San Giacomo (detto il Minore) fu uno degli apostoli di Gesù; resse per primo la Chiesa di Gerusalemme e morì come martire.
La figura di Giacomo il minore, da non confondere con l’altro (detto il maggiore e noto per il Santuario di Santiago) è oggetto da secoli di una controversia importante fra agiografi, e storici. Pochissime sono le notizie della sua vita.
Sono verosimilmente la stessa persona il Giacomo, fratello dell’apostolo Giuda Taddeo, che i Vangeli e gli Atti elencano tra i dodici apostoli chiamandolo figlio di Alfeo, e il Giacomo che altrove gli stessi Vangeli chiamano “fratello” (cioè cugino, secondo la corretta interpretazione del termine ebraico) del Signore, figlio di Maria, una delle donne presenti ai piedi della croce di Gesù, moglie di Cleofa, “sorella” (cioè cognata) della Madonna.
Il Giacomo “fratello” di Gesù è nominato da Paolo come una delle “colonne” della Chiesa, con Pietro e Giovanni, a Gerusalemme dove fu vescovo dalla partenza di Pietro per Roma (l’anno 44) fino al martirio avvenuto durante la Pasqua del 62.
Secondo il perduto Vangelo degli Ebrei, citato da Girolamo (De viris illustribus 2), dopo la sua risurrezione (30 d.C.) Gesù apparve a Giacomo (vedi 1Cor 15,7, ripreso anche da Eusebio, SE 1,12,4) e gli fece la comunione.
Nel racconto di At 15,1-35 relativo al cosiddetto concilio di Gerusalemme (attorno al 48-50), che doveva pronunciarsi sull’osservanza della Torah da parte dei cristiani non ebrei (ellenisti), Giacomo viene presentato come il portavoce della risoluzione finale. Circa lo stesso evento Paolo definisce Giacomo, Cefa e Giovanni “le colonne” della Chiesa (Gal 2,9).
La Chiesa d’Oriente distingue tuttora due figure tra l’apostolo e il vescovo di Gerusalemme. Mentre per la Chiesa d’Occidente il Concilio di Trento ha affermato l’identità dell’uno con l’altro.
Oggi la critica si divide. Certo è che Giacomo è stata una figura talmente importante nella prima Chiesa da divenire il vessillo e la colonna di tutti i giudei cristiani non solo di Gerusalemme ma anche della diaspora.
Il martirio di Giacomo, ci viene descritto nei dettagli da Eusebio di Cesarea.
Morto il prefetto di Giudea Festo, e mentre era ancora in viaggio da Roma il suo successore designato Albino, il sommo sacerdote Ananos il Giovane approfittò del momento per convocare il sinedrio e condannare Giacomo alla lapidazione. Siamo nell’anno 62.
Giacomo fu gettato giù dal pinnacolo del Tempio e, poiché non era morto, fu lapidato. Messosi in ginocchio, pregava per coloro che lo stavano lapidando, «uno di loro, un follatore, preso il legno con cui batteva i panni, colpì sulla testa il Giusto, che morì martire in questo modo. Fu quindi sepolto sul luogo, vicino al Tempio, dove si trova ancora il suo monumento» (Egesippo, in Eusebio, Storia ecclesiastica, II, 23, 18).
Il suo cippo sepolcrale, secondo la testimonianza di Girolamo, rimase al suo posto fino al tempo dell’imperatore Adriano (117-138). Poi se ne dovettero perdere le tracce, se si ha la notizia del ritrovamento, verso la metà del IV secolo, del corpo di Giacomo, insieme a quelli dei martiri Simeone e Zaccaria, a opera di un eremita, Epifanio.
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Il corpo di Giacomo fu temporaneamente traslato dentro Gerusalemme dal vescovo Cirillo il 1 dicembre 351, poi successivamente fu riportato nella chiesa costruita presso il luogo dell’invenzione. Infine si ha notizia di una traslazione – ancora il giorno 1 di dicembre – in un’altra chiesa in Gerusalemme, costruita sotto l’imperatore bizantino Giustino II (565-578) e dedicata a Giacomo. Ma qui le varie notizie si integrano con difficoltà.
Si deve infatti collegare con una traslazione di parte delle reliquie da Gerusalemme (o forse da Costantinopoli?) a Roma, l’avvio della costruzione, al tempo di papa Pelagio I (556-561), di una basilica dedicata agli apostoli Giacomo e Filippo, la cui la festa liturgica da allora in Occidente ricorre il 1 maggio (ora spostata al 3 maggio). Basilica completata da papa Giovanni III (561-574), e attualmente è intitolata ai santi XII Apostoli.
Ricognizione sotto l’altare della chiesa dei Santi XII Apostoli a Roma
Nel gennaio 1873, venne fatta, a opera di una commissione scientifica, una ricognizione sotto l’altare della chiesa dei Santi XII Apostoli a Roma. Le reliquie appartenevano a due distinti individui. Quello di corporatura più robusta, del quale si conservavano solo scaglie e frammenti ossei, anche se in quantità consistente, oltre a un femore presente ab immemorabili in Basilica, identificato con Giacomo il Minore.
Nel 1879 le reliquie furono deposte in un’arca di bronzo all’interno di un sarcofago di marmo che venne collocato nella cripta della chiesa. Al di sotto dell’altare centrale e del luogo dove erano state rinvenute. Sono lì anche oggi. La reliquia del femore fu invece collocata in un reliquiario appositamente fabbricato, attualmente non esposto ai fedeli.
A Santiago di Compostela si venera la reliquia della testa di Giacomo il Minore. Secondo una tradizione la portò in Occidente il vescovo di Braga Mauricio Burdino, dopo averla prelevata verso il 1104 da Gerusalemme durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa.
Verso il 1116 Urraca, regina di Castiglia e León, se ne impadronì e la donò alla chiesa di Santiago. Dove tuttora è custodita in un busto-reliquiario nella cappella dedicata all’apostolo.
Oggi il Santuario di Santiago è fra le principali mete di pellegrinaggio nel mondo. Circa milioni di pellegrini vi se recano a piedi, quasi sempre facendo il famoso Cammino di Santiago per venerare le reliquie di San Giacomo il Maggiore.
Ma un altro cranio attribuito a Giacomo il Minore è noto dal Medioevo ad Ancona.
San Giacomo è considerato patrono dei fabbricanti di cappelli, cardatori, droghieri e farmacisti. (Fonte santiebeati.it – Autore: Don Luca Roveda)
San Giacomo ci hai mostrato un cristianesimo molto concreto e pratico, indicandoci che la fede deve realizzarsi nella vita soprattutto nell’amore del prossimo e particolarmente nell’impegno per i poveri: (Gc 2,26).
Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta. Ci hai esortato ad abbandonarci nelle mani di Dio in tutto ciò che facciamo, pronunciando sempre le parole: “Se il Signore vorrà” (Gc 4,15) insegnandoci così a non presumere di pianificare la nostra vita in maniera autonoma e interessata, ma a fare spazio all’imperscrutabile volontà di Dio, che conosce il vero bene per noi.
San Giacomo, la tua vita e le tue parole siano sempre per ciascuno di noi un forte esempio a cui conformare la nostra vita per divenire veri discepoli di Cristo Gesù. Amen.
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