Finis Mundi

Oggi sono due anni dal rapimento di padre Maccalli: c’è ancora la speranza di riabbracciarlo

Padre Maccalli a 2 anni dal sequestro, potrebbe essere vivo

Questa sera una veglia di preghiera per don Gigi e tutti i missionari scomparsi…

Oggi sono due dal sequestro di padre Pierluigi Maccalli, il sacerdote, originario della diocesi di Crema, rapito due anni fa nella notte tra il 17 e il 18 settembre probabilmente da jihadisti del Mali o del Burkina Faso anche se finora non c’è stata nessuna rivendicazione.

L’ultima apparizione di padre Gigi risale ad un video del marzo scorso

, poi il silenzio.

Un missionario piccolo di statura ma grande di cuore che aveva in sé l’istanza dei poveri e dei malati, soprattutto i bambini del suo Niger“, dove era arrivato in missione dalla Costa d’Avorio prestando la sua opera nella parrocchia di Bomoanga, diocesi di Niamey. Così descrive padre Pierluigi Maccalli il suo superiore alla Società delle Missioni africane (SMA), padre Antonio Porcellato.

Dalla Farnesina ci dicono che questi rapimenti sono questioni lunghe e complesse” – ci racconta padre Antonio – “ma la comunità non ha mai smesso di pregare e sperare“.

Padre Pierluigi Maccalli

Il sequestro avvenne una settimana dopo il rientro di padre Gigi da un periodo di vacanze in Italia ed è proprio in Italia che, nella sua diocesi di Crema, ogni 17 del mese da due anni, una Messa, o come nel caso di questa sera, una Veglia

rimette nel cuore di Dio la sorte del missionario e di quanti come lui sono stati rapiti o sono scomparsi. E sono tanti.

La realtà dell’area del Niger e dei paesi confinanti, come Mali e Burkina Faso, è drammatica: la guerriglia – spiega padre Antonio – arruola i giovani con promesse di futuro e guadagni e minaccia le comunità cristiane . Dunque per i sacerdoti e le religiose si parla tra difficoltà e sofferenze, di “resilienza”.

L’ultimo a vedere padre Gigi in vita è stato il missionario indiano John Arokiya Dass prima del rapimento, ma da alcune voci, padre Antonio racconta di aver saputo che il missionario in prigionia sia riuscito a costruire un piccolo rosario con cui segna le sue giornate, “una cosa, dice, che ci rincuora tutti. Dio può tutto”.

Redazione Papaboys

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