“La famiglia è l’elemento naturale e fondamentale della società” ed essa “ha il diritto alla protezione della società e dello Stato”. Recita così la risoluzione approvata dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu, che comprende 47 Stati membri. Colpisce che a votare a favore della risoluzione siano stati tutti i Paesi africani e quelli arabi, la Russia, la Cina e il Venezuela. Contrari invece tutti gli Stati europei, fra cui l’Italia, gli Stati Uniti, la Corea e il Giappone e, fra i latino-americani, il Cile. Cosa significa questa spaccatura? Lo abbiamo chiesto a Carlo Cardia
professore di diritto ecclesiastico all’Università di Roma Tre:“E’ una risoluzione in perfetta linea con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Questa afferma che la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. Questa affermazione del 1948 fu fatta per difendere la famiglia dagli Stati totalitari e dal totalitarismo ed è ripetuta nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nei Patti sociali e civili del 1966, in tutte le Carte internazionali. Questo dovrebbe far riflettere: l’Europa, la culla dei diritti umani, vota contro i diritti umani, stabiliti dalla Dichiarazione più celebre della storia del mondo”.
Nel corso della travagliata approvazione sono falliti i tentativi di alcuni Paesi che hanno cercato di inserire nel testo un’apertura a varie forme di famiglia. Ancora Cardia:
“Quando questi Stati hanno cercato di fare un’apertura, hanno negato uno dei principi fondamentali dell’individualismo. La cultura individualista cosa dice? Lasciateci fare anche altri tipi di famiglia; noi non disturbiamo la famiglia tradizionale, sono cose diverse; noi vogliamo che siano affermati anche altri diritti. Dopo, la realtà è diversa, è opposta, perché si va a votare contro i diritti della famiglia naturale… Allora vuol dire che quando si reclamano i diritti di altri tipi di famiglie, si vogliono insidiare e negare i diritti della famiglia naturale. Questo è un ginepraio dal quale non si esce, perché è uno scontro a livello mondiale. Nessuno nega che si debbano affermare i diritti di altre formazioni sociali, ma che questi non giungano a negare i diritti della famiglia, che è brutto dire ‘tradizionale’, perché è una famiglia naturale”.
Il testo non implica per gli Stati membri alcun obbligo giuridico ma apre, anche con una tavola rotonda da tenersi nella prossima sessione, un dibattito sui modi per proteggere la famiglia. Sulla risoluzione approvata dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu, abbiamo chiesto un commento a mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio Onu di Ginevra:
“Nella tradizione cristiana e nella dottrina sociale della Chiesa, il matrimonio e la famiglia sono in linea con la legge naturale: nella natura la famiglia si identifica con l’unione stabile di un uomo e di una donna, in vista dei figli. Ci troviamo di fronte ad un bivio culturale: da una parte abbiamo la comprensione della famiglia che può funzionare come unità e, dall’altra, l’accento viene messo solo sugli individui. Quindi, mentre dobbiamo essere, lo Stato in particolare deve essere sensibile e attento a tutte le situazioni che si trovano nel suo contesto, bisogna riaffermare – e questo è il valore della risoluzione che è stata passata in questa 26.ma sessione del Consiglio dei diritti umani – l’importanza, per la società e per il bene dei figli in particolare, ma anche di tutti i membri della famiglia, della famiglia come una unità, come una cellula vivente della società”. A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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