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Opere Missionarie a Cuba: vitalità in mezzo a tanta miseria

Opere Missionarie a Cuba: vitalità in mezzo a tanta miseriaPovertà estrema e viva attività missionaria: sono due aspetti che caratterizzano Cuba, il Paese dove il disgelo con gli Stati Uniti fa sognare gli stranieri, ma lascia fuori il popolo e dove il prossimo settembre è attesa la visita del Papa. Ne parla al microfono di Gabriella Ceraso padre Castor Josè Alvarez Devesa che all’Assemblea generale delle pontificie opere missionarie in corso a Roma porta le attese di una chiesa giovane e bisognosa di sostegno . Sentiamo la sua testimonianza:

R. – Il popolo si domanda “cosa sarà di noi?”. Tanta gente vuole andarsene da Cuba. Non ci sono aperture per la gente. Continuiamo, quindi, a vedere il popolo in una grande sofferenza per mangiare, per riuscire a mangiare.

D. – C’è, dunque, preoccupazione per la realtà sociale, per quale sarà il futuro del popolo?

R. – Grandissima, grandissima. Lo Stato ha detto che ogni dollaro del salario di provenienza straniera equivarrà a due pesos per i cubani, quando un dollaro equivale a 20 pesos o più. Diciamo quindi che il 90% va allo Stato e il 10% al lavoratore. Il futuro, quindi, vede forse un lavoratore che guadagnerà un po’ di più, ma sempre senza libertà. Non si parla più di libertà per noi: si parla solo di possibilità per gli stranieri.

D. – L’arrivo del Papa, lei pensa possa significare qualcosa?

R. – Io penso di sì. Certamente ringrazio Papa Francesco. E’ una grande sfida per lui: andare a Cuba e non essere lontano dal popolo sofferente. Per questo il nome che ha scelto per questa visita è quello di “missionario della misericordia”. Un popolo nella miseria ha bisogno di misericordia, di amore, di speranza e pure di vicinanza.

D. – Che testimonianza porta qui all’Assemblea, un’Assemblea che si interroga sulla universalità della missione, ma anche sui problemi che ci sono oggi?

R. – A Cuba c’è un grande lavoro missionario della Chiesa, grazie a Dio. In mezzo al deserto, che abbiamo avuto per tanti anni, prima di Giovanni Paolo II, adesso la Chiesa è uscita, e noi siamo molto lieti delle parole di Francesco, che incoraggiano il popolo cristiano ad andare fuori, in missione. Noi, infatti, grazie a Dio, andiamo in missione. A Cuba, lo Stato non ci lascia edificare nuove chiese regolarmente, ma  nelle case delle famiglie noi diciamo Messa, la domenica, e raduniamo il popolo. Sono sorte a Cuba più di 2.300 case di missione. Lo Spirito Santo ci ha regalato questa opportunità e per noi è una grande gioia. A volte i missionari cubani percorrono più di 100 km in una giornata, per esempio la domenica, per andare nei villaggi di campagna e fare i catechisti, gli animatori della missione, dalle 8 del mattino alle 20 di sera.

D. – C’è, quindi, una grande vitalità, ma ci sono anche dei bisogni…

R. – Per esempio, i progetti, i sussidi per le diocesi. C’è la speranza che le Pontificie Opere Missionarie aiutino Cuba e i vescovi cubani con i progetti missionari  che alle volte includono anche i bisogni dei sacerdoti.

D. – Alla fine dei lavori dell’Assemblea, voi andrete in udienza dal Papa. Che cosa lei vorrebbe portare al Papa nello specifico e c’è qualcosa che vorrebbe ricevere?

R. – Io ringrazio grandemente il Papa e gli chiederò di stare accanto al popolo cubano, alla sua sofferenza.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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