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O Signore Gesu’, che hai voluto nascere miracolosamente da una Madre Vergine, concedi, Te ne preghiamo, che noi, i quali veneriamo il suo sacro cingolo, meritiamo di venir chiamati alle nozze celesti, rivestiti della veste nuziale e guarniti col cingolo della purezza.
Amen. Ave Maria!
La devozione alla Madonna della cintura nasce e si sviluppa all’interno dell’ambiente agostiniano. Per questo prima di addentrarci a scoprire l’origine e il significato storico e spirituale di questa devozione è interessante analizzare, pur per sommi capi il pensiero che il grande agostino ha sulla Vergine Maria.
Dobbiamo innanzitutto dire che Agostino non ha mai composto alcuna opera sul tema di Maria.
Ma possiamo trarre un suo pensiero, mettendo insieme gli elementi disseminati in alcune delle sue grandi opere. Ci accorgiamo allora come di volta in volta affiora la figura di Maria. In questo incontro non potendo analizzare le varie e profonde riflessioni che il grande Agostino dedica alla vita e alla figura di Maria, ne approfondiremo solo due, per la loro bellezza e la vicinanza alle feste natalizie ormai vicine. Tratteremo dunque della maternità divina di Maria e della sua verginità perpetua.
Il primo accenno di Agostino su Maria si trova nel “De Genesi contra manicheos” e costituisce un’autentica perla della tradizione ecclesiale. Agostino commenta Genesi 2,6: “Una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo”. Il Santo dottore vede in questa sorgente che zampilla, lo Spirito Santo e nella faccia della terra che viene irrigata la Vergine Madre del Signore. Tale è Maria nell’interpretazione agostiniana: la dignità della terra, cioè la nobiltà e la bellezza della natura umana, sottratta a qualsiasi inquinamento mediante una concezione e un parto verginale.
In un’altra opera di Agostino, dedicata al Vangelo di Giovanni, il Santo tratta della Maternità della Vergine. Per Agostino la Maternità di Maria sta alla base di tutta l’economia salvifica. È una prospettiva di grande interesse perché valorizza i corpi di Gesù e di Maria nella loro concretezza biologica. Gesù ha avuto una Madre, senza la quale neppure la sua opera redentrice di lui avrebbe consistenza. La maternità di Maria è indicativa della vera incarnazione del Figlio. Agostino insiste sull’importanza di Maria come madre biologica del Signore. Mettere in forse tale ruolo, dichiarando falsa, cioè inesistente la madre sarebbe svuotare il mistero pasquale di ogni forza salvifica.
Infatti dice Agostino: “Se la madre fosse fittizia, sarebbe fittizia anche la carne e fittizia anche la morte, fittizie le ferite della passione, fittizie le cicatrici della risurrezione, e quindi non sarebbe la verità a liberare quelli che credono in lui, ma la falsità”. Ma, Agostino riconosce anche che la grandezza di Maria non è legata solo alla sua maternità fisica, ma al suo essere discepola del Signore. “S. Maria fece la volontà del Padre e la fece interamente; e perciò vale di più per Maria essere stata discepola di Cristo anziché madre di Cristo”.
Agostino chiama Maria madre della debolezza di Cristo. Maria infatti non è madre della divinità di Cristo, ma madre di lui, secondo la natura umana da lei generata. Maria dunque non è la genitrice della gloria di Cristo ma della sua condizione umana di debolezza e mortalità che però si cambierà in potenza salvifica nell’ora della croce. Agostino con questa affermazione unisce l’incarnazione e il mistero pasquale.
Maria dunque era madre della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che assunse per noi. Ora il miracolo che egli stava per compiere era opera della sua divinità, non della sua debolezza: egli operava in quanto era Dio, non in quanto era nato debole.
Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini. Commentando la frase evangelica nelle nozze di Cana: “Non è ancora giunta la mia ora” Agostino dice che l’intento del Signore era quello di far capire alla Madre che quello che compie il miracolo, cioè Dio, non è stato da lei generato, ma siccome lei ha generato la sua debolezza, allora Cristo la riconoscerà quando penderà dalla croce.
La croce è dunque il luogo di un appuntamento per Maria quando il Figlio la riconoscerà come Madre.
Sulla croce Cristo riconobbe la Madre, lui che da sempre la conosceva. La riconobbe nell’ora in cui stava morendo ciò che ella aveva partorito. Non moriva infatti quel verbo attraverso il quale Maria era stata creata, ma la carne che Maria aveva plasmato. Non moriva Dio che è eterno, ma la carne che è debole. La Maternità di Maria ci fa allora comprendere il mistero dell’incarnazione che è saldato al mistero della redenzione. Maria madre di Cristo uomo – Dio dona al mondo colui che nella sua spogliazione ci ha salvato dal male e dalla morte. È un cammino che da Betlemme ci porta al calvario e al Sepolcro vuoto.
