Padre Cesare Truqui è un sacerdote contento di esserlo. Quando, più di vent’anni fa, il Signore lo ha chiamato — in un rumoroso incrocio di Città del Messico attraverso lo sguardo umiliato di un senzatetto che gli ha trapassato il cuore — ha consegnato con fiducia la sua vita, chiedendo solo di metterla al servizio dei fratelli. Non immaginava, quel giorno, che tanti incroci di vita dopo sarebbe diventato uno