particolare Ti lodiamo per averci dato,
modello e protettore, San Calogero che per amore a Te,
nelle nostre contrade,
a servito i fratelli guarendoli nell’anima e nel corpo.
Per sua intercessione proteggici
sul suo esempio donaci di cercare Te
sopra ogni cosa e di trovarti nell’attenzione alla Tua parola,
nella preghiera, in un ordinato uso delle cose,
nel servizio ai fratelli.
Amen
(Composta da Sua Ecc. Rev.Mons. Ignazio Zambito Vescovo di Patti)
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