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Oggi, 27 aprile 2019, si è ripetuto il miracolo del fuoco sacro a Gerusalemme!

Anche quest’anno alle ore 13.32 di oggi, 27 aprile 2019, si è ripetuto il miracolo del fuoco sacro a Gerusalemme.

L’accensione spontanea di un fuoco prodigioso avviene ogni anno nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme tra le mani del Patriarca Greco-Ortodosso durante la liturgia pasquale della Resurrezione del Signore. In quel luogo, unico al mondo, che segna il punto in cui Cristo, Luce del Mondo, è risorto, si rinnova ogni anno questo miracolo che secondo la tradizione orientale scomparirà soltanto al tempo dell’apocalisse finale. Eppure nessuno ne sa nulla e non se ne è mai sentito parlare in occidente, se non all’epoca delle Crociate. Gli Ortodossi accusano velatamente i Cattolici di tenere nascosto il prodigio, che sembrerebbe privilegiare la Chiesa Greca. Sta di fatto che il fenomeno, rigorosamente controllato anche dalle autorità locali, non è mai stato adeguatamente pubblicizzato. In Italia ne resta un velato ricordo nella tradizione fiorentina della “Colombina”.

Uno dei segni più belli e carichi di significato che ancora ai nostri giorni il Signore offre alla Chiesa avviene ogni anno a Gerusalemme nella celebrazione pasquale del Sabato Santo. Si tratta del miracolo del Fuoco Santo, pressoché sconosciuto in occidente, ma conosciuto pare già da Giovanni Damasceno e Gregorio di Nissa.

Certamente il fatto prodigioso è documentato fin dai tempi delle
crociate: in particolare si trova narrato l’episodio della Pasqua del 1101, secondo il racconto del monaco Hermann del Monte degli Ulivi, nel libello “Hyerosolymita” (1116/17) di Ekkehard di Aura. Questo scritto fu inviato come viatico augurale, tramite il priore Amel di Aura, all’abate Erkembert di Korvey, alla fine del 1117 prima della partenza di quest’ultimo per la Terra Santa.
Il miracolo del Fuoco Santo o della Luce Santa consiste in questo: il Sabato Santo la cerimonia del passaggio dal buio alla luce, all’inizio della veglia pasquale, con la benedizione del fuoco e l’accensione delle candele si svolge in modo a dir poco sconcertante nella basilica del Santo Sepolcro; le candele infatti si accendono da sole e per qualche minuto la loro fiamma non scotta. A detta dei testimoni oculari si può tenere la mano sopra la fiamma senza bruciarsi. Qualcuno sostiene che questo accade per trentatre minuti, poi il fuoco comincia a scottare e c’è chi ha notato che esso inizia a far male solo dopo che la fiamma ha cambiato colore, da azzurrina a rossa.

Inoltre è stato osservato che le punte degli stoppini erano appena strinate, mentre la cera della sommità delle candele era pressoché integra.
Il fenomeno si ripete ogni anno, dopo le preghiere di rito, immancabilmente, ed è sottoposto ad un rigido controllo da parte delle autorità israeliane e del servizio d’ordine del Santo Sepolcro. Siccome poi il miracolo avviene tra le mani del Patriarca Ortodosso, le altre confessioni cristiane, presenti con diversi e secolari diritti nella basilica (chi è stato in Terra Santa sa su quale groviglio di diritti acquisiti e di consuetudini si regga l’equilibrio dei rapporti tra le diverse confessioni cristiane nei luoghi santi!), garantiscono ogni anno un ulteriore controllo assai meticoloso.

