Categorie: Pax et Justitia

Orrore! Siria: Is brucia chiesa, 90 cristiani rapiti

Sono almeno 90 i cristiani caldei rapiti dai miliziani dell’Isis che hanno bruciato una delle chiese più antiche della Siria sulle colline nel nord-est del Paese, dopo un assalto a due villaggi nella provincia di Hassakeh. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Secondo il sito del settimanale americano Newsweek e secondo quanto confermato dall’agenzia di stampa siriana Sana, gli jihadisti hanno dato alle fiamme la chiesa cattolica di Tal Hermez, una delle più antiche del Paese, e chiederebbero il rilascio di loro prigionieri in mano ai peshmerga curdi per la liberazione degli ostaggi, minacciando altrimenti di ucciderli. L’attacco è iniziato all’alba di lunedì con l’irruzione in un villaggio nei pressi di Tell Tamer, nell’area di Al-Hasakah in cui vice una nutrita minoranza assiro-caldeo-siriaca. Le donne e i bambini sono stati radunati in una zona del villaggio presidiata dagli jihadisti mentre gli uomini sono stati trasferiti nelle montagne di Abd al-Aziz.

Un assalto in piena regola e un intero villaggio preso in ostaggio dai combattenti dell’Is, nelle colline del nord-est della Siria. Il terrore sarebbe disceso alle prime ore del mattino sul villaggio nel pressi di Tell Tamer, non lontano da Al-Hasakah, dove si registra una alta concentrazione di popolazione assiro-caldeo-siriaca, secondo quanto ha riferito a Newsweek una fonte contattata dagli abitanti del luogo.

L’intera zona sarebbe sotto assedio: gli uomini dell’Is che vi hanno fatto irruzione hanno dapprima separato le donne e i bambini dagli uomini, per poi prendere in ostaggio diversi abitanti, portandoli nelle montagne di Abd al-Aziz. Le donne e i bambini rimangono nel villaggio, che resta presidiato dai miliziani, secondo il racconto di uno degli ostaggi che è riuscito a contattare un parente in Canada, il quale ha a sua volta avvertito dell’accaduto l’associazione ‘A Demand For Action’ (Adfa), impegnata nella protezione della popolazione assiro-caldeo-siriaca.

Non è chiaro quanti sarebbero gli uomini presi ostaggio, ma secondo il racconto potrebbe trattarsi di diverse centinaia: l’Is li starebbe utilizzando come ‘merce di scambio’, chiedendo per la loro liberazione la consegna di prigionieri nelle mani dei combattenti curdi impegnati nella lotta all’Isis, minacciando altrimenti di ucciderli.

Nuri Kino, fondatore di Adfa, ha riferito a Newsweek di essere in contatto con diversi parenti degli ostaggi nelle mani dell’Isis. “Molti di loro hanno parenti in Svezia e Germania”, ha detto Kino, riferendo di aver anche tentato di mettersi in contatto telefonicamente con gli abitanti del villaggio, ma all’apparecchio avrebbero risposto gli jihadisti.

Resta difficile ricostruire nei dettagli la situazione sul posto: non è chiaro quanti miliziani abbiano effettuato il raid, ma l’attacco è stato descritto come “enorme” e in un clima di completo “panico”.

Intanto anche l’agenzia di stampa siriana Sana ha riferito che i jihadisti hanno lanciato attacchi in diversi villaggi in Siria, incluso Tal Hermez, Tal Shamiram, Tal Riman, Tal Nasra, al-Agibash, Toma Yalda and al-Haooz, nell’est del Paese, uccidendo decine di persone. Gli attacchi sono stati compiuti a bordo di veicoli pesanti e i miliziani hanno bruciato una delle chiese più antiche della Siria, a Tal Hermez, secondo l’agenzia Sana, che cita fonti locali.

L’obiettivo dell’Is per l’agenzia è di fare terra bruciata, per tracciare una sorta di corridoio che arrivi fino al confine con la Turchia, allo scopo di facilitare il passaggio di armi e mercenari. Durante gli attacchi, stando ancora all’agenzia siriana, le forze della coalizione avrebbero sorvolato la zona presa di mira dai jihadisti, senza intervenire.

