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Nulla ti turbi. 15 ‘pillole spirituali’ di Santa Teresa D’Avila

Nulla ti turbi. 15 ‘pillole spirituali’ di Santa Teresa D’Avila

Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia. La pazienza ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio basta! Il tuo desiderio sia vedere Dio, il tuo timore, perderlo, il tuo dolore, non possederlo, la tua gioia sia ciò che può portarti verso di lui e vivrai in una grande pace.

Nata nel 1515, fu donna di eccezionali talenti di mente e di cuore. Fuggendo da casa, entrò a vent’anni nel Carmelo di Avila, in Spagna. Faticò prima di arrivare a quella che lei chiama la sua «conversione», a 39 anni. Ma l’incontro con alcuni direttori spirituali la lanciò a grandi passi verso la perfezione. Nel Carmelo concepì e attuò la riforma che prese il suo nome. Unì alla più alta contemplazione un’intensa attività come riformatrice dell’Ordine carmelitano. Dopo il monastero di San Giuseppe in Avila, con l’autorizzazione del generale dell’Ordine si dedicò ad altre fondazioni e poté estendere la riforma anche al ramo maschile. Fedele alla Chiesa, nello spirito del Concilio di Trento, contribuì al rinnovamento dell’intera comunità ecclesiale. Morì a Alba de Tormes (Salamanca) nel 1582. Beatificata nel 1614, venne canonizzata nel 1622. Paolo VI, nel 1970, la proclamò Dottore della Chiesa.

Ecco le frasi che abbiamo scelto per ricordarla!

– Meno si possiede, più si è liberi da preoccupazioni, e il Signore sa che mi pare di avere maggiore pena quando le elemosine abbondano che non quando ci mancano.

– La povertà è un bene che racchiude in sé tutti i beni del mondo; ci assicura un gran dominio, intendo dire che ci rende padroni di tutti i beni terreni, dal momento che ce li fa disprezzare.

– Qui può intervenire la vera umiltà, in quanto questa virtù e quella della rinuncia a se stessi mi pare che vadano sempre insieme: sono due sorelle che non bisogna mai separare.

– Quello a cui possiamo far ricorso, figlie mie, lasciatoci da Sua Maestà, è l’amore e il timore. L’amore ci farà accelerare il passo, il timore ci farà guardare dove mettiamo i piedi, per non cadere lungo un cammino percorrendo il quale tutti noi che viviamo quaggiù incontriamo tanti inciampi.

– Appena vi comunicate chiudete gli occhi del corpo e aprite quelli dell’anima per fissarli in fondo al vostro cuore, dove il Signore è disceso.

– La porta del castello è l’orazione. Pretendere di entrare in cielo senza prima entrare in noi stessi per meglio conoscersi e considerare la nostra miseria, per vedere il molto che dobbiamo a Dio e il bisogno che abbiamo della sua misericordia, è una vera follia.

– Le anime senza l’orazione sono come un corpo storpiato e paralitico che ha mani e piedi, ma non li può muovere.

– Vorrei far comprendere che l’anima non è il pensiero e che la volontà non è governata dall’immaginazione. Sarebbe una grave sventura se lo fosse. Ne viene, quindi, che il profitto dell’anima non consiste nel molto pensare, ma nel molto amare.

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– Dobbiamo ritrovarci in noi stesse anche in mezzo alle occupazioni, essendoci sempre di gran vantaggio ricordarci di tanto in tanto, sia pure di sfuggita, dell’Ospite che abbiamo in noi, persuadendoci insieme che per parlare con Lui non occorre alzare la voce. Se ne prenderemo l’abitudine Egli si farà sentire presente.

– Sapevo benissimo di avere un’anima, ma non ne capivo il valore, né chi l’abitava, perché le vanità della vita mi avevano bendati gli occhi per non lasciarmi vedere. Se avessi inteso, come ora, che nel piccolo albergo dell’anima mia abitava un Re così grande, mi sembra che non lo avrei lasciato tanto solo,
ma che di quando in quando gli avrei tenuto compagnia, e sarei stata più diligente per conservarmi senza macchia.

– Buon mezzo per mantenervi alla presenza di Dio è di procurarvi una sua immagine o pittura che vi faccia devozione, non già per portarla sul petto senza mai guardarla, ma per servirvene e intrattenervi spesso con Lui; ed Egli vi suggerirà quello che gli dovete dire.

– La visione di nostro Signore e la continua conversazione che avevo con Lui aumentarono di molto il mio amore e la mia fiducia: comprendevo che se è Dio, è anche Uomo, e che come tale non solo non si meraviglia della debolezza umana, ma sa pure che questa nostra misera natura va soggetta a molte cadute, causa il primo peccato che Egli è venuto a riparare.

– Benché sia Dio, posso trattare con Lui come con un amico. Non è Egli come i signori della terra che ripongono la loro grandezza in un esteriore apparato di autorità.

– Vedete in Gesù Cristo un padre, un fratello, un maestro, uno sposo e trattate con lui secondo queste diverse qualità ed egli stesso vi farà capire quale gli piace di più e quale quindi voi dovete scegliere. Non siate così sciocchi da farne a meno.

– Nostro Signore chiede e ama anime coraggiose, per quanto umili. Nella vita spirituale occorre intraprendere grandi cose.

– La somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori, nei grandi rapimenti, nelle visioni e nello spirito di profezia, bensì nella perfetta conformità del nostro volere a quello di Dio, in modo da volere anche noi, e fermamente, quanto conosciamo che Egli vuole, accettando con allegrezza tanto il dolce che l’amaro,
quando in questo è il Suo volere.

– Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima Umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.

Redazione Papaboys

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