“Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore”.
Questo è il passaggio del Vangelo di Luca che ci offre lo spunto per parlare della festa che oggi la Chiesa onora. La Presentazione di Gesù al Tempio, questa è la definizione corretta della festa. Nasce, dunque, da una tradizione ebraica, come Luca ci dice. Gesù, Uomo nuovo, che comunque decide di “sottostare” alle leggi ebraiche, e questo più volte ci viene ricordato. Ma, torniamo, sulla denominazione: Presentazione al Tempio . Il termine, però, seppur conosciuto a moltissimi, sembra – scritto così – mancante di una parte che nella tradizione popolare cattolica, è assai diffusa: infatti, tutti, chiamiamo questa festa con la più semplice denominazione di “Candelora”. Ma da dove deriva?
Ancora una volta, ci viene in aiuto il Vangelo. E’ necessario iniziare sempre da questo. E, allora, continuiamo la lettura di Luca, fino a quando troviamo:
“Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele»”.
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Andava citato per intero, un po’ per rispetto (bisogna dirlo), un po’ (e anche questo si deve confessare) per la bellezza poetica di questo passaggio che contiene la parola chiave che ci aiuta a comprendere perché, proprio durante il rito che celebriamo oggi, ci venga consegnata una candela: “luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele ”.
Anticamente, il tutto veniva celebrato il 14 febbraio – 40 giorni dopo l’Epifania. La prima testimonianza al riguardo, ci è data da Egeria, nella sua Peregrinatio. In questo caso, invece di confrontarci con il testo biblico, guarderemo – piuttosto – un rito pagano romano, ben noto ai tempi di Egeria. Possiamo ricorrere alla somiglianza del “rito del lucernario”, di cui parla Egeria: “Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima”, confronto inevitabile con le antiche fiaccolate rituali che già si facevano nei cosiddetti “Lupercali”, antichissima festività romana che si celebrava proprio a metà febbraio.
Fu papa Gelasio I (492-496), ad ottenere dal Senato l’abolizione di una festa pagana come i “Lupercali”. Così, fu sostituita tale festa, con quella prettamente cristiana, detta – appunto – della Candelora. Giustiniano, nel VI secolo – come attestano alcune fonti – anticipò la data al 2 febbraio, il giorno che conosciamo e celebriamo ancora nei nostri Tempi.
C’è un particolare, per nulla trascurabile, che riguarda la “Candelora”. Dobbiamo fare una precisazione “storica” e di “nominazione” – e allo stesso tempo di “contenuto” – della festa.
In questo caso, ricorriamo ancora una volta, alla tradizione ebraica del “post-partum” di Maria. C’era sì la presentazione del primogenito al Tempio, ma va detto anche che la donna che aveva partorito doveva essere purificata del sangue mestruale – secondo la stessa legge di Mosè – indipendentemente dal fatto che il nuovo nato fosse il primogenito o no. L’impurità durava 40 giorni se il figlio era maschio e 66 giorni se era femmina.
Per questo motivo, la festa era chiamata – prima della riforma liturgica messa in atto dal Concilio Vaticano II – “Festa della purificazione di Maria”, e non “della Presentazione di Gesù al Tempio”.
Questa festa chiude il tempo di Natale. Con l’offerta della Vergine Maria, e la profezia di Simeone, apre il cammino verso la Pasqua, che non può non considerarsi che una festa di luce, appunto.
Antonio Tarallo
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