Categorie: Caritas et Veritas

Omofobia e Adinolfi: il regime si difende

C’era una volta, nemmeno tanti anni fa (2008), in cui Marco Travaglio pubblicava un libro ossessionato dalla “legge-bavaglio” che, a suo dire, il governo Berlusconi stava per far approvare in Parlamento. Ora che anche Berlusconi è stato tolto di mezzo (tra sconfitte politiche, rifondazione del Milan e servizio in prova alla casa dei malati di Alzheimer) e con esso il suddetto timore di un “regime” di controllo dell’informazione, pare che a parlare di rischio di regime siano rimasti solo quegli esseri umani, (categoria alquanto ristretta), che le associazioni LGBTQI definiscono omofobi, antiabortisti, antiliberali, antieutanasisti, retrogradi, oscurantisti e via discorrendo. Non mi risulta (ma prego chiunque di segnalarmi, visto che la ricerca fatta è stata superficiale), che Travaglio e compagnia possano essere ricompresi in questa categoria e nemmeno che abbiano utilizzato la parola regime contro il progetto di legge Scalfarotto, le direttive e sollecitazioni dell’UE, i moniti dell’ONU, i modelli omosessualisti “import-export” anglo-americani, il mondo economico-finanziario che dona palate di miliardi al pianeta gay. Ma si sa: a rompere le uova nel paniere alla propaganda gay si rischia il linciaggio mediatico, il licenziamento, l’isolamento, il fallimento editoriale, il boicottaggio commerciale (oltre a Barilla e al manager Mozilla, segnaliamo anche Nintendo). Non sembra aver timore invece il signor Mario Adinolfi che con il suo libro da poco uscito in libreria “Voglio la mamma” sembra disturbare eccome il nuovo regime genderesco. E il coraggio di Adinolfi è apprezzabile se si pensa che proviene da quel centrosinistra che, forte dell’incetta di voti fatti alle elezioni europee, può essere la chiave per Scalfarotto e tutte le associazioni gay per la definitiva approvazione del progetto di legge su omofobia e transfobia.

Adinolfi, candidato alle primarie del Pd del 2008, ha appoggiato Matteo Renzi nella candidatura alle elezioni primarie per la premiership del centrosinistra, passando poi, alla vigilia delle elezioni politiche del febbraio 2013, a sostenere Scelta Civica. Nel febbraio scorso, ha pubblicato appunto il libro “Voglio la mamma”, in cui contesta i “falsi miti di progresso” (aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale, utero in affitto). Adinolfi è stato invitato a presentare il suo libro, all’interno di un dibattito sull’omofobia e sul ddl Scalfarotto, organizzato dal dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Roma Tre: Adinolfi ha scritto questo libro con l’obiettivo, tra gli altri, di elencare alcuni motivi a favore della famiglia tradizionale e naturale e contro le unioni civili e i matrimoni omosessuali, e di condannare una società che, con la scusa del progresso e dei diritti civili, ha aperto le porte alla legalizzazione dell’aborto e vuole fare altrettanto con utero in affitto ed eutanasia. Il titolo dell’incontro è stato ovviamente cambiato per evitare censure o problemi particolari (il titolo doveva essere “contro i matrimoni omosessuali”

) e un gruppo di giovani, riconducibile ad un coordinamento dei collettivi ha cercato di interrompere e boicottare l’incontro esponendo lo striscione ‘Fuori gli antiabortisti e gli omofobi dall’Università’. Pochi giorni prima, Adinolfi che, sta pubblicando un po’ alla volta sulla sua pagina facebook i singoli capitoli del libro, si è visto censurare proprio il capitolo 2 del libro intitolato “contro il matrimonio omosessuale”) commentando su facebook: “Facebook ha rimosso il capitolo 2 di Voglio la mamma (“Contro il matrimonio omosessuale”) dalle note del mio profilo dove sto pubblicando in lettura gratuita tutti i capitoli di VLM. Mi è stato inviato un messaggio in cui viene minacciata la chiusura del profilo. Io non conosco chi sia la persona che si incarica di fare queste valutazioni. Segnalategli comunque che la mia libertà di espressione non si tocca, è tutelata dalla Costituzione e ritengo gravissimo quel che è appena accaduto. I miei lettori devono poter leggere il mio libro gratis qui, ognuno si faccia la sua opinione e come è noto io non sfuggo né al dibattito né alle critiche. Ma la cancellazione di un capitolo di un libro viola i diritti costituzionali ed è un atto liberticida proprio di stagioni che non devono riproporsi in salsa edulcorata 2.0.”

