“Possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile”. Lo ha detto Papa Francesco nel discorso rivolto stamani durante l’udienza ai partecipanti alla 68.ma Settimana Liturgica Nazionale.
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Circa 800 le persone presenti in Aula Paolo VI, che da lunedì ad oggi hanno preso parte all’incontro promosso dal CAL, il Centro di Azione Liturgica nato 70 anni fa. Il Papa ripercorre questo arco temporale partendo dall’evento sorgente della riforma liturgica, il Concilio Vaticano II, con alcuni riferimenti anche precedenti. E ricorda che la liturgia è “viva” ed è “vita”, cioè deve essere “popolare” e non “clericale”, inclusiva, fautrice di comunione con tutti pur senza omologare. Non è un rito ma un’esperienza che cambia la vita.
Per Francesco “oggi c’è ancora da lavorare” nella direzione indicata dal Concilio superando “letture infondate e superficiali, ricezioni parziali e prassi” che sfigurano la stessa riforma liturgica. “Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte” ma di “conoscerne meglio le ragioni sottese” e di “osservare la disciplina che la regola”. “Dopo questo magistero, dopo questo lungo cammino possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile”, sottolinea con chiarezza il Santo Padre.
“Una Liturgia viva per una Chiesa viva”: è stato il cuore della riflessione della Settimana Liturgica Nazionale. Traendo spunto da qui, Papa Francesco ricorda, quindi, che la liturgia è “viva” per la presenza reale del mistero di Cristo. “Ciò che definisce la liturgia è infatti l’attuazione del sacerdozio di Cristo”, l’offerta della sua vita. Tra i segni visibili, l’altare “segno di Cristo pietra viva”, “centro verso cui nelle nostre chiese converge l’attenzione”, che quindi viene unto con il crisma e verso cui si orienta lo sguardo di sacerdote e fedeli.
La liturgia è poi “vita” per tutto il popolo della Chiesa ed è “popolare” e non “clericale” perché è anche un’azione del popolo: è azione di Dio verso il suo popolo ma anche azione del popolo che loda Dio e lo ascolta. La Chiesa quindi raccoglie tutti senza scartare nessuno, piccoli e grandi, “giusti e peccatori”. La liturgia è, infatti, “inclusiva e non esclusiva”, “fautrice di comunione con tutti senza tuttavia omologare” e chiama ciascuno ad edificare il corpo di Cristo.
E la liturgia, infine, è “vita”, sottolinea il Papa, nel senso che non è un’idea da capire o un rito da compiere ma un’esperienza da vivere cioè che trasforma il modo di vivere e di pensare. C’è una bella differenza fra “dire che Dio esiste e sentire che Dio ci ama, così come siamo, adesso e qui”, così i riti e le preghiere diventano “una scuola di vita cristiana”.
La Chiesa, quindi, “è davvero viva se, formando un solo essere vivente con Cristo, è portatrice di vita, è materna, è missionaria, esce incontro al prossimo, sollecita di servire senza inseguire poteri mondani che la rendono sterile”, conclude Papa Francesco traendo le fila del suo discorso.
Infine, la ricchezza della Chiesa, in quanto “cattolica”, va oltre il Rito Romano, che pur essendo il più esteso, non è il solo. L’armonia delle tradizioni rituali d’Oriente e di Occidente dà, infatti, voce all’unica Chiesa orante per Cristo.
Francesco ricorda anche che la lunga esperienza delle Settimane Liturgiche ha aiutato a “calare il rinnovamento liturgico nella vita delle parrocchie, dei seminari e delle comunità religiose”. Francesco chiede, quindi, al Centro di Azione Liturgica, presieduto da mons. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta, di continuare in questo impegno , cioè ad aiutare i ministri ordinati cosi cantori, artisti e musicisti a cooperare perché la liturgia sia “fonte e culmine della vitalità della Chiesa”. Il CAL, infatti, si è sempre distinto per la cura alla pastorale liturgica, nella fedeltà alle indicazione della Sede Apostolica come dei Vescovi.
Prima di queste indicazioni concrete, Papa Francesco si era soffermato sulla fonte della riforma liturgica, il Concilio peraltro ad essa direttamente legato. Due eventi, ha detto, non fioriti improvvisamente “ma a lungo preparati”, come testimonia il movimento liturgico e le risposte date, dai Papi Pio X e Pio XII, ai disagi percepiti. Pio X dispose, infatti, un riordino della musica sacra, il ripristino celebrativo della domenica e istituì una commissione per la riforma della liturgia. Un progetto ripreso da Pio XII con l’Enciclica Mediator Dei e l’istituzione di una commissione di studio e prese decisioni, tra le altre, anche sull’uso della lingua viva nel Rituale e sulla Veglia Pasquale.
Poi venne il Concilio Vaticano II che, con la Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, rispondeva alla speranza di rinnovamento, al desiderio di “una liturgia viva” perché i fedeli non assistessero come “muti spettatori” ma partecipassero all’azione sacra attivamente.
“La direzione tracciata dal Concilio trovò forma, secondo il principio del rispetto della sana tradizione e del legittimo progresso nei libri liturgici promulgati dal Beato Paolo VI”, “ormai da quasi 50 anni universalmente in uso nel Rito Romano”, ha ricordato nel discorso ai partecipanti alla 68.ma Settimana Liturgica Nazionale. L’applicazione pratica è ancora in atto perché – ricorda il Papa – “non basta riformare i libri liturgici per rinnovare la mentalità”. E’ stato quindi innestato un processo che richiede tempo e obbedienza pratica.
Fonte it.radiovaticana.va/Debora Donnini