Maria è dunque Madre del Signore, oggi diciamo Madre di Dio, titolo a lei attribuito dal Concilio di Efeso nel 431, Concilio al quale Agostino non può partecipare perché morì un anno prima. La riflessione di Agostino presenta un’altra importante novità per la Chiesa occidentale. Egli infatti è il primo autore latino, a parlare del voto di verginità di Maria prima ancora dell’annunciazione.
Nella sua opera “De Sancta Virginitate”, Agostino presenta Maria quale modello delle vergini cristiane e della Chiesa intera. Egli mostra che la verginità di Maria non fu per lei un’imposizione, ma una libera scelta. Cosi Agostino interpreta le parole che Maria dice all’angelo nel momento dell’Annunciazione: “Come è possibile se io non conosco uomo?” certamente, non si sarebbe espressa in questo modo se non avesse fatto scelta di rimanere vergine per consacrarsi totalmente al servizio di Dio.
Come spiegare allora il suo fidanzamento con Giuseppe? Anche a questo Agostino cerca di dare una risposta. Maria infatti si scelse, come ci è raccontato un uomo giusto. Torniamo all’obbiezione di Maria. Nella lingua greca, il termine “Non conosco uomo” formulato al presente indicativo, indica un azione continuata, non momentanea o episodica. Questo è possibile solo se pensiamo che i due abbiano deciso insieme, dopo il loro matrimonio, di vivere ambedue in verginità.
Ovviamente Giuseppe doveva essere d’accordo con lei, altrimenti il matrimonio diveniva assurdo. Proprio questi sentimenti di totale consacrazione a Dio, ispirati a Maria e a Giuseppe, guideranno le scelte di Gesù e degli apostoli e apriranno i tempi nuovi della verginità consacrata all’interno della Chiesa. Maria dunque diventa madre e modello della Chiesa che è sposa e vergine e Madre nello stesso tempo.
Per Agostino la vergine Maria ha preceduto come figura la Chiesa. Come Maria ha partorito Cristo nella Verginità cosi anche la Chiesa è chiamata a partorire Cristo rimanendo vergine. La verginità della Chiesa consiste nella santità integrale, nella purezza e nella totale consacrazione al mistero di Cristo al quale essa per vocazione è chiamata. Questo è vero anche per noi. Ciascuno di noi, anche se sposato, è comunque chiamato a vivere la santità e la sua totale consacrazione a Cristo. In questa immagine si colloca la figura di Maria, Madonna della Cintura e di coloro che sono stato chiamati “i Cinturati”, legati cioè a lei nell’esempio di una vita fatta dono attraverso la preghiera e la penitenza.
Riguardo la devozione alla Madonna SS. della Cintura vi sono due diverse tradizioni. La prima racconta che l’apostolo Tommaso, giunto troppo tardi a Gerusalemme per assistere alla morte della Madonna, fece aprire il sepolcro per contemplare le spoglie della Madre di Dio; di Maria però trovò solo la cintura che divenne oggetto di speciale venerazione nella cristianità.
La seconda tradizione, invece, riconduce l’origine del culto a Santa Monica, madre di Sant’Agostino desiderosa di imitare Maria anche nel modo di vestire. Questa tradizione, la riprendiamo dal Manuale di Filotea di G. Riva. «La madre di S. Agostino. S. Monica. Fatta vedova del suo consorte Patrizio, e risoluta di imitare Maria SS. ma anche nell’abito, la pregò di farle conoscere come avesse vestito nei giorni della sua vedovanza, specialmente dopo l’Ascensione di Cristo al cielo. La B. Vergine non tardò a compiacerla. Le apparve poco dopo coperta di un’ampia veste che dal collo le andava ai piedi. ma di stoffa così dozzinale, di taglio così semplice, di colore oscuro che non saprebbe immaginare abito più dimesso e penitenziale. Ai lombi era stretta da una rozza cintura di pelle che scendeva fin quasi a terra, al lato sinistro della fibia che la rinfrancava. Indi slacciandosi di propria mano la cintura, la porse a S. Monica, raccomandandole di portarla costantemente, e di insinuare tale pratica a tutti i fedeli bramosi del suo speciale patrocinio. Il primo ad approfittarne fu Il figlio S. Agostino e da lui venne in seguito a diffondersi in ogni ceto di fedeli, specialmente per opera del benemerito Ordine Agostiniano, la cui regola, con poche modificazioni divenne comune a tutti gli ordini religiosi della vita attiva che furono più tardi istituiti. Ora siccome i Papi accordarono ai cinturati la partecipazione ai beni spirituali che sono propri dell’Ordine Agostiniano non che degli altri Ordini che dalla regola di S. Agostino presero la norma dei vivere religioso, è facile comprendere che non v’ ha sacro consorzio in cui possano godersi vantaggi maggiori di quelli che si godono dai devoti della Madonna della Cintura, tanto che a Pietro re d’Aragona supplicante Clemente X di qualche speciale indulgenza, non altro rispose che queste memorabili parole: Prendete la Cintura di S. Agostino ed avrete tutto quello che bramate.
