Res Publica et Societas

Ombrellone e politica. Dal moito al Credo (Salvini), il non fascismo (Meloni) e il pastrocchio del Pd

Vi avevamo detto, cari amici lettori di Papaboys 3.0 che ci avrebbero tediato durante l’estate, e fin sotto l’ombrellone: ecco la politica italiana che cerca una speranza di credibilità, presentarsi a raffica, sui media, sui social, per le strade e, appunto, sulle spiagge.

E’ un gran baraccone, senza coerenza, da tutte le parti. Proviamo a capire che c’è di nuovo…

Salvini: “Il mio Credo è laico, la vita è da preservare sempre”

Come indicato nel manifesto della Lega, il Credo è “un atto di fede laica, non in un ‘Chi’, ma in un ‘qualcosa’. Ovviamente questi valori vanno poi vissuti coerentemente”.

A chiarirlo è il leader del Carroccio, Matteo Salvini, in una lettera al quotidiano dei vescovi, Avvenire, sottolineando che in ogni caso “credo nel valore della vita, da preservare dall`inizio alla fine”. Salvini ribadisce quindi che “in una società liquida, sfiduciata, corrosa di relativismo, e infine sempre negativa è importante tornare a ‘credere’ in qualcosa”.

Dal moito al Credo, il passo di Salvini

Tajani: la Meloni con il fascismo non c’entra nulla

“Quella sul simbolo di FdI è la tipica discussione inconcludente da teatrino della politica. Giorgia Meloni non ha nulla a che fare con il fascismo: se così non fosse non potremmo essere alleati”. Lo dice il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani.

Il lavoro di Conte (o lavorio?)

Il leader M5s Giuseppe Conte lancia un’altra proposta elettorale: quella di ridurre l’orario di lavoro “a parità salariale”. E spiega che si tratta di “un tema forte: possiamo partire da quattro ore di riduzione sulle 40 settimanali”. Conte chiarisce quindi che “ne discuteremo: non va fatto contro le imprese, ma su base volontaria. L`idea è sperimentare questa norma nei settori a più alta componente tecnologica”.

“Tutti gli studi in materia – dice Conte in un’intervista a La Stampa, ricordando anche la prima proposta in materia avanzata da Fausto Bertinotti – dimostrano che non è vero che più si lavora e più si è produttivi: oltre una certa soglia la produttività non migliora affatto, anzi. In Italia ci ritroviamo con una media di ore lavorate all’anno che è la più alta in Europa: noi siamo a circa 1.723 ore l`anno, in Germania a 1.356 e hanno una produttività molto più elevata”.

Il ‘gran calderone’ del Pd

C’è chi la legge come la vendetta postuma contro gli ex fedeli di Matteo Renzi, rimasti dentro al Pd. Chi invece  – scrive Repubblica – la vede come una scelta sofferta ma obbligata, perché di posti in lista, alle elezioni settembrine, ce ne sono davvero pochi. Chissà. Di certo c’è che Luca Lotti nel listone non c’è, lui che a lungo è stato uno dei principali esponenti del Giglio magico renziano.

Se il segretario Dem ieri aveva un peso sul cuore, oggi Lotti si è subito alleggerito, togliendosi dalla scarpa un bel po’ di sassolini: “Il segretario del mio partito ha deciso di escludermi dalle liste per le prossime elezioni politiche – scrive su Facebook l’ex sottosegretario, esponente di Base riformista, la corrente che si è astenuta in direzione sul voto per le liste – Mi ha comunicato la sua scelta spiegando che ci sono nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere ben capito se si riferiva a quelli che fino a pochi mesi fa sputavano veleno contro il Pd e che oggi si ritrovano quasi per magia un posto sicuro nelle nostre liste. Non lo so. Ma così è”.

Un post lungo quello di Lotti: “Ho sempre agito per il bene del mio territorio e del mio partito. Non ho condiviso la scelta di tanti amici nel 2019 di uscire dal Pd e anche grazie a quella decisione (mia e di Lorenzo Guerini che ringrazio per il lavoro da ministro e per aver guidato con me i riformisti) il partito democratico è rimasto presente in parlamento dove, lo dicono i numeri, rischiava invece di sparire. Ecco perché fa male in queste ore ascoltare inutili polemiche e fake news sulle motivazioni della mia mancata ricandidatura: la scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche”.

 

 

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