C’è infatti un grande interesse nei riguardi di questa procedura, per nulla accidentale. Se per un solo anno non avviene il miracolo della Santa Luce durante l’officiatura del Patriarca Greco-Ortodosso, subentra a presiedere la cerimonia al Santo Sepolcro la prima tra le confessioni con diritto di precedenza. Il controllo avviene in più fasi secondo un rituale consolidato:
la mattina del Sabato Santo, prima dell’inizio della cerimonia ha luogo l’esame scrupoloso e completo della tomba del Signore, terminato il quale essa viene sigillata con una mistura di miele e cera preparata il mattino stesso. Si esclude così categoricamente la presenza di qualche oggetto nel Santo Sepolcro in grado di causare del fuoco. Dopo di che la cappella che custodisce la tomba del Signore viene chiusa e le autorità israeliane vi fanno aderire la cera con i sigilli.

Il controllo inizia alle 10 di mattina e termina un’ora dopo alle 11; mentre è in corso gli arabi ortodossi fanno le loro rimostranze per ricordare e sostenere i propri diritti. La procedura dev’essere registrata dagli scrupolosissimi rappresentanti della santa vigilanza del Sepolcro, dagli Armeni e dai rappresentanti delle altre confessioni. In modo particolare gli Armeni sovrintendono la meticolosità del controllo, perché una volta, nel 1549, tentarono di “impossessarsi” del miracolo, fors’anche con un po’ di forza: corruppero il Sultano Mourat ed estromisero col suo aiuto il Patriarca Greco-Ortodosso dalla basilica del Santo Sepolcro, pretesero e ottennero che la liturgia fosse presieduta dal Patriarca Armeno, ma, come riporta il cronista arabo Huri Fosi: “Invano invocavano Dio, il Fuoco non voleva discendere. All’improvviso si udì un rimbombo di tuono e dalla colonna di marmo, presso la quale era il patriarca Ortodosso, apparve il Fuoco”. In quell’occasione avvenne pure la conversione dell’Emiro di Agarino che vedendo questi eventi gridò: “La fede dei Cristiani è grande! Il vero Dio è solo Uno, il Dio dei Cristiani! Credo a Cristo risuscitato dai morti. Mi inginocchio a Lui come mio Dio!”. I musulmani lo catturarono e lo decapitarono subito e il suo corpo è venerato ancor’oggi nel Monastero della Grande Vergine di Gerusalemme.
A mezzogiorno del Sabato Santo ha inizio la liturgia della Santa Luce, costituita da tre fasi: il canto della Litania d’intercessione; l’entrata del Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme nel Santo Sepolcro; le invocazioni affinché appaia la Luce Santa. Seguendo la tradizione, il Patriarca Greco-Ortodosso accompagnato dal suo seguito e dal Patriarca Armeno entra nella basilica del Santo Sepolcro mentre le campane suonano a morto.

E’ la Chiesa che ripercorre mesta i passi delle Pie Donne che vanno al Sepolcro a piangere sul cadavere dell’Ucciso. Prima che il Patriarca entri nel santuario che racchiude il Sepolcro, il custode della Sacrestia del Santo Tempio ne fa uscire la lampada che arde perennemente.
Provenendo dall’interno del Tempio dell’Apostolo Giacomo, il Patriarca entra nel santuario e siede sul suo trono patriarcale. Quindi i rappresentanti di Armeni, Caldei, Copti e altri gli passano davanti e lo salutano baciandogli la mano. Secondo le consuetudini, infatti, chi non ossequia il Patriarca Ortodosso, non ha diritto a ricevere la Santa Luce dalla sue mani.
Immediatamente dopo, inizia la Litania d’Intercessione che viene cantata per tre volte attorno al Santo Sepolcro e termina davanti ad esso. Il Santo Sepolcro viene allora dissigillato, mentre il Patriarca depone i paramenti pontificali e rimane con il solo camice.

Il Governatore di Gerusalemme e un Ispettore di Polizia esaminano a quel punto il Patriarca davanti a tutti, in modo da assicurare i presenti che egli non abbia nascosto un qualsiasi oggetto capace di accendere il fuoco.
Terminata la perquisizione, il Patriarca di Gerusalemme prende delle torce spente ed entra nel Santo Sepolcro con i dignitari Armeni. Ogni lampada è spenta e non vi è nulla di acceso in tutta la chiesa.

