R. – Una Giornata ha un significato molto profondo e in particolare quest’anno, perché il 2014 che va a chiudersi è stato proprio l’anno che le Nazioni Unite hanno dedicato ai diritti del popolo palestinesi. Un significato, quindi, di altissimo livello geopolitico mondiale. Sappiamo che i conflitti che infiammano il Medio Oriente hanno proprio il loro “cuore” a Gerusalemme oggi e in tutta la Palestina e Israele.
D. – In cosa consistono gli appuntamenti della Giornata di solidarietà con il popolo palestinese a Lucca?
R. – La città è piena di mostre e di eventi culturali, che possono davvero aiutare la popolazione a prendere atto di questa situazione. Ma soprattutto, nella Giornata gli interventi saranno di grande livello. In particolare, il funzionario dell’Onu da Gerusalemme, Ray Dolphin, che rappresenterà proprio – attraverso una presentazione delle mappe – quella colonizzazione che è esattamente il nodo della pace e dell’attuale oppressione del popolo palestinese. Poi, ci sarà soprattutto anche il giornalista israeliano, Gideon Levy, che a Gerusalemme vive sotto scorta, perché teme le aggressioni di molte parti dell’opinione pubblica. La voce israeliana deve essere sempre non solo ascoltata, ma anche amplificata.
D. – Com’è cambiata la resistenza palestinese in questi anni?
R. – A Lucca, alla Giornata Onu per i diritti umani è presente il leader proprio della resistenza palestinese. Ma già Abu Mazen, all’ultima assemblea delle Nazioni Unite, aveva presentato nel suo discorso ufficiale proprio la scelta precisa della resistenza non violenza. Già i villaggi mettono in pratica questa resistenza, dal nord al sud dei Territori occupati. Una resistenza, quindi, che sceglie proprio di non usare più quell’arma del terrorismo, che purtroppo in alcuni momenti insanguina la città di Gerusalemme. E questo per ricordarsi che l’esasperazione è davvero arrivata ad un livello incontenibile.
D. – Sono stati fatti passi avanti sull’assistenza al popolo palestinese e sulla salvaguardia dei diritti umani?
R. – I passi che vengono fatti, anche ufficiali, sono importanti e in particolare quando le Nazioni Unite intervengono proprio per riconoscere per esempio il diritto del popolo di Gaza a non vivere sotto embargo. Ma questi pronunciamenti, questi passi avanti, immediatamente ricevono purtroppo un rifiuto da parte dello Stato di Israele, che purtroppo sembra davvero non scegliere questa strada degli accordi internazionali e questa precisa volontà della comunità internazionale di riconoscere – come hanno fatto ormai molti Paesi, anche europei – il diritto all’autodeterminazione e quindi la possibilità che nasca finalmente uno Stato di Palestina.
D. – Proprio in questi giorni, il parlamento francese sta discutendo una mozione per riconoscere la Palestina come Stato. Che peso può avere una decisione positiva sul piano internazionale?
R. – Sono decisioni che apparentemente non hanno un rilievo diretto, non influiscono direttamente nella situazione, ma sono simbolicamente gesti di rilievo importantissimo. Ricordiamoci quando l’anno scorso l’Unesco e l’Onu hanno ufficialmente ricordato al mondo che il popolo palestinese è una nazione, che ha diritto a vivere nel consenso dei popoli e delle nazioni per poter affermare questi diritti. Quindi, ci ritroviamo di fronte ancora una volta ai popoli della terra, in gran parte gli Stati Uniti, ma poi anche l’Europa, che cercano di sollecitare a fare decisamente un passo non solo verso la pace genericamente intesa, ma verso il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese.
Il link all’intervista audio originale:
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