E da Seattle Amanda Knox, informata dell’assoluzione, ha trasmesso la sua felicità ai difensori Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova. “Sono enormemente sollevata e grata per la decisione della Cassazione italiana”, ha detto, sottolineando che “la consapevolezza della mia innocenza mi ha dato la forza nei tempi piu’ bui di questo calvario”, in cui “ho avuto l’inestimabile sostegno della mia famiglia, degli amici e di sconosciuti”. L’urlo di gioia dell’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Sollecito, alla lettura della sentenza ha ricordato quello che lei stessa fece in occasione dell’assoluzione di Giulio Andreotti, che pure difendeva. “E’ stata una battaglia durissima, era pacifico che Sollecito è innocente, e questa Cassazione ha avuto il coraggio di affermarlo”. Arline Kercher, madre di Meredith Kercher, dal canto suo, si è detta “sorpresa e molto scioccata”. Di tono dimesso anche il commento dell’avvocato Francesco Maresca, difensore della famiglia Kercher. “E’ una verità difficile da digerire per la famiglia, per noi che l’abbiamo difesa e per i giudici che hanno emesso i verdetti di condanna”. “Evidentemente avevamo ragione noi”, ha commentato Claudio Pratillo Hellmann, presidente della Corte d’assise d’appello di Perugia che nel 2011 assolse Amanda e Raffaele; mentre il sostituto procuratore generale di Perugia Giancarlo Costagliola ha detto di essere “curioso di leggere le motivazione della sentenza. “Prendo atto della sentenza – ha detto il magistrato – e ho il massimo rispetto per le decisioni della Corte”. La vicenda dell’omicidio di Meredith Kercher si chiude, dunque, con un unico punto fermo: riguarda Rudy Guede, il solo degli imputati che ha scelto il rito abbreviato e definitivamente condannato a 16 anni di reclusione. L’ivoriano ha da subito ammesso la sua presenza nella villetta del delitto, affermando però di essere stato in bagno mentre la Kercher veniva uccisa da altre due persone. Guede ha poi sostenuto più o meno espressamente che in casa c’erano Sollecito e la Knox.
E da Seattle Amanda Knox, informata dell’assoluzione, ha trasmesso la sua felicità ai difensori Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova. “Sono enormemente sollevata e grata per la decisione della Cassazione italiana”, ha detto, sottolineando che “la consapevolezza della mia innocenza mi ha dato la forza nei tempi piu’ bui di questo calvario”, in cui “ho avuto l’inestimabile sostegno della mia famiglia, degli amici e di sconosciuti”. L’urlo di gioia dell’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Sollecito, alla lettura della sentenza ha ricordato quello che lei stessa fece in occasione dell’assoluzione di Giulio Andreotti, che pure difendeva. “E’ stata una battaglia durissima, era pacifico che Sollecito è innocente, e questa Cassazione ha avuto il coraggio di affermarlo”. Arline Kercher, madre di Meredith Kercher, dal canto suo, si è detta “sorpresa e molto scioccata”. Di tono dimesso anche il commento dell’avvocato Francesco Maresca, difensore della famiglia Kercher. “E’ una verità difficile da digerire per la famiglia, per noi che l’abbiamo difesa e per i giudici che hanno emesso i verdetti di condanna”.
“Evidentemente avevamo ragione noi”, ha commentato Claudio Pratillo Hellmann, presidente della Corte d’assise d’appello di Perugia che nel 2011 assolse Amanda e Raffaele; mentre il sostituto procuratore generale di Perugia Giancarlo Costagliola ha detto di essere “curioso di leggere le motivazione della sentenza. “Prendo atto della sentenza – ha detto il magistrato – e ho il massimo rispetto per le decisioni della Corte”. La vicenda dell’omicidio di Meredith Kercher si chiude, dunque, con un unico punto fermo: riguarda Rudy Guede, il solo degli imputati che ha scelto il rito abbreviato e definitivamente condannato a 16 anni di reclusione. L’ivoriano ha da subito ammesso la sua presenza nella villetta del delitto, affermando però di essere stato in bagno mentre la Kercher veniva uccisa da altre due persone. Guede ha poi sostenuto più o meno espressamente che in casa c’erano Sollecito e la Knox.
Elementi che le difese di Sollecito e della Knox hanno ritenuto da subito non certi. Dando battaglia in particolare sull’attendibilità della prova genetica (il gancetto di reggiseno repertato dalla polizia scientifica dopo diversi giorni di sopralluoghi) e quella delle testimonianze, in particolare di Guede. Tesi accolte dai giudici d’appello perugini che hanno assolto i due giovani, rendendoli di nuovo liberi, con una sentenza poi però annullata dalla Cassazione e ribaltata in appello a Firenze con una nuova condanna.
Fonte. Ansa.it
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