San Giovanni Damasceno, detto anche il “san Tommaso dell’Oriente”, è stato un teologo arabo ed è considerato il patrono dei pittori, menomati e farmacisti.
Nasce in Siria alla fine del VII secolo in un’influente famiglia di arabi cristiani; da giovane, eredita dal padre la carica di responsabile economico del califfato.
Aver studiato, però, filosofia e teologia a Costantinopoli accanto al monaco Cosma, portato in Siria come schiavo, sarà determinante per lui: infatti dopo pochi anni lascia la vita di corte per la vita monacale.
Prima di entrare nel monastero di San Saba, a metà strada tra Gerusalemme e Betlemme, però, si spoglia di tutto, distribuisce ai poveri le sue sostanze, dona la libertà ai servi ed effettua un pellegrinaggio a piedi per tutta la Palestina.
Diventa monaco assieme al fratello – futuro vescovo di Maiouna – poi viene nominato presbitero e assume l’incarico di predicatore titolare nella Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Trascorrerà qui più o meno tutta la vita, attingendo dalla preghiera e dalla meditazione la linfa che fa crescere la fede, sia la propria, sia quella della Chiesa alla quale darà un grande contributo con i suoi scritti, le sue opere e i suoi inni.
All’epoca in cui Giovanni Damasceno vive, tra i cristiani non erano molto diffuse le immagini sacre, a causa di un’eredità mutuata dalla tradizione dell’Antico Testamento che vietava qualunque rappresentazione di Dio. In particolare l’imperatore bizantino Leone Isaurico aveva mosso guerra spietata al culto delle immagini sacre; così Giovanni, su incarico di Papa Gregorio III, assunse il ruolo di strenuo difensore delle immagini stesse, intraprendendo una lotta che combatterà per tutta la sua vita: quella all’iconoclastia. La sua arma principale è la teologia. La sua argomentazione principale, uno dei fondamenti della fede cristiana: l’Incarnazione, cioè Dio stesso che facendosi uomo da invisibile diviene visibile, carne e sangue.
Come ricorda Benedetto XVI nella catechesi all’udienza generale del 6 maggio 2009, Giovanni Damasceno è “il primo a distinguere, nel culto pubblico e privato dei cristiani, fra adorazione e venerazione: la prima si può rivolgere soltanto a Dio, per la seconda si può utilizzare un’immagine per rivolgersi a colui che viene rappresentato nell’immagine stessa”.
Per la sua profonda cultura teologica e non solo, Giovanni sarà soprannominato “il San Tommaso d’Oriente”, tanto che per il suo contributo alla Chiesa orientale Leone XIII nel 1890 lo proclamerà Dottore della Chiesa. L’opera principale che ha lasciato è il De Fide orthodoxa, che sintetizza in sé in modo originale sia il pensiero patristico greco sia le decisioni dottrinali dei Concili dell’epoca, e costituisce ancora un punto di riferimento fondamentale sia per la teologia cattolica che per quella ortodossa.
Scrive, inoltre, il De haeresibus sulle più diffuse eresie cristiane sue contemporanee. Le sue tesi, assieme a quelle di San Germano di Costantinopoli, prevarranno, anche dopo la sua morte, nel Secondo Concilio di Nicea nel 787.
Secondo una credenza piuttosto diffusa, San Giovanni fu protagonista di un miracolo ricevuto dalla Vergine Maria. Quando ancora risiedeva a corte, a un certo punto viene accusato di tradimento e come condanna gli viene tagliata la mano destra. Giovanni, allora, prega intensamente un’icona della Vergine che ascolta le sue preghiere e gli riattacca prodigiosamente la mano.
Come ringraziamento a Maria, il Damasceno fa costruire una mano fatta d’argento e la fa aggiungere all’icona, dando origine al culto orientale della Vergine Tricherusa, cioè a tre mani.
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Dio, onnipotente ed eterno, che ad affermare il culto delle sacre immagini riempisti il beato Giovanni di dottrina celeste e di ammirabile fortezza di spirito, concedici, per la sua intercessione e a suo esempio, di imitare le virtù e di sperimentare il patrocinio di coloro di cui veneriamo le immagini.
San Giovanni oggi ti eleggo
a mio speciale patrono:
sostieni in me la Speranza,
confermami nella Fede,
rendimi forte nella Virtù.
Aiutami nella lotta spirituale,
ottienimi da Dio tutte le Grazie
che mi sono più necessarie
ed i meriti per conseguire con te
la Gloria Eterna. Amen.
Ti saluto, o Maria, Speranza dei cristiani!
Accogli la supplica di un peccatore che ti ama teneramente,
ti onora particolarmente e ripone in te tutta la speranza della sua salvezza.
Per merito tuo ho la vita.
Tu mi riconduci nella grazia di tuo Figlio e sei il pegno certo della mia salvezza.
Ti supplico, dunque, di liberarmi dal peso dei miei peccati,
distruggi le tenebre della mia mente, scaccia i legami terreni dal mio cuore,
reprimi le tentazioni dei miei nemici e guida la mia vita,
così che possa giungere per tuo messo e sotto la tua guida,
all’eterna felicità del Paradiso.
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