Terza predica di Avvento questa mattina in Vaticano alla presenza di Papa Francesco e della Curia romana. La riflessione proposta dal padre Raniero Cantalamessa ha avuto per tema: “La sobria ebbrezza dello Spirito”. La Pentecoste, ha sottolineato il predicatore della Casa Pontificia, “non è un evento chiuso, ma una possibilità sempre aperta nella Chiesa.”
“Una chance per la Chiesa”, così il Beato Paolo VI definì il Rinnovamento carismatico cattolico in occasione del suo primo Congresso mondiale nel 1975, aggiungendo che il motto del movimento poteva essere una frase di sant’Ambrogio: ‘con gioia beviamo sobri l’abbondanza dello Spirito’.
Ed è da questa esortazione rivolta a tutti i cristiani che prende il via la predica di padre Cantalamessa precisando che nel testo originale “l’abbondanza dello Spirito” suonava piuttosto come “l’ebbrezza dello Spirito”, espressione considerata successivamente troppo audace. I Padri della Chiesa svilupparono allora il tema della “sobria ebbrezza” giocando ora sull’analogia, ora sul contrasto tra ebbrezza materiale ed ebbrezza spirituale.
“L’analogia consiste nel fatto che tutti e due i tipi di ebbrezza infondono allegria, fanno dimenticare gli affanni e fanno uscire da se stessi. Il contrasto consiste nel fatto che mentre l’ebbrezza materiale (da alcol, da droga, dal sesso, dal successo) rende vacillanti e insicuri, quella spirituale rende stabili nel bene (…) Quelli che a Pentecoste, scambiarono gli apostoli per ubriachi avevano ragione, scrive san Cirillo di Gerusalemme; sbagliavano solo nell’attribuire tale ebbrezza al vino ordinario, mentre si trattava del “vino nuovo”, spremuto dalla “vite vera” che è Cristo”.
Come fare per riprendere questo ideale della sobria ebbrezza e incarnarlo nella presente situazione storica ed ecclesiale? si domanda padre Cantalamessa. Dove sta scritto infatti che un modo così “forte” di sperimentare lo Spirito era appannaggio esclusivo dei Padri e dei primi tempi della Chiesa, ma che non lo è più per noi?
“In passato, l’ordine che veniva inculcato era, in genere, quello che va dalla sobrietà all’ebbrezza. In altre parole, la via per giungere all’ebbrezza spirituale, o al fervore, si pensava, è la sobrietà, cioè l’astinenza dalle cose della carne, il digiunare dal mondo e da se stessi, in una parola la mortificazione. (…) Siamo agli stadi della vita spirituale detti purgativo e illuminativo. In essi l’anima si libera faticosamente delle sue abitudini naturali, per prepararsi all’unione con Dio e alle sue comunicazioni di grazia.”
Noi, prosegue il predicatore, siamo eredi di una spiritualità che concepiva il cammino di perfezione secondo questa successione che però rischia di spostare troppo l’accento dalla grazia allo sforzo dell’uomo. Invece secondo il Nuovo Testamento c’è una circolarità tra le due cose: la sobrietà è necessaria per giungere all’ebbrezza dello Spirito, e l’ebbrezza dello Spirito è necessaria per giungere a praticare la sobrietà.
“Questa seconda via – quella che va dall’ebbrezza alla sobrietà – fu la via che Gesù fece seguire ai suoi apostoli. Pur avendo avuto per maestro e direttore spirituale lo stesso Gesù, prima della Pentecoste essi non furono in grado di mettere in pratica quasi nessuno dei precetti evangelici. Ma quando, a Pentecoste, furono battezzati con lo Spirito Santo, allora li vediamo trasformati, divenuti capaci di sopportare per Cristo disagi di ogni genere e infine lo stesso martirio. Lo Spirito Santo fu la causa del loro fervore, ben più che l’effetto di esso.”
Noi abbiamo bisogno della sobria ebbrezza dello Spirito, ancora più di quanto ne avessero i Padri, dice padre Cantalamessa. Dove attingere allo Spirito?
Oltre ai luoghi classici – l’Eucaristia e le Scritture – seguendo sant’Ambrogio vediamo una terza possibilità quella già vissuta dagli Apostoli a Pentecoste. Dice infatti sant’Ambrogio: “C’è anche un’altra ebbrezza che si opera tramite la penetrante pioggia dello Spirito Santo”. Padre Cantalamessa porta l’esempio di un rito semplice in uso all’interno del Rinnovamento carismatico e cioè il battesimo nello Spirito, un’esperienza di grazia che rinnova la vita cristiana delle persone che lo chiedono. Non è l’unico modo possibile per sperimentare la grazia di Pentecoste, afferma il predicatore, ma può essere uno strumento utile, del resto ci sono innumerevoli cristiani che hanno fatto una esperienza analoga, ricevendo un evidente incremento di grazia in seguito a un ritiro, un incontro, una lettura…
Il Beato Paolo VI parlò di “perenne Pentecoste” e padre Cantalamessa conclude proprio con le sue parole:
“La Chiesa ha bisogno della sua perenne Pentecoste; ha bisogno di fuoco nel cuore, di parola sulle labbra, di profezia nello sguardo…Ha bisogno, la Chiesa, di riacquistare l’ansia, il gusto la certezza della sua verità…E poi ha bisogno, la Chiesa, di sentire rifluire per tutte le sue umane facoltà l’onda dell’amore, di quell’amore che si chiama carità, e che appunto è diffusa nei nostri cuori proprio dallo Spirito Santo che a noi è stato dato”
Il servizio è di Adriana Masotti perla Radio Vaticana
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