O Vergine, che sei la porta della vita, l’ingresso alla salvezza, la strada alla riconciliazione, Te, o Signora e Madre mia, scongiuro per la tua fecondità apportatrice di salvezza, di ottenere il perdono dei miei peccati e la grazia d’una vita retta.
O corte regale nella quale a tutti e’ concesso di riconciliarsi, o causa di tutte le riabilitazioni, o Signora colma e traboccante di grazie, da cui ogni creatura riprende la forza, purificami e salvami.
Amen. Ave Maria!
Il culto della Santa Protettrice di Foggia è senza dubbio avvolta dal mistero considerando che, fatto alquanto singolare, nessuno mai tra i fedeli ha potuto vedere l’immagine della Madonna dipinta sul tavolo ritrovato dai pastori intorno all’anno mille.
In verità, pare che l’immagine sia stata dipinta addirittura dall’Evangelista Luca, portata da Costantinopoli a Siponto nel V secolo d.C. e donata dal vescovo Lorenzo Maiorano alla città di Arpi; successivamente sarebbe poi stata salvata da un contadino che l’avrebbe avvolta con drappi dal saccheggio della città e ritrovata nel famoso pantano.
Il ritrovamento miracoloso avvenne grazie a pastori che videro un bue inginocchiarsi dinanzi all’acquitrino: a quel volto dipinto sulla tavola fu dato il nome di Santa Maria in Focis, dove foce significherebbe palude.
Molto probabilmente il nome della nostra città deriva proprio da Focis, quel pantano su cui Roberto il Guiscardo fondò dapprima un borgo di pastori che intorno al culto del sacro tavolo si organizzarono in una più ampia comunità.
Il tavolo ritrovato nel pantano apparve ai pastori grazie anche a tre fiammelle che brillavano sull’acqua: in effetti il fenomeno poteva non essere necessariamente miracoloso, considerando la possibilità di sviluppo di fuochi fatui generati da gas che si producono su acque putride e stagnanti.
Molti sostengono che la Madonna di Montevergine sia simile a quella protettrice della città di Foggia ma accogliamo invece volentieri la teoria del dott. Antonio Cataldo Miscioscia che sostiene la non somiglianza tra le due: “Anzitutto Maria di Montevergine è una icona di tipo “ODIGHITRIA” avendo infatti essa seduta il bambino Gesù sulle ginocchia ed essendo ritratta di lato.
La nostra Madonna, invece, è un’icona di tipo “NICOPEIA” (colei che mostra la vittoria, dal greco antico), avendo infatti il bambino tra le braccia, all’altezza del petto ed essendo dipinta di fronte. Altra particolarità è che la Madonna dei Sette veli ha metà del volto dipinto oltre il quadro, la Madonna, dunque, “esce” per metà viso fuori dal quadro ed infatti la metà del viso dipinta oltre è ripiegata all’indietro tramite cerniere.
Queste cose le sostengo con l’assoluta certezza di chi ha avuto la fortuna di vedere una fotografia della Madonna durante il restauro eseguito nel 1980 prima di essere nuovamente ricoperta”.
La prima ricognizione del Sacro Tavolo dell’Iconavetere fu effettuata nel 1667 ad opera di Mons. Sebastiano Sorrentino, vescovo di Troia. Di questo avvenimento vi è come testimonianza un atto notarile risalente al 1680 rogato dal notaio foggiano Giuseppe Di Stasio riportanti le ultime volontà del canonico don Ignazio Fusco, arciprete della chiesa di San Tommaso Apostolo.
Tale documento, custodito presso l’Archivio di Stato di Lucera, parla proprio della ricognizione fatta di notte dal prelato accompagnato da due cappuccini per volere del vescovo di Troia. Il canonico sosteneva che, tolti i veli all’icona, gli apparve una tavola di cedro con l’immagine della Madonna sbiadita.
Nel documento non si fa menzione al numero di veli che avvolgono la Tavola per cui resta il mistero intorno al numero sette: si è detto dei drappi con i quali il pastore l’avrebbe protetta e nascosta dalla distruzione di Arpi, ma il numero sette potrebbe avere più un significato simbolico legato al numero dei Sacramenti o delle virtù cardinali o ancora dei vizi capitali.
Nel marzo del 1731, di notte intorno alle ore 3, Foggia fu distrutta da un terribile terremoto che causò circa 20.000 morti a causa dell’ora notturna e del fatto che molte abitazioni furono rase al suolo. Le cronache parlano anche di molta acqua che sgorgò dal sottosuolo a conferma del fatto che la città era stata costruita su di una zona paludosa. La cattedrale fu semidistrutta ed il sacro tavolo fu portato nella chiesa di San Giovanni Battista dove il volto della Vergine apparve per la prima volta dalla piccola finestra ogivale dell’icona.
Era il 22 marzo, giovedì santo e la gente, raccolta per la santa Messa, assistette al prodigioso evento. Si sparse la notizia dell’apparizione e molti furono coloro che vollero far visita alla Madonna dei Sette Veli e tra questi Sant’Alfonso Maria de’ Liguori che tra l’altro ebbe il privilegio di vedere la Madonna, giovinetta, con un velo bianco sul capo. Le apparizioni continuarono sino a tutto il 1745.
Nel 1782 la sacra immagine fu incoronata da papa Pio VII e alla chiesa fu attribuito il titolo di Basilica Minore. Ignoti ladri, il 6 marzo 1977 rubarono la corona d’oro ed il popolo foggiano si prodigò per l’acquisto di una nuova corona e così la vergine fu nuovamente incoronata il 22 marzo del 1982.
Durante i bombardamenti del 1943, il vescovo di Foggia, Mons. Farina, provvide a trasferire il sacro Tavolo presso la chiesa Collegiata della S.S. Annunziata di S.Marco in Lamis da cui tornò a Foggia subito dopo il conflitto.
La madonna dei Sette Veli viene portata in processione per le vie della città due volte all’anno, il 22 marzo (giorno della festa patronale) e il 15 agosto.
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