Res Publica et Societas

Oggi ascoltiamo la voce dei poveri. Che cosa ci dicono. Che cosa possiamo imparare da loro!

Papa Francesco, va riconosciuto alla grande, ha ‘sdoganato’ la povertà – lo abbiamo già detto in questi anni – riportando l’attenzione sui bisognosi al centro dell’azione della Chiesa, ma soprattutto nel linguaggio e nel costume della società odierna. Ma noi continuiamo a parlarne, senza ascoltarli fino in fondo, con la presunzione di ascoltare senza dire che abbiamo molto da imparare.

Oggi ascoltiamo quindi la loro voce, dopo l’incontro di questa mattina in Vaticano.

Hanno portato da Papa Francesco quello che hanno di più prezioso: la loro povertà, le loro malattie, il loro disagio e, insieme, la loro speranza. Sono i circa 4 mila partecipanti al Giubileo delle persone socialmente escluse, ricevuti dal Pontefice in Aula Paolo VI. Giada Aquilino e Clarissa Guerrieri della Radio Vaticana hanno raccolto le testimonianze di alcuni protagonisti di questo incontro:

R. – Mi chiamo Pino.

D. – Da dove vieni?

R. – Rimini, dalla strada.

D. – Chi ti aiuta?

R. – L’associazione Papa Giovanni XXIII: mi hanno accolto sette mesi fa e sono spettacolari, perché prima ero disperato, bevevo, pensavo che non avrei avuto aiuto da nessuno. Invece, adesso, avvicinandomi a loro e al Papa sento dentro di me qualcosa che esiste.

D. – Che cosa vedi intorno a te?

R. – Un altro mio futuro. Quello di prima era andato distrutto: ora si sta ricreando.




R. – Sono Lucia Lucchini, mi occupo in particolare della mensa di Via Dandolo della Comunità di Sant’Egidio a Roma.

D. – Il Papa ha chiesto perdono per quei cristiani che si voltano dall’altra parte di fronte alla povertà…

R. – Credo che le parole del Papa aprano i cuori di chi è in difficoltà, ma anche di chi – come ci ha detto – ha tutto e deve scoprire che la vera felicità si trova vivendo insieme: chi ha tanto e chi non ha nulla.

D. – Posso chiederle il suo nome?

R. – Giuseppe. Io sono italo-olandese. Sono ospite presso un centro di accoglienza del Comune situato a Isola Verde.

D. – Qual è stato il messaggio del Papa?

R. – Di non essere schiavi di un qualcosa che non ci appartiene, ma di essere solamente grati a Dio perché abbiamo ancora possibilità di crescere nel nostro intento, di riacquistare una vera dignità.

D. – Giuseppe, qual è il suo sogno?

R. – Che il Signore possa benedire le persone che vivono nel disagio, che le aiuti a tirarsi su e ad eliminare queste guerre di oggi, che sono un disastro totale.

R. – Sono Antonino. Io vivo in una roulotte della Comunità di Sant’Egidio.

D. – Cosa significa essere solidali con chi soffre?

R. – Colui che sta meglio deve aiutare colui che sta peggio.




D. – Lei da dove viene?

R. – Noi veniamo da Venezia.

D.- E qual è il suo nome?

R. – Alberto, sono un Clown Gipsy, un mimo che lavora con gli artisti di strada, con i senza fissa dimora.

D. – Avete salutato il Papa?

R. – Sì. È molto importante secondo noi perché il Papa è impegnato davvero nel sociale, vuole una Chiesa povera per i poveri. E noi siamo impegnati nell’aiuto ai poveri.

D. – Madre, come si chiama?

R. – Io sono suor Anna, vengo da Venezia. Sono venuta insieme ai miei amici poveri che aiutiamo tramite la mensa, il dormitorio “Papa Francesco” e il centro di ascolto della Caritas veneziana a Marghera.

D. – Qual è stato il messaggio che queste persone hanno raccolto da Papa Francesco?

R. – Credo che per tutti noi sia un messaggio di aprire le porte, di spalancarle finalmente per accogliere e trovare nuove modalità di stare con loro. Forse si tratta più di condividere la vita che di offrire solo servizio.

D. – Come ti chiami?

R. – Sergio.

D. – Sergio, cosa vuoi dire?

R. – Ringrazio Papa Francesco che ci è venuto incontro.

R. – Ciro, associazione Papa Giovanni XXIII.

D. – Che cosa ha provato in questa giornata?

R. – Che si deve reagire davanti ad ogni cosa, che si può migliorare.

R. – È stato un invito a tutti i poveri, a venire qui ed incontrare il Papa. Io sono tra questi e ringrazio Francesco per questo invito.

D. – Lei di quale comunità fa parte?

R. – Anch’io sono dell’associazione Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Da venti anni sono membro della comunità. Sono stato in missione in Sud America per quattro anni e due anni in Kenya, per lavorare con i poveri.

D. – Che emozione ha provato oggi?

R. – L’emozione di avere incontrato un uomo di Dio. È sempre un sentimento profondo perché io credo in Dio; per me è una misericordia, una benedizione.

D. – Quale messaggio le ha lasciato il Santo Padre?

R. – Non bisogna mai avere vergogna di essere poveri, perché Gesù ci dice che il povero è una persona dignitosa. Nel Vangelo i poveri sono coloro che vengono più esaltati.

D. – Lei fa qualcosa per aiutare chi ha bisogno?

R. – Lavoro in una cooperativa con persone che hanno disagi mentali. Condivido con loro la mia vita, perché questa è la nostra vocazione. È una scelta.

R. – Sono volontario in una struttura dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Porto ai ragazzi che vivono con noi le parole del Papa. Con loro condivido un momento importante, nel quale vengono riconosciuti loro la dignità e il valore nonostante la situazione.

R. – Mi chiamo Davide. Sono un operatore della Capanna di Betlemme.

D. – Che messaggio hai ricevuto dal Santo Padre?

R. – Essere poveri è la cosa più bella.

 
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di Redazione Papaboys – Interviste della Radio Vaticana

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