Traccia un bilancio dei lavori sinodali fin qui svolti anche padre Mario Aldegani, superiore generale della Congregazione di S. Giuseppe. L’intervista è del nostro inviato al Sinodo Paolo Ondarza:
R. – Mi pare che possiamo dire che ci sia stato un grande dialogo aperto, sia nell’aula sinodale sia nei Circoli Minori. Io penso che si potrebbe dire che questo Sinodo sia un atto d’amore verso la famiglia, con una grande fiducia nel Santo Padre.
D. – Fiducia nel Santo Padre che, in aula sinodale, si è esplicitata nel chiedere a lui un ultima parola su determinati temi che il Sinodo, avendo una funzione consultiva e non deliberativa, non può pronunciare…
R. – Proprio così. Io penso che questo pensiero, questo chiarimento sia molto utile, anche forse in rapporto ad alcune interpretazioni distorte che si percepiscono fuori di qui. Il Sinodo non decide niente, è una riflessione, è un cammino di comunione e di interpretazione della realtà, alla luce della Parola del Signore, della tradizione della Chiesa, per dare al Santo Padre il maggior numero di elementi possibili, affinché lui prenda le decisioni che gli appartengono.
D. – Intravede dei temi che il Sinodo in particolare ha illuminato maggiormente?
R. – E’ sicuramente un allargamento delle prospettive e delle riflessioni, rispetto a quelli che erano i punti sempre sottolineati in modo insistente, quasi oppressivo da chi da fuori guardava a questo Sinodo. Noi non abbiamo parlato solo della famiglia in astratto, ma abbiamo – credo – cercato di parlare delle famiglie, di entrare nelle situazioni. Uno degli elementi che mi sembra una traccia abbastanza sicura del cammino e della prospettiva, è la necessità di un’attenzione alle situazioni, ognuna nella sua particolarità, con un grande impegno all’ascolto della verità e del bene che c’è in ogni situazione familiare. Io sono rimasto impressionato e colpito da una delle frasi che ha detto il Papa, alla veglia della vigilia dell’inizio del Sinodo, il sabato. Ha detto così: “Ogni famiglia è sempre una luce, anche fioca, nel buio del mondo”.
D. – L’attenzione del Papa alla famiglia la si è vista anche ieri all’udienza generale, con la sua catechesi sulla fedeltà che non toglie la libertà. Perché è importante proporla ai giorni di oggi?
R. – Nel mondo in cui viviamo, nella cultura che respiriamo almeno noi qui in Occidente, la famiglia direi che è proprio un luogo di resistenza di valori importanti, di valori buoni. Perché nella cultura che noi respiriamo tutto si vende, si compra, si mercifica e invece nella famiglia uno vale perché c’è, perché ne fa parte. Non è una questione di forza o di debolezza, è che tu ci sei. Insomma, la famiglia è contro la cultura dello scarto. Qualsiasi situazione in cui ti trovi, il ritmo della famiglia si adegua alle situazioni di ciascuno: un malato, un portatore di handicap, un anziano… Questi sono valori grandi e noi ci siamo – credo – chinati e vogliamo chinarci su questi valori e imparare da questa grammatica dell’amore, della famiglia, della fedeltà cose buone per tutti.
D. – Sono stati diversi i temi di cui si è parlato, ma le chiedo se, secondo lei, in aula ne sono stati affrontati alcuni a cui invece è stata prestata poca attenzione dagli osservatori esterni?
R. – Uno dei temi che è emerso, soprattutto nelle ultime settimane, è il tema della custodia della fragilità, delle persone più fragili nella famiglia: i bambini, gli anziani, a volte le donne. Anche la denuncia di tante, troppe violenze che vengono patite dalle donne e anche l’ammirazione per quelle donne che fanno atti eroici in rapporto alla famiglia, come quelle che portano avanti gravidanze e poi allevano figli che poi sono frutto di violenza. Sono cose grandi, sono grandi esempi che noi dobbiamo guardare, additare come segni di bene, di positività per tutti.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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