Ha scritto, inoltre, sempre sul suo profilo poco dopo la contestazione: “Srotolando uno striscione imponente un gruppo di una dozzina di studenti ha cercato di impedire oggi il sereno svolgimento della presentazione di Voglio la mamma all’Università di Roma3. All’aula 7 della facoltà di giurisprudenza per fortuna gli organizzatori e gli studenti presenti si sono battuti affinché la presentazione avesse luogo secondo il programma stabilito. Alla fine abbiamo volentieri dato la parola ai contestatori, che in realtà non hanno contestato niente di quanto detto. Non avevano argomenti da opporre ai nostri. Avevano una pregiudiziale: “Un libro omofobo non deve entrare all’università, uno scrittore omofobo e antiabortista non deve parlare qui”. Sono rimasto abbastanza impressionato. C’è un salto di qualità nel contrasto agli argomenti che VLM incarna e alla visione antropologica che sostiene: per una fase c’è stato un tentativo di ignorare l’esistenza stessa del libro e dei suoi amici, poi si è passato ad un tentativo di derisione degli stessi. Vista l’inefficacia dei primi due mezzi, da qualche giorno si è passati alla manganellatura: segnalazioni massicce sui social network, la censura di Facebook al secondo capitolo di VLM (“Contro il matrimonio omosessuale”), oggi l’attacco alla libertà di pensiero nel tempio della libertà di pensiero che è l’università. I libertari si sono dimostrati per quel che sono: liberticidi o forse interessati a una sola libertà, la propria.

Non mi piace atteggiarmi a martire, avevo messo in conto anche qualche contestazione pesante al mio libro, ma pensavo che avremmo discusso del merito degli argomenti proposti, ci saremmo divisi in pro e contro il matrimonio omosessuale, in pro e contro l’utero in affitto, in pro e contro l’eutanasia. Invece, per la debolezza degli argomenti contrari a quelli sostenuti da VLM, nel merito nessuno vuole discutere. Provano a tapparci la bocca, a negare il nostro diritto di esprimerci. In grande striscione srotolato oggi all’Università faceva leggere un FUORI scritto in rosso dedicato a omofobi e antiabortisti: “Fuori gli omofobi e gli antiabortisti dall’università”,

firmato: Verso il Gaypride, coordinamento link. I contestatori non erano lì per ascoltare o confrontarsi. I contestatori erano lì per impedire la presentazione di VLM all’università. Noi abbiamo dato loro la parola. E li abbiamo ascoltati. La differenza è tutta lì. Noi non abbiamo nessun astio, nessuna ostilità preconcetta, ascoltiamo volentieri ogni argomento. Purtroppo non ce n’erano, solo confusione pasticciata e l’affermazione che il libro non doveva essere presentato. La distanza tra chi è aperto e chi è oscurantista, si è misurata. E in più: se la manganellatura è cominciata, vuol dire che VLM ha iniziato a dare fastidio sul serio. Bisogna continuare e io continuo […]”.

