Caritas et Veritas

Oggi ho deciso: ecco perché mi consacrerò a Maria ogni Natale

Se vogliamo identificarci con Cristo in tutto, dobbiamo accettare non solo le sue parole e i suoi sacramenti, ma anche la madre che ci ha donato

Qualche anno fa mi sono consacrato a Maria seguendo il libro dipadre Michael Gaitley 33 Days to Morning Glory. Quest’anno ho rinnovato la consacrazione nella festa dell’Immacolata Concezione. Vorrei non averlo fatto. Vorrei aver aspettato Natale.

La consacrazione a Maria non mi viene naturale.

La prima volta che ho letto il libro ho esitato. L’ho finito ma ho rifiutato di consacrarmi. Alla seconda lettura ho lottato, chiedendo in ginocchio in cappella che Dio mi spiegasse perché va bene parlare di qualcuno che è “schiavo” o “proprietà” di un’altra persona. Poi, come una risposta alla mia preghiera, qualcuno ha aperto il tabernacolo e vi ha messo dentro delle ostie consacrate.

Quest’anno la vecchia lotta si è riproposta. Mentre mi preparavo a rinnovare la mia consacrazione, all’improvviso era come se non avesse senso per me. Se il Battesimo ci dà la vita di Cristo, l’Eucaristia ci inserisce nel suo corpo e la Scrittura ci dona la sua parola, perché Maria dovrebbe volere che certi seguaci di Gesù aggiungano un “rapporto speciale con Maria” al di sopra di tutto questo?
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Capivo la preghiera di intercessione, ma l’“affidamento” a Maria no. Poi, ancora una volta come una sorta di risposta alle mie preghiere, sono andato in una fattoria con un sacerdote e una suora per aiutare a filmare un presepio vivente.

Quell’esperienza mi ha ricordato che Dio è stato il primo ad affidarsi a Maria.

Nel video dovevamo separare gli animali dalla mangiatoia, altrimenti sarebbero finiti sul Bambino Gesù. Sistemare un bambino in una mangiatoia è stato molto difficile. Mi ha ricordato quanto sia stata rischiosa l’incarnazione. Dio non aveva solo bisogno che Maria e Giuseppe dicessero “Sì” una volta – aveva bisogno che proteggessero il fragile corpo che aveva scelto minuto per minuto, giorno per giorno.

Poi, quando i nostri pastori si sono riuniti intorno alla mangiatoia, giravano lo sguardo dal volto di Gesù a quello di Maria e viceversa. Gli angeli hanno inviato i pastori a trovare il bambino, ma hanno trovato il bambino e Maria. Non si possono separare. Dio voleva così.

Se vogliamo identificarci con Cristo in tutto, dobbiamo accettare non solo le sue parole e i suoi sacramenti, ma anche la madre che ci ha donato
Quando sono arrivati i pastori ho notato anche un’altra cosa: la scena della Natività è dominata da un personaggio.

Prima che filmassimo non avevo mai fatto caso a quanto fosse piena di uomini quella scena. Non mi aveva mai colpito perché non ci si concentra sugli uomini. Si vede soprattutto Maria.

Abbiamo scelto due consacrati per interpretare Giuseppe e Maria: il cappellano del Benedictine College, padre Simon Baker OSB, e suor Joan Kolbe, delle Suore Mariane di Lincoln, Nebraska. La religiosa non ha figli, ma ha assunto subito una presenza materna. Riusciva a calmare il pianto del bambino e a deporlo sul fieno quando dormiva. Giuseppe era solo un personaggio sullo sfondo.

La presenza di Maria ha riempito tutta la vita di Cristo nello stesso modo – da Betlemme al Calvario, fino a Pentecoste.

Il Natale è una festa di nuovo invio – un giorno per entrare ancora una volta nella vita di Cristo.

La liturgia ci ricorda che il Natale rende nuovo tutto il nostro rapporto con Dio. Non ci limitiamo a celebrare la sua nascita – celebriamo la nostra nascita e il nostro rinnovamento in Lui, nel giorno in cui “ci ha dato il potere di diventare figli di Dio”.

Il Natale ci chiama a identificarci da vicino con Gesù Cristo, di modo da diventare il suo corpo.

Ed è questa la grande intuizione che ho avuto quest’anno sul Natale e sulla consacrazione mariana: quando ci consacriamo a Maria, non stiamo assumendo una nuova identità – ci stiamo impegnando nell’identità che già abbiamo.

Se siamo il corpo di Cristo, allora Maria è nostra madre, e lei è completamente impegnata con noi.

Se vogliamo identificarci con Cristo in tutto, dobbiamo accettare non solo le sue parole e i suoi sacramenti, ma anche la madre che ci ha donato.

E lei non è solo la nostra Beata Madre – è la nostra mamma. È colei che ci cura in tutto, notando ciò che manca nella nostra vita, portandoci a Lui quando dubitiamo e tenendoci concentrati su di Lui quando sembra essere sparito.

Guardate a lei questo Natale e vedete.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

Fonte: Aleteia.org

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