Rischia di saltare in Libia il dialogo, tra le diverse fazioni in lotta,  mediato dall’Onu,  precondizione perché la comunità internazionale possa decidere o meno un intervento per arginare la minaccia jihadista. Il governo di Tobruk ha infatti annunciato la sospensione della propria partecipazione ai colloqui, accusando la Turchia di sostenere le milizie filo-islamiche che a Tripoli hanno “imposto” il governo parallelo di al Hassi. Nel frattempo il sedicente Stato Islamico continua a seminare terrore in Siria. Jihadisti a bordo di mezzi pesanti avrebbero distrutto diversi villaggi nell’est del paese con l’obbiettivo di arrivare al confine turco: decine i morti. Imprecisato il numero di caldei, si parla di diverse centinaia tra donne e bambini, presi in ostaggio come merce di scambio. Fonti di stampa riferiscono  della distruzione nelle fiamme di una delle più antiche chiese cattoliche del Paese. Tutto  – secondo l’agenzia siriana Sana – sarebbe avvenuto mentre le forze della coalizione sorvolavano la zona senza intervenire. Intanto dopo aver messo in campo  nella lotta anti Is, la Charles De Gaulle, la sua più prestigiosa portaerei, la Francia ha disposto per la prima volta il sequestro di carta d’identità e passaporto di sei connazionali aspiranti jihadisti in Siria e in Iraq.

Il vescovo Mar Aprem Athnie ha lanciato un nuovo allarme: è a rischio la vita dei cristiani di 35 villaggi.
L’Archimandrita ha detto che i terroristi hanno circondato due villaggi del governatorato di Hassaké (al confine con l’Iraq): Tel Shamiram e Tel Hormizd. Decine di famiglie sono state fatte prigioniere: 50 di Tel Shamiram, 26 di Tel Gouran e 28 di Tel Jazira, mentre altri 14 giovani (12 uomini e 2 donne) sono tenuti in ostaggio dai miliziani sunniti.

Il vescovo Mar Aprem Athniel, dalla sua diocesi del luogo, conferma all’Archimandrita che l’Is sta avanzando rapidamente in tutto il governatorato, mettendo a serio rischio la vita dei Cristiani che abitano i 35 villaggi della zona. I terroristi avrebbero scelto di attaccare la regione del Khabour perché sconfitti sull’altro fronte caldo, quello di Kobane, dai combattenti del PYD (Democratic Union Kurdish Party). La battaglia è iniziata verso le 4 del mattino di lunedì 23 febbraio. In breve tempo i miliziani sono riusciti a penetrare nei primi due villaggi, facendo prigioniere decine di persone: “Fortunatamente circa 600 famiglie sono riuscite a fuggire verso Qamishly – ci dice l’Archimandrita Youkhana – ma siamo preoccupati per la sorte di coloro che sono tenuti in ostaggio. Conosciamo bene i metodi barbari dell’Is: ciò che più conta per noi, adesso, è che queste persone siano liberate il prima possibile”. La regione del Khabour conta 35 villaggi Cristiani. Essi sono abitati dagli Assiri che nell’agosto 1933 fuggirono dal massacro di Simele, commesso dalle forze armate dell’allora Regno d’Iraq e che provocò la morte di circa tremila persone. La speranza di queste famiglie è quella di tornare un giorno nella loro Patria, in Iraq. Per questo gli abitanti del Khabour continuano a definire le loro abitazioni come “campi” e non come “villaggi” o “città”.
 
“Aiuto alla Chiesa che soffre” è da sempre in prima linea per garantire i diritti civili e religiosi dei cristiani perseguitati in Siria. È di pochi giorni fa, il 16 febbraio, lo stanziamento di 2,3 milioni di euro per decine di progetti nelle città di Aleppo, Homs, Damasco e villaggi cristiani come quelli della regione del Khabour. I fondi saranno spesi per garantire cibo, medicine, cure di prima necessità, abitazioni temporanee ed elettricità agli sfollati.

A cura di Redazione Papaboys fonti: Ansa, Avvenire, Radio Vaticana, Newsweek, Repubblica

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