Dall’altra parte il coordinamento che ha contestato Adinolfi ha scritto sul suo sito “In un Paese dove viene quotidianamente negato il diritto all’aborto tramite l’obiezione di coscienza, dove gli omosessuali sono perennemente vittime di discriminazioni, dove all’amore tra persone che hanno pieno diritto di costruire una famiglia si antepone l’anacronistico vincolo del matrimonio tra uomo e donna e della famiglia “tradizionale”, noi studenti e studentesse, precari e precarie, ci indigniamo profondamente nel constatare come in un’università pubblica e laica si promuova un convegno, privo di contradditorio, che porta avanti posizioni discriminatorie, liberticide e retrograde. Pretendiamo che nei luoghi di formazione, dove dovrebbe essere veicolato un sapere critico e analitico, non siano legittimati a parlare, nè tantomeno invitati con il beneplacito del dipartimento, personaggi che con le loro posizioni attuano discriminazioni e negano diritti. La nostra risposta è la contestazione. Invitiamo quindi tutte e tutti ad essere presenti alle ore 11, nel Dipartimento di giurisprudenza di Roma tre, per far sentire la nostra voce e contrastare quella inaccettabile concezione dei diritti e della formazione. Rilanceremo l’appuntamento del Gay Pride del 7 giugno, giornata di conflitto sociale e terreno di rivendicazioni collettive. Rivendichiamo il diritto alla salute e all’aborto. Rifiutiamo ogni forma di omofobia, discriminazione e impianto eteronormativo. Pretendiamo una riforma complessiva del welfare, oggi legato ad un’impostazione familistica, per permettere a tutte e tutti di autodeterminarsi tramite diritti e tutele. Pretendiamo un’università realmente laica, inclusiva, accessibile a tutte e tutti, che promuova una formazione critica, analitica e plurale. Le sottolineature, il lettore ben capirà, sono le infondate affermazioni del coordinamento: bufale che già su questo sito e altri, anche non cattolici, si è provveduto ampiamente a smascherare. La più comica, oltre che tragica, è l’ultima: pretendono un’università laica, inclusiva, accessibile a tutte e tutti, critica, analitica e plurale. E Adinolfi lo escludiamo (fuori antiabortisti e omofobi!!!???) o lo includiamo? No, a lui l’università non è accessibile, non può parlare, come nemmeno fu accessibile la Sapienza a Benedetto XVI: uno che la ragione critica la sa usare bene a quanto pare, ma che, forse, non sarebbe riuscito “a promuovere la formazione critica, analitica e plurale” del coordinamento. Ma forse nella pluralità inclusiva del coordinamento c’è posto per censure ed esclusioni ad hoc. Pur non condividendo tutte le parti del libro di Adinolfi finora lette [1], ancora una volta è stata data prova di come sempre più a marce forzate tutte le lobbies lgbtqia e le varie realtà sociali, politiche ed economiche gay friendly stiano tentando con attacchi sempre più violenti di imporre un bavaglio alla libertà di espressione, di pensiero, di opinione (già i giornalisti ne stanno assaporando l’antipasto).

Concludo dall’inizio: nel libro “Regime”, scritto da Travaglio con Peter Gomez, vengono riportate nel retro di copertina le parole di Indro Montanelli “Oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa […]”. Ora che il paventato regime berlusconiano non fa più paura a nessuno, queste parole ci piacerebbe vederle applicate anche contro il regime lgbt. Nel terzo capitolo intitolato “l’aborto non è un diritto” l’Autore scrive che “O si ha un diritto di abortire sempre o non lo si ha mai. Io credo non lo si abbia mai. Va bene che una legge consenta di farlo, perché davanti a comportamenti sociali ormai invalsi non si risponde con l’oscurantismo della proibizione ricacciando alcune donne nello strazio ulteriore dell’aborto clandestino, ma non parlatemi di diritto. E la 194 applichiamola tutta, magari come stanno facendo in Spagna, tornando indietro dopo la sbornia di Zapatero che non ha portato bene alla sinistra iberica, che aveva pensato di innalzare la libertà delle donne consentendo anche alle minorenni di abortire senza informare i genitori o per qualsiasi ragione a qualcuno passasse in mente, entro cento giorni dal concepimento. Ora in Spagna rimane la libertà di scelta, ma per ragioni che abbiano un minimo di senso: stupro, gravi motivi di salute della madre, gravi malformazioni del feto”: che la 194 sia da applicare tutta sembra uno slogan già sentito altrove e che la scelta spagnola sia una soluzione al dramma dell’aborto non pare proprio la direzione auspicabile, giusto per usare un eufemismo. di Giampaolo Scquizzato

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