Crispino da Viterbo, al secolo Pietro Fioretti (Viterbo, 13 novembre 1668 – Roma, 19 maggio 1750), è stato un religioso italiano, appartenente all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. È stato proclamato beato il 7 settembre 1806 da papa Pio VII e santo da papa Giovanni Paolo II il 20 giugno 1982.
Fra Crispino era veramente esigente con i religiosi, ma non era pessimista nei confronti dell’Ordine Cappuccino: reputava una grande grazia poter in esso servire Dio. Incontrando un fanciullo orvietano, Girolamo, figlio di Maddalena Rosati, gli prediceva che sarebbe stato cappuccino, cantarellandogli: “Senza pane e senza vino, fraticello di fra Crispino”. Il ragazzo si fece frate col nome di Giacinto da Orvieto e mori ancor chierico a Palestrina, appena ventunenne, nel 1749.
Vi sono poi degli aforismi adatti all’indole di fra Crispino. Con essi egli scherza allegramente su fatti e situazioni spesso penosi, con un inesauribile senso di humour: Il droghiere orvietano Francesco Barbareschi, tormentato dalla podagra, era da fra Crispino invitato lepidamente “a prender l’asta d’Achille, cioè la vanga, e faticare nella villa Crispigniana, chiamando così il suo orticello, ove seminava l’insalata e piantava gli erbaggi per i benefattori”.
Bruciante come una frustata in faccia, la risposta data ad un altro che gli chiedeva di esser guarito dallo stesso male: “Il vostro male è più di chiragra che di podagra, perché… non pagate chi deve avere: li vostri operai e servitori piangono…”. Alla principessa Barberini, che voleva veder guarito subito il figlio Carlo rispose: “Eh, non ti basta che guarisca nell’Anno Santo? …Eh, che vuoi pigliare il Signore per la barba? Bisogna ricevere da Dio le grazie quando lui le vuol fare”.
A Cosimo Puerini, dispiacente di dare in elemosina una fiasca di vino buono, Crispino dice: “Eh, che vuoi fare il sacrificio di Caino?”. Dopo che un cappuccino era scampato per miracolo alla morte nel tentativo di attraversare un fiume in piena, fra Crispino cantarellò: “Torbida si vede, torbida si lassa; son un gran matto, se si passa”.
A fra Crispino capitava spesso di dover parlare di se agli altri, per aiutarli a farsi sul suo conto un’idea più rispondente alla realtà. Diceva spesso: “Sono peggiore dei merangoli, da’ quali pure se ne ricava un poco di sugo, ma da me cosa vogliono ricavare?”. Per sottrarsi a lodi ed ammirazione, fra Crispino ricorreva spesso ad immagini e similitudini.
A chi gli diceva di non rovinare la minestra con l’assenzio rispondeva: “Ogni amaro tenetelo caro”, oppure “Questo assenzio se non è secondo il gusto, è secondo lo spirito”. A chi lo commiserava vedendolo camminare sotto la pioggia, diceva: “Amico, io cammino tra una goccia e l’altra”, oppure tirava in ballo la sua “sibilla ” che gli teneva “l’ombrella sopra il capo” o gli portava le pesanti bisacce.
O Dio, che hai chiamato alla sequela di Cristo
il tuo servo fedele san Crispino
e, sul cammino della gioia,
lo hai condotto alla più alta perfezione evangelica;
per la sua intercessione e dietro il suo esempio
fa’ che pratichiamo costantemente la vera virtù,
alla quale è promessa la pace beata nel cielo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
AMEN
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