Partecipare alla confraternita ed entrare in questo pio patrocinio, garantisce una particolare protezione da parte della Vergine. Numerosi sono i miracoli di guarigioni d’ogni morbo, di preservazione d’ogni offesa, e di conseguimento d’ogni genere di favori ottenuti con tale devozione . gli iscritti alla confraternita, mediante la fedele pratica di tutto quello che suggerito, sono chiamati a vivere una vita di penitenza di cui è simbolo la cintura, indicando con essa il disprezzo del mondo e di tutto ciò che allontana da Dio. I Cinturati sono inoltre invitati a festeggiare con solennità questa speciale devozione nella domenica successiva al giorno di S. Agostino, che è al 28 di agosto.
Per partecipare a tanti vantaggi si richiedono tre cose:
1) Farsi iscrivere regolarmente da chi ne ha la facoltà.
2) Portare costantemente la cintura, benedetta all’atto della iscrizione.
3) Recitare ogni giorno la corona di 13 Pater, il Credo, e una Salve Regina».
Di notevole interesse è quest’altra tradizione, che lega la cintura alla città di Prato dove il simulacro è molto venerato. Si partirebbe da una leggenda: verso la metà del IV secolo la Cintura trovata dall’apostolo Tommaso, si sarebbe trovata a Costantinopoli, ed i Greci celebravano la «festa della cintura della Madre di Dio» il 31 agosto. Nel 1205 da Costantinopoli passò in Francia, a Soissons, dove ben presto le venne tributato un grande culto. La si trova però anche a Monteserrat, a Notre-Dame di Parigi, a Chartres, ad Assisi ed a Prato. I Pratesi le sono particolarmente devoti per le grazie attribuitele e perché è sempre sfuggita alle mani dei «ladri e monaci» che tentavano di rubarla. Nel retro della pagellina di una «Scuola della B.V. della Cintura» troviamo segnalati, oltre all’iscrizione, i seguenti obblighi: «Recitare ogni giorno la corona, od almeno 13 Pater, 13 Ave e 1 Gloria (omessi nella Filotea), ed 1 Salve Regina». Nella corona vengono considerati i 12 articoli dei Credo, e nel 13′ la Cintura quale simbolo dell’umanità di Cristo Redentore. Ciascuno conclude con una invocazione alla Vergine. La devozione si colloca sulla linea degli scapolari e della Medaglia miracolosa.
Anche la Cintura venne ridotta a dimensioni simboliche.
Valgono per questa devozione le osservazioni fatte alle sunnominate. La forza sta nel segno e nella preghiera ripetuta e perseverante. Esiste pure una affinità con il Rosario in quanto la preghiera è legata alla considerazione dei misteri cristiani. Degno di nota il richiamo alla penitenza, e più precisamente alla rinuncia delle vanità nel vestire, e conseguentemente a tutte le altre. Titoli quanto mai validi per il nostro tempo e non più oggetto di predicazione.
La cintura nel mondo romano ed in questo contesto in particolare, aveva un valore simbolico ed indicava un legame di sottomissione che comportava una protezione da parte della Madonna nella forma del Patrocinio. La coroncina da recitarsi quotidianamente dai “cinturati” viene interpretata come l’umanità di Cristo che si è sacrificato per gli uomini. Nella iconografia classica questo episodio è abitualmente espresso da una scena che ritrae la Vergine, in alto, tra santa Monica e Agostino in atto di donare la propria cintura: la Madonna appare con il Bambino in braccio.
Spesso l’iconografia è molto simile a quella della Vergine del Rosario e la stessa Cintura si può confondere con il rosario. Come nel caso della Madonna di Pompei, anche la Vergine della Cintura viene sovente raffigurata fra due santi uno di sesso maschile e l’altro femminile. In alcune raffigurazioni l’appellativo di Madonna della Cintura compare assieme a quello di Vergine della Consolazione.
Auguro a tutti i membri della confraternita di intraprendere questo cammino nella totale fiducia a Maria, affinché a lei “stretti” possiamo accogliere il Signore nostro Gesù Cristo.
Don Marco Tarquini
Fonte www.basilicasantagostino.it
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