All’interno del Santo Sepolcro il Patriarca prega inginocchiato in un clima di assoluto silenzio che pervade il tempio, fintanto che non si avverte un sibilo, accompagnato quasi simultaneamente dai lampi blu e bianchi della Luce Santa che invadono la basilica, come se milioni di flash fotografici lampeggiassero tutto attorno illuminando le pareti circostanti. Allora le lampade s’illuminano miracolosamente. Contemporaneamente, all’interno del Santo Sepolcro, le torce tenute dal Patriarca, che continua a pregare, s’accendono spontaneamente con la Santa Luce. La folla scoppia in forti acclamazioni, mentre lacrime di gioia e di fede cadono dagli occhi dei presenti.

Un’eco di questo prodigio singolare è rimasta in Italia nella tradizione fiorentina della “colombina”. La sua origine risale all’epoca delle Crociate e nasce proprio dal ricordo del prodigio gerosolimitano della Luce Santa. La leggenda vuole che il primo cristiano ad issare il vessillo crociato su Gerusalemme il 15 luglio 1099 fosse il cavaliere fiorentino Pazzino de’ Pazzi; per questo atto di grande valore Pazzino ricevette da Goffredo di Buglione tre schegge del Santo Sepolcro. Tornato a Firenze, Pazzino venne accolto da grandi festeggiamenti e le tre schegge del Santo Sepolcro vennero custodite gelosamente. Si tramanda che da allora, nel giorno di Sabato Santo, i giovani delle più importanti famiglie fiorentine usassero recarsi nella cattedrale dove, al fuoco benedetto che ardeva, accendevano piccole torce per poi recarsi in processione a portare la fiamma purificatrice per la città. Il fuoco santo veniva acceso proprio con le scintille sprigionate dallo sfregamento delle tre famose schegge di pietra.

Pian piano prese piede l’usanza di trasportare il fuoco santo su di un carro per le vie della città; dalla fine del 1300 circa venne sostituito il tripode che portava il braciere ardente con dei fuochi artificiali, forse per rendere la cerimonia più spettacolare: risale a questo periodo, probabilmente, il nome di “scoppio del carro”.

Christian pilgrims hold candles at the Church of the Holy Sepulchre, traditionally believed to be the burial site of Jesus Christ, during the ceremony of the Holy Fire in Jerusalem’s Old City, Saturday, April 14, 2012. (AP Photo/Sebastian Scheiner)

Così Aldo Palazzeschi racconta il rito pasquale di Firenze: “Il rito rappresenta la benedizione del fuoco. L’Arcivescovo si reca la mattina nella più antica chiesa della città, quella dei SS. Apostoli dove si conserva il fuoco benedetto, ivi lo prende per portarlo all’altar maggiore del Duomo, da dove la ‘colombina’ in forma di piccione, la colombina famosa, si parte lungo un filo per andare ad accendere il carro sulla piazza davanti alla porta centrale; e sempre schizzando fuoco dalla coda ritorna all’altar maggiore. Il vecchio carro… tirato da tre paia di buoi infioccati e adornati di specchi per la solennità, tra una gazzarra urlante di monelli, lentamente e traballando se ne viene fin sulla piazza fra il Battistero e la Cattedrale.

Per il suo incedere lento e dinoccolato il popolo lo chiama ‘brindellone’. A mezzogiorno, quando la Messa è al ‘Gloria in excelsis Deo’, un pompiere salta su una scaletta simile a un gatto, e senza dare il tempo di accorgersene appicca il fuoco alla colombina che per due volte striscia infuocata lungo tutta la chiesa sopra la folla rumoreggiante. Dalla riuscita più o meno perfetta del suo volo si traggono i pronostici di fortuna o di disgrazia per l’anno corrente”.

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