Per conservare la pace il “mezzo più efficace” sta nella “certezza di essere amati da Dio”. Lo ha affermato padre Raniero Cantalamessa nella terza predica di Avvento, temuta davanti al Papa e alla Curia Romana, dedicata al tema “la pace, frutto dello Spirito”. Il servizio di Alessandro De Carolis per la Radio Vaticana:
Intuizioni mistiche folgoranti, dure pratiche ascetiche. Percorsi diversi con un unico obiettivo: arrivare a ottenere la pace interiore. Due millenni di storia cristiana hanno visto Santi e pensatori cimentarsi in questa scalata alla vetta della pace dello spirito e padre Raniero Cantalamessa ha ricordato alcune delle figure che più hanno inciso in questo ambito nella tradizione spirituale della Chiesa.
Al terzo posto
San Paolo – ha detto anzitutto il predicatore pontificio – quando parla dei “frutti dello Spirito” colloca la pace “al terzo posto”, dopo l’amore e la gioia e prima della benevolenza e della bontà fino al dominio di sé. E mentre i carismi, ha distinto, sono diversi e “opera esclusiva dello Spirito” – che li concede a chi e quando vuole – i frutti dello Spirito sono invece “identici per tutti”. In altre parole, non tutti nella Chiesa possono essere apostoli e profeti, ma tutti “possono e debbono essere caritatevoli, pazienti, umili, pacifici” e così via. Dunque, la pace frutto dello Spirito – ha messo in chiaro padre Cantalamessa – indica la condizione, lo stato d’animo e lo stile di vita di chi, “mediante sforzo e vigilanza, ha raggiunto una certa pacificazione interiore”.
Riposo è nella volontà di Dio
Sant’Agostino è colui che ha cominciato nella Chiesa ha indicare una delle vie accessibili alla pace interiore tanti ai contemplativi quanto ai cristiani di vita attiva. E mentre sulla terra – scriveva – “il luogo del nostro riposo è la volontà di Dio – in cielo questo luogo sarà “Dio stesso”:
“In quella pace non è necessario che la ragione domini gli impulsi perché non ci saranno, ma Dio dominerà l’uomo, l’anima spirituale il corpo e sarà così grande la serenità e la disponibilità alla sottomissione, quanto è grande la delizia del vivere e dominare. E allora in tutti e singoli questa condizione sarà eterna e si avrà la certezza che è eterna e perciò la pace di tale felicità ossia la felicità di tale pace sarà il sommo bene”.
Indifferenti e mai curiosi
Celebre, per percorrere la vita della pace, fu anche la “dottrina della santa indifferenza” di Ignazio di Loyola – dove le preferenze personali si mettono da parte per cui ciò che dà pace al cuore, dopo lungo discernimento, è ciò che corrisponde è conforme al volere di Dio. Oppure, nell’“Imitazione di Cristo”, un mezzo suggerito è quello di evitare “la vana curiosità” perché ciò che conta è seguire Gesù senza dare peso a ciò che fanno gli altri. In tutti questi e altri modi, ha spiegato padre Cantalamessa, ciò che viene in evidenza è “lotta della carne contro lo spirito”:
“Lo Spirito Santo non è la ricompensa ai nostri sforzi di mortificazione, ma ciò che li rende possibili e fruttuosi; non è solo alla fine ma anche all’inizio del processo (…) In questo senso si dice che la pace è frutto dello Spirito; essa è il risultato del nostro sforzo, reso possibile dallo Spirito di Cristo. Una mortificazione volontaristica e troppo fiduciosa di se stessa può diventare – e lo è diventata spesso – anch’essa un’opera della carne”.
Pace è certezza che Dio ci ama
Per padre Cantalamessa, “il mezzo più efficace per conservare la pace del cuore” riposa soprattutto in una certezza, quella “di essere amati da Dio”, così come gli angeli affermano la notte della Natività: “Pace in terra agli uomini che Dio ama”. E qui il predicatore francescano fa risaltare la profonda diversità tra il significato che il Vangelo attribuisce a quel “divino beneplacito” annunciato dagli angeli, rispetto a quello datogli ad esempio dalla setta degli Esseni di Qumran, per i quali gli uomini amati da Dio sono solo un gruppo di eletti:
“Presso gli esseni di Qumran “il divino beneplacito” discrimina; sono soltanto gli adepti della setta. Nel vangelo “gli uomini della divina benevolenza” sono tutti gli uomini, senza eccezione (…). Se la pace fosse accordata agli uomini per la loro “buona volontà”, allora sì che essa sarebbe limitata a pochi, a quelli che la meritano; ma siccome è accordata per la buona volontà di Dio, per grazia, essa è offerta a tutti”.
Solo Dio basta
Santa Teresa d’Avila, conclude padre Cantalamessa, “ci ha lasciato una specie di testamento, che è utile ripeterci ogni volta che abbiamo bisogno di ritrovare la pace del cuore”:
“Nulla ti turbi, nulla ti spaventi; tutto passa, Dio non cambia; la pazienza ottiene tutto; a chi ha Dio nulla gli manca. Solo Dio basta”.