R. – Mi è venuta la pelle d’oca e un’emozione fortissima e ho detto: “Grazie, Dio, perché tu attraverso il Papa stai dicendo quello che l’umanità ha bisogno di sentire, quello che l’Europa ha bisogno di sentire, quello che il Brasile ha bisogno di sentire”. Quando ha parlato della “passione”, ecco, io ho detto: “Questa è la nostra vocazione”. Perché da quando sono in Brasile io ho sentito questa chiamata di Dio a entrare nelle piaghe dell’umanità, nelle ferite, ma soprattutto nelle ferite di questi bambini non amati. Il grande dramma di questi bambini è non essere amati, non è essere poveri. La grande tragedia non è essere poveri, è non essere figli: per i bambini diamo tante cose e dimentichiamo di dare l’amore e la presenza.
D. – Il Papa ha detto: “E’ una vergogna che si dica che un bambino è un errore”. In realtà i bambini pagano gli errori degli adulti…
R. – Noi criminalizziamo i ragazzi, i bambini, per crimini che noi facciamo. Poi, sono loro che devono morire. E io vorrei fare un appello anche all’Europa, all’Italia. Io vedo che in Italia si ha molta paura, ci si sta chiudendo in un egoismo che è sterile. Ecco, aprirsi, i bambini sono un dono. Dire che un bambino è stato uno sbaglio è un orrore. Qui, in Europa, li uccidono prima che nascano, in Brasile anche e poi li uccidiamo anche dopo, perché i bambini non sono più un dono, sono diventati una minaccia. Questo è l’assurdo dell’umanità.
D. – Papa Francesco alzando lo sguardo dal testo ha anche detto a un certo punto: “Con i bambini non si scherza”…
R. – I bambini non sono un giocattolo, perché noi molte volte facciamo dei bambini dei giocattoli nelle nostre mani. Li vogliamo per noi, non per loro. E noi stiamo scherzando ma stiamo scherzando in una forma tragica con i bambini. Loro ti guardano e vogliono vivere e hanno speranza e ce la danno. Un’umanità senza bambini è un’umanità senza futuro.
D. – Alla fine dell’udienza generale, lei ha potuto parlare con Papa Francesco e accanto a lei c’era anche un bambino, Michael, di 9 anni. Un’esperienza forte, immagino…
R. – E’ proprio Dio che ci ha amati. Quando è passato vicino a noi, lui si è fermato, gli abbiamo dato i libri. Allora, lui si è informato della “Casa do Menor”. Al bambino, a Mike, gli ha detto: “Ti faccio una domanda: ‘E’ migliore Maradona o è migliore Pelé?'”. E lui è stato un po’ lì, perché lui è piccolino, e dice: “E’ migliore Neymar!”. E allora lui ha riso, tutti hanno riso… E lui mi dice: “Fai pregare i bambini per me; pregate e fate pregare i vostri bambini per me”. E ho sentito la conferma della Chiesa. Il nostro lavoro è una missione, una missione che Dio ci ha dato e che ci conferma attraverso la Chiesa.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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