La difficile storia di Pablo Martin Mora Bermudez che da due anni non riesce più a vedere le proprie figlie. Pablo ha 48 anni, di professione fa l’ingegnere ed è padre separato. Il 4 luglio è partito da Santiago di Compostela, dove sono custodite le reliquie dell’apostolo Giacomo e, in poco più di due mesi ha consumato le scarpe per per- correre i 2.300 chilometri fino a Roma.
Ieri è arrivato in piazza San Pietro. Obiettivo quello di spiegare a Papa Francesco il suo dramma di genitore che, a causa della separazione, non può esercitare il suo diritto-dovere educativo nei confronti delle figlie, Laura e Amanda, dieci anni. Ad ostacolarlo una serie di inghippi giuridici e, soprattutto, la volontà dell’ex moglie.
Secondo quanto racconta l’uomo lei non perderebbe l’occasione per metterlo in cattiva luce agli occhi delle piccole. Così che, alla sofferenza di non aver potuto trascorrere negli ultimi due anni neppure un minuto con le sue bambine, s’aggiunge nel cuore di Pablo la preoccupazione per quello che loro penseranno di lui. «E se non mi volessero più vedere a causa di quello che racconta la madre?».
Il dramma di Pablo purtroppo è ben noto. Si chiama alienazione parentale (pas secondo l’acronimo inglese). E se gli esperti sono divisi sul fatto che questo comportamento nefasto debba essere definito sindrome, disturbo, patologia o chissà cosa d’altro, resta il fatto che quando una moglie o un marito mettono in atto oblique strategie di sbarramento nei confronti dell’ex per impedire i contatti con i figli, la sofferenza ha ricadute pesantissime sulle vittime designate. Pablo, separato da cinque anni, ha tentato tutte le strade per ottenere dal tribunale un provvedimento favorevole. «Il giudice – racconta – ha rilasciato una perizia in cui vengo definito un padre ottimo e in cui si impone alla mia ex consorte di agevolare i contatti tra me e le bambine.
Ma in Spagna, se la mamma si oppone, non c’è legge che tenga. Avrà sempre ragione lei». Succede più o meno lo stesso in Italia e in altri Paesi occidentali se è vero che, in poche settimane, il dramma di Pablo è diventato icona delle tante situazioni di sofferenza in cui sono coinvolti migliaia di padri separati, circa 500mila in Italia, secondo le stime dell’Associazione famiglie separate cristiane che ha subito raccolto l’appello dell’ingegnere spagnolo.
«Siamo con te – gli ha scritto Ernesto Emanuele, presidente dei separati italiani – e saremo al tuo fianco per presentare al Papa tutto lo strazio dei padri, ma anche di non poche mamme, che a causa di leggi ingiuste sono costretti a vedere i figli crescere come orfani di genitori vivi».
Parole di sostegno al gesto di Pablo Martin sono arrivate da tanti genitori separati in Spagna, Francia e Italia. Non pochi lo hanno ospitato a pranzo, gli hanno offerto alloggio. Qualcuno avrebbe voluto anche sostenerlo economicamente. «Ma non ho bisogno soldi, anche se probabilmente al mio ritorno non potrò più tornare al mio lavoro di progettista. Vorrei solo far capire cosa prova un padre a cui viene impedito di vedere le proprie figlie».
Lungo il percorso lui, uomo di profonda fede, ha voluto incontrare anche alcuni vescovi. Lo scrive su Avvenire on line, il vaticanista Luciano Moia.
A Genova è stato salutato e incoraggiato anche dal cardinale Angelo Bagnasco. In tanti, oltre a sostenerlo e ad accompagnarlo per lunghi tratti, hanno voluto affidargli lettere e messaggi con la propria storia. Così che, se davvero avrà la possibilità di incontrare il Papa, l’ingegnere spagnolo diventerà ambasciatore delle sofferenze e delle richieste di migliaia di ‘colleghi’ europei.
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