Nella periferia di Abano Terme, sui Colli Euganei, si trova un famoso santuario mariano, che da oltre cinque secoli, in seguito ad una apparizione della Vergine, è luogo di conversione: è il santuario della Madonna della Salute di Monteortone, artistico monumento di fede, che consacra alla Madre di Dio questo fortunato tratto di terra veneta, prodigiosamente visitata e miracolosamente benedetta dalla materna assistenza di Maria.
Nel 1428, un certo Pietro Falco, uomo d’arme, reduce da molte battaglie, a seguito di ferite riportate che gli rendevano faticosa l’articolazione degli arti inferiori, si recò a Monteortone su consiglio di amici e di medici in cerca di salute o, almeno, di un po’ di ristoro. Un uomo che credeva in Dio, avendone sperimentata la speciale protezione nelle azioni belliche in cui più volte solo il miracolo gli scongiurò la morte; era solito ritirarsi in preghiera presso un boschetto sotto quel colle. La cura, da tempo iniziata, non dava alcun risultato.
Non volle disperare. Si rivolse a Dio con fede. Dentro il boschetto, folto di verde, pieno del canto degli uccelli, gorgogliava l’acqua di una sorgente tiepida, ignorata e trascurata dagli abitanti del luogo. Qui ancora una volta Pietro si ritirò a pregare. La meditazione si tramutò in estasi, in visione. Come scesa dal monte, una nube luminosa coprì il boschetto e lasciò apparire la bianca figura della Vergine che così parlò a Pietro:
“Va’, Pietro, e in questo fonte lavati che recupererai la sanità. Risanato, cerca nel fondo delle acque, perché sepolto tra i sassi troverai un quadretto con la mia immagine.
Manifesta a tutti, con la grazia ricevuta, il quadro ritrovato, dichiarando che questo luogo silvestre è sotto la mia protezione e che bramo per l’avvenire sia qui riverito il nome del mio santissimo Figlio e il mio. A conferma di quanto andrai loro dicendo, prendi un ramo d’ulivo di questo monte , simbolo di pace per il popolo padovano e di riconciliazione con Dio che, alle mie preghiere, perdonando i loro errori, si compiace sollevarli dal flagello presente (della peste). Prendi pure un ramo di quercia, simbolo di stabile e perpetua custodia che io voglio avere di questo luogo.
Il ramo di quercia, cingendotene il capo, si seccherà, per rinverdire toccandoti con esso il fianco. Il ramo di ulivo posto sul fianco si seccherà per rinverdire quando con esso di cingerai il capo”.
Pietro ubbidì e nel bagno le sue membra ripresero vigore e agilità. Recuperata così la salute, si ricordò delle promesse della Madonna. Frugò fra i sassi della fonte e, con non minore meraviglia scoprì il quadro, per niente rovinato dall’acqua termale, riproducente la Madre di Dio in atteggiamento squisitamente materno, con alla destra San Cristoforo martire e alla sinistra Sant’Antonio Abate.
La notizia del miracolo e dell’apparizione si divulgò presto tra i paesi del circondario euganeo; fece accorrere sul luogo curiosi e fedeli, sani e malati, contadini e nobili.
Ludovico Buzzaccarino, nobile padovano, ritirato sul vicino colle San Daniele per sfuggire dalla peste scoppiata in forma epidemica in città, volle accertarsi del fatto. Fu talmente impressionato dalla prodigiosità degli eventi che, dopo devota e prolungata venerazione alla sacra immagine, si fece subito tutore e consigliere di Pietro. Fece infatti collocare il quadro sopra un frassino perché fosse visibile a tutti. All’indomani egli stesso accompagnò Pietro Falco in città perché annunciasse ai rettori di Padova quanto la Vergine gli aveva rivelato. Il suo racconto, confermato dal fatto miracoloso, fece scomparire ogni diffidenza.
Ludovico Buzzaccarino venne personalmente incaricato di prendere cura del luogo e di provvedere alla custodia della fonte. Frattanto le promesse della Vergine andavano attuandosi: effettivamente il flagello della peste finì e la notizia del miracolo suscitò subito l’interesse sia dei Rettori padovani, sia del Doge di Venezia, Francesco Foscari.
Il fervore religioso fu tale che la Serenissima Repubblica di Venezia, con l’approvazione del vescovo di Padova, ritenne opportuno inviare prima due monaci e più tardi il frate agostiniano e priore, Simone da Camerino, il quale promosse la costruzione del santuario e dell’attiguo monastero degli agostiniani di Monteortone.
Intanto, si moltiplicavano le donazioni, tanto che la prima chiesa poté essere aperta al culto già il 28 agosto 1435, festa di sant’Agostino. Frate Simone da Camerino, dotto e santo, vide aumentare la comunità dei monaci “Eremiti di Monteortone”; e si prodigò per la pace, come è ricordato all’interno del santuario, in un’antica lapide, posta a perpetua memoria; per aver condotto in seguito le trattative con Francesco Sforza, signore di Milano, per conto del Doge, Francesco Foscari, che portarono alla pace di Lodi, siglata il 9 aprile 1454. Chi sia l’autore del primitivo progetto del complesso sacro non è dato sapere, ma in seguito vi furono aggiunte di Pietro Lombardo, Tullio Lombardo e Baldassarre Longhena. Le traversie subite nel tempo non consentono di individuare con certezza tali interventi.
Le spoglie di Frate Simone sono conservate in una tomba ai piedi dell’altare maggiore.
O Vergine Maria, madre di Gesù,
il Signore ti ha costituita madre nostra,
Fonte di Salute e di Grazia.
Perciò ci rivolgiamo a Te
con la fiducia di figli
e imploriamo la tua intercessione
materna.
O tenerissima madre nostra,
intercedi per noi dal Signore
la salute del corpo, la pace del cuore,
la consolazione della spirito
il perdono dei peccati.
Sii tu il sostegno della nostra
debolezza,
allontana ogni male,
dà vigore alla nostra fede,
dilata l’orizzonte della
speranza,
rendici attenti alle necessità
e sofferenze del prossimo.
O clemente, o pia, o dolce
Madre di Dio
Madre nostra, Maria.
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