Res Publica et Societas

Il ministro della Giustizia Orlando: ‘grazie a Papa Francesco più dignità per i detenuti’

«Nel 2013, quando l’Italia fu condannata dalla Corte europea con la sentenza Torreggiani, i detenuti erano 65.905 a fronte di 46mila posti. Oggi sono 54.912, su 50.062 posti. E ne realizzeremo altri 800 entro fine anno e 600 a metà 2017…».

Nel giorno del Giubileo dei detenuti, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ragiona con Avvenire dei problemi del pianeta carcere e delle possibilità di cambiarlo, partendo da un’ammissione affatto scontata per un “laico”, per storia politica e convinzioni personali, come lui: «Alcuni passi compiuti finora sarebbero stati impensabili senza il contributo e la spinta delle parole di papa Francesco, che ha posto la questione del rispetto della dignità dei detenuti, della misericordia come cardine dell’intero Giubileo. Ci ha aiutato ad affrontare un clima sociale a volte ostile, perché strumentalizzato da “imprenditori della paura” che rendono difficile fare capire alla gente che esistono diritti fondamentali per ogni essere umano, quale che sia l’errore commesso…».
Dati alla mano, il sovraffollamento carcerario appartiene al passato? I provvedimenti messi in campo hanno fatto calare il tasso dal 146% al 109, in linea con altri Paesi europei e più basso di Regno Unito (111) e Francia (119). Tutti i detenuti sono in celle che rispettano il parametro minimo di 3 metri quadri calpestabili a persona. Perciò, la Corte di Strasburgo ha restituito i ricorsi all’Italia. Non solo: 3 anni fa gli individui “trattati” dal sistema penale erano 87mila. Ora sono 94mila, ma le misure alternative sono raddoppiate, da 21mila a 40mila, e ciò dimostra che si può perseguire la sicurezza con minor ricorso al carcere. Infine, è lievemente sceso il dato di chi attende il giudizio di primo grado: dal 35,1% al 33,6.


Ciononostante, il senso di umanità e la rieducazione previsti dall’articolo 27 della Costituzione spesso latitano. Perché? Manca una profonda trasformazione della vita penitenziaria. Il modello è “passivizzante”: ti dice “non fare niente di male”, ma non ti invita a fare “qualcosa di bene”. Puntiamo a far approvare la delega sull’ordinamento penitenziario contenuta nella riforma penale, per costruire un nuovo tipo di trattamento, che metta alla prova le persone offrendo possibilità di riscatto.
Ma lo stallo in Senato sulla riforma, dovuto allo scontro sulla prescrizione, è superato? Il testo è quello uscito dalla Commissione. Il presidente del Consiglio mi ha garantito che intende procedere verso la sua approvazione. Lunedì scorso, durante la visita che abbiamo fatto al carcere Due Palazzi di Padova, un detenuto gli ha detto: «Fate presto, mettete la fiducia!». La prossima settimana ci sarà una riunione dei capigruppo per calendarizzare il testo in Aula e poi, spero, si andrà al voto.
Torniamo al carcere. Il lavoro scarseggia o è trattato in modo degradante: chi fa la sarta viene chiamata “rattoppina”, l’addetto alle pulizie “scopino”. Epiteti sgradevoli, che oltretutto non faranno curriculum quando il recluso uscirà…Ho dato disposizione affinché quella terminologia sia superata, in favore di espressioni corrette, usate anche “fuori”. E stiamo pensando a una struttura unica che si occupi del lavoro in carcere. I dati dicono che siamo sulla buona strada.

Quali sono? Al 30 giugno, si contavano 12.903 detenuti ammessi al lavoro alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria; altri 2.369 dipendenti da imprese e cooperative, di cui 936 negli istituti, 781 all’esterno e 652 in semilibertà. Stiamo spingendo sulle convenzioni con gli enti locali: grazie a un accordo col Campidoglio, 100 reclusi sono stati impiegati nel ripristino di aree urbane durante il Giubileo.




La tossicodipendenza in carcere resta un problema gravissimo… Il tossicodipendente deve poter scontare la pena in una comunità di recupero. Ma alcune Regioni non garantiscono i posti che si erano impegnate a offrire. Serve una vigilanza più severa, anche mettendo in mora quelle Regioni che si sottraggono…
Gli stranieri in carcere sono tanti, ma interpreti e mediatori culturali scarseggiano… Il problema esiste, dato che un detenuto su tre è straniero, e nella legge di Bilancio sono previste risorse per l’assunzione di mediatori culturali…
Lei ha visitato «a sorpresa» diversi istituti. Cosa ha trovato?Ci sono strutture esemplari come Bollate o come Padova, che come dicevo ho visitato insieme al presidente del Consiglio Matteo Renzi, il primo premier italiano a farlo. Ma sono rimasto sorpreso dai progressi a Poggioreale: non è più una realtà invivibile. Alcuni istituti, a Savona e Sala Consilina, erano inadeguati e li ho fatti chiudere, ma il secondo ora rischia di dover riaprire per un ricorso al Tar… Chiudere un carcere, perfino strutture vergognose, non è semplice, ma abbiamo un piano e lo stiamo rispettando.
E il personale impegnato nella custodia e nella cura dei detenuti?Nella legge di Stabilità, ci saranno interventi in favore della Polizia penitenziaria, così come di educatori e psicologi. E vorrei esprimere apprezzamento per le figure religiose, come cappellani o imam autorizzati alla predicazione in carcere: la loro azione “umanizzante” è preziosa, anche sul fronte del contrasto alla radicalizzazione, nuova minaccia nei penitenziari.
Nonostante gli appelli, l’adozione di provvedimenti di clemenza, come l’amnistia, resta una chimera?
La praticabilità politica di un provvedimento di clemenza è ardua: per l’amnistia occorrono i due terzi del Parlamento. Ciò detto, quando lo si è fatto in passato, la deflazione è durata poco. Servono interventi strutturali ed è ciò che stiamo facendo…

In Italia la pena capitale non esiste, ma c’è l’ergastolo, definito dal Papa «una pena di morte nascosta», perché priva di speranza. Pensa che potrà essere abolito? È una discussione aperta. Ma credo che, finché mafie e gruppi terroristici non saranno debellati, sia difficile pensare a un suo superamento. Aggiungo che, sull’abolizione mondiale della pena di morte, ci riconosciamo nelle parole del Papa. E come membro del governo sono fiero di quanto l’Italia sta facendo nel sostegno alla moratoria internazionale: siamo capofila in questa battaglia.



Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Vincenzo R. Spagnolo)

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