Lo studio dei mistici cattolici mi ha sempre affascinato. Essi pur immersi, così, nella normale quotidianità sembrano sempre animati e guidati da una luce intima trascendente, che ridona le giuste proporzioni a tutto il resto (anche ai drammi del mondo, della storia e della nostra vita); è come se essi avessero diverse chiavi di lettura, sempre nuove, per leggere ed interpretare la realtà che li circonda. Ma non per estraniarsi e staccarsi dalla storia, ma per trovare risposte efficaci e credibili. Nella mistica tutto parte da Dio, è Lui che ha l’iniziativa. È Lui che dilata l’anima e la guida, è sempre Lui che la orienta, la rinforza e la sostiene. Lui solo ne è l’alimento costante e la gioia totale e totalizzante. Il loro filo conduttore è, dunque, l’amore. L’amore fa da laitmotive.
Essi, vivono con Dio attingendo al suo amore senza fine, che naturalmente manifestavano e riversavano sul prossimo in mille modi e in molteplici attività. Dio era per loro un fuoco interiore incontenibile (come per il profeta Geremia), che li portava a «bruciare» per esso. Per dirla col filosofo H. Bergson: «L’amore che lo (il mistico) consuma non è più semplicemente l’amore di un uomo verso Dio, è l’amore di Dio per tutti gli uomini. Attraverso Dio, con Dio, egli ama tutta l’umanità di un amore divino…». Quest’amore non depaupera o indebolisce, non depotenzia dei suoi talenti il mistico (il credente, comunque) ma lo arricchisce e dà un’altra dimensione al suo essere uomo o donna. «L’umanità dei mistici viene come potenziata dall’incontro del mistico stesso con Cristo: attraverso l’esperienza di Cristo egli plasma ulteriormente il proprio profilo umano… Ne risulta sempre che l’incontro personale con il Dio-Uno in Gesù Cristo non sminuisce la personalità ma la rafforza » (cit. Joseph Sudbrack).
Si può parlare anche per Padre Candido di vita mistica? Certamente. Intendendo per vita mistica, quanto Francesco Asti, sacerdote napoletano, Consultore presso la Congregazione per le Cause dei Santi, ha riportato nel suo libro “Teologia della vita mistica. Fondamenti, dinamiche, mezzi”. Vita mistica quale movimento di comunione con Dio, detto appunto non solo mistico, ma della vita mistica, in quanto cammino di fede vissuto nella ferialità della vita quale sviluppo battesimale dei doni di Dio (cf pp. 21-22). In questa prospettiva si comprende anche che «il cammino mistico […] non riguarda solo il monaco o la monaca che si ritirano nel deserto, ma ogni fedele, in quanto l’incontro trasformante con Dio avviene quando l’anima è unita a Lui» (cf pp. 29-30). Come dice un noto studioso, «i mistici sono i servi più autorevoli dell’umanità che il mondo abbia mai conosciuto» (Egan, I mistici). Padre Candido Amantini, rappresenta, per tanto, al massimo grado tale condizione: lui ha testimoniato, attraverso l’offerta oblativa di sé al prossimo, la possibilità di una vita pienamente autentica, contrassegnata dall’amore di Dio carità. L’Amantini ha mostrato di aver chiaramente compreso che la profonda comunione con Dio non è un’utopia, ma una possibilità offerta che viene impedita solo dal peccato: di qui la necessità di una costante e severa mortificazione per aderire al suo amore. Annota Giannino Piana che «la vita mistica è caratterizzata dalla presa di coscienza della presenza dentro di sé del Dio vivente, il Dio dell’amore. Come tale essa non è il risultato di uno sforzo, perché l’uomo è incapace di accedervi con le sue sole proprie forze. Essa è un dono divino.
Ma tale dono non può essere conseguito se non si marcia speditamente e con pazienza sul duro sentiero della preghiera, se non ci si impegna a compiere, fedelmente, giorno per giorno, la volontà di Dio, se non si consente a svelare (o riconoscere) la propria profonda miseria e non si rinuncia definitivamente a compiacersi di se stessi; soprattutto, se non si crede ostinatamente nell’amore del Padre, accettando le purificazioni di questo amore ». E a questa esperienza dell’unione mistica con Dio siamo chiamati tutti, non possiamo sottrarci. Nessuno può non farlo in virtù del battesimo ricevuto. Lo afferma (e conferma) anche il Catechismo (n. 2014): “Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama mistica, perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti – i santi misteri – e, in lui, al mistero della santa Trinità. Dio chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concessi grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica…”.
Se volessimo scrivere riguardo aneddoti, casi di esorcismi o di guarigioni ci sarebbe veramente tanto da raccontare: Rosina, la sorella maggiore del Servo di Dio, ricorda di un caso che lo steso P. Candido le raccontava: «Una volta andava in macchina insieme a Don Orlando; forse c’era qualche guasto alla macchina per cui ad un certo punto sentirono un insolito rumore. Pensavano di rivolgersi ad una officina di meccanici per farla guardare. La strada che percorrevano era in salita. Tutto a un tratto la macchina si fermò è non fu possibile metterla in moto. Così la lasciarono là dove si era fermata e, camminando pian piano, giunsero a piedi in un luogo dove c’erano dei meccanici. Mentre pensavano a come farla trainare da qualche automezzo, videro con grande meraviglia e sorpresa che la loro macchina si muoveva; andò a fermarsi proprio davanti a loro e alla officina. I meccanici non trovarono alcun guasto di nessun genere, così ripartirono tranquilli». Oppure, ancora, «una volta [mentre n.d.r.] stava passeggiando lungo il corridoio, ad un tratto gli si avvicinò un padre passionista piuttosto giovane, che con aria beffarda lo guardò e gli disse: “Ma smettila con questi tuoi mali immaginari”. P. Candido non gli rispose, ma rimase dispiaciuto, perché di mali ne soffriva molti. Passarono dei giorni. Tutto ad un tratto rivide quale giovane passionista che stava avvicinandosi per salutarlo. P. Candido gli fece capire che quello che aveva detto lo aveva molto offeso. Ma quel confratello rimase tanto meravigliato, affermando che non era stato lui. Infatti intervennero altri passionisti e affermarono che lui in quei giorni era molto lontano da Roma. Così P. Candido capì che era stato [il demonio, menzognero per antonomasia n.d.r]». Questi episodi della vita del nostro Servo di Dio rammentano che la fede è un atto d’amore. Un abbandono fiducioso. Un vivere perennemente in Dio e di Dio. Perché l’Amore, quello vero, cambia il modo di vedere. Da ciò mi sono, spesso, chiesto quale guadagno non sarebbe per la vita cristiana se l’anelito ardente alla santità neutralizzasse e sostituisse quell’aurea mediocritas che fa adagiare l’anima, troppo spesso, nelle mezze misure e in tanti piccoli compromessi. Quale recupero di vitalità non apporterebbe al nostro evangelizzare, alla nostra fede, al nostro sentirci Chiesa, al nostro essere testimoni credenti e credibili e al nostro appartenere a Cristo l’anelito ardente alla santità. Mi ha commosso sempre, in conclusione, invece, un altro particolare della vita del nostro Servo di Dio. Una sua figlia spirituale ricorda una intimità fatta dal padre, il quale con voce commossa e occhi brillanti le confidò: «Ti devo dire una confidenza. Ciò che ti dirò lo sa solo il mio confessore, per cui mi devi promettere che non lo dirai a nessuno. Gesù e la Madonna si manifestano e parlano con me!».
Volevamo una definizione di vita mistica? Ecco, questa è la più bella definizione: parlare cuore a cuore con Lui.
Andrea Maniglia
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