Ciascun battezzato “è un soggetto attivo di evangelizzazione”. Padre Raniero Cantalamessa ha preso spunto da un passo dell’Evangelii Gaudium per soffermarsi sul tema della gioia evangelica che riempie il cuore e la vita.
Incontrare personalmente Gesù
Lo scopo ultimo dell’evangelizzazione, ha affermato, “non è la trasmissione di una dottrina ma l’incontro con una persona, Gesù Cristo”:
“La possibilità di un tale incontro a tu per tu dipende dal fatto che Gesù risorto è vivo e desidera camminare affianco di ogni credente così realmente come camminava affianco dei due discepoli di Emmaus lungo il viaggio, anzi, di più, come era con i due discepoli quando tornavano a Gerusalemme dopo che avevano ricevuto il pane spezzato da Gesù, perché adesso era dentro di loro, non era affianco”.
Per Francesco, ha proseguito, questo non vuol dire che l’incontro personale “sostituisce quello ecclesiale”, ma solo che quest’ultimo deve essere anche “un incontro libero, voluto, spontaneo, non puramente nominale, giuridico o abitudinario”. Il frate cappuccino ha così evidenziato che questo è ancor più vero oggi nel momento in cui “l’esaltazione della libertà individuale e dell’autodeterminazione” hanno mutato “profondamente la situazione della fede nella società”.
I movimenti al servizio della nuova evangelizzazione
Di qui l’urgenza di una nuova evangelizzazione che crei per gli “uomini d’oggi delle occasioni che permettano loro” di prendere una decisione “personale libera e matura”. Al riguardo, ha detto, dopo il Concilio Vaticano II hanno avuto un grande ruolo gli “innumerevoli movimenti ecclesiali” e le “aggregazioni laicali”:
“Il contributo comune di tutte queste realtà vastissime, sia pe consistenza numerica che per indole, costituisce un elemento comune: sono l’occasione per molti laici adulti di prendere coscienza del proprio battesimo e di decidere liberamente della loro appartenenza, quindi diventare soggetti attivi della Chiesa, non più solo passivi”.
Ma perché, si chiede ancora padre Cantalamessa, “il Vangelo riempie di gioia il cuore e la vita del credente?”. La risposta è proprio nell’incontro “personale con Gesù”, nel “rapporto intimo, da persona a persona” con Lui.
Convertirsi è andare avanti, non tornare indietro
Prima di Gesù, ha così affermato, “convertirsi significava sempre ‘tornare indietro’”, ma con il Signore cambia tutta la realtà, la conversione “assume un significato nuovo, finora sconosciuto”:
“Convertirsi non significa più tornare indietro all’alleanza violata: significa fare un balzo in avanti ed entrare nel Regno che è apparso gratuitamente per decisione di Dio in mezzo agli uomini. Quindi convertitevi e credete sono la stessa cosa: convertitevi, cioè credete”.
Ecco, ha soggiunto, perché il Vangelo è Buona Notizia: perché “ci parla di un Dio che, per pura grazia, ci è venuto incontro in suo Figlio Gesù”. Quindi, ha messo in guardia dal fermarsi alla croce convincendosi “che il Vangelo è sinonimo di sofferenza e di rinnegamento di sé, e non di gioia”. In realtà, ha detto, il Calvario è la “penultima tappa, mai l’ultima”: dopo la croce c’è la Risurrezione, “la gioia senza fine”.
Fede e opere in “Evangelii Gaudium”
Il predicatore della Casa Pontificia ha dunque evidenziato che il Vangelo non si può ridurre alla sola dimensione della fede, trascurando le opere. Altrimenti, come scrive l’Apostolo Giacomo, la fede è “morta”. E qui ha richiamato l’Evangelii Gaudium che, ha detto, fa una sintesi proprio tra fede e opere:
“L’Esortazione Apostolica di Papa Francesco riflette questa sintesi tra fede e opere, perché dopo aver iniziato con questa prospettiva radiosa dell’incontro con Cristo, che già ti mette nella salvezza, elenca nel corpo della lettera tutti i ‘No’ che il Vangelo dice contro l’egoismo, l’ingiustizia, l’idolatria del denaro e i ‘Si’ che il Vangelo ci fa dire, ci sprona a dire al servizio degli altri, all’impegno sociale, ai poveri. È la dimostrazione che l’incontro personale con Gesù non ti lascia indifferente nel quietismo, ma ti spinge, diventa un dinamismo che porta sia all’evangelizzazione che alla santificazione personale”.
A Quaresima, riempiamo di Spirito Santo la nostra anima
Padre Cantalamessa ha concluso la sua predica sottolineando che la “gioia promessa dal Vangelo è frutto dello Spirito, e non si mantiene se non grazie a un continuo contatto con Lui”. Un contatto che possiamo ancor più sperimentare e approfondire nel tempo di Quaresima:
“E questo tempo di Quaresima, venerabili padri, fratelli e sorelle, è il tempo più adatto per ‘l’ispirazione’, per fare dei forti, grossi respiri di Spirito Santo attraverso quel poco che possiamo fare, in modo che poi dopo, quando andiamo verso gli altri – senza che ce ne accorgiamo – forse, il nostro respiro, il nostro alito profuma un po’ di Gesù. Buona Quaresima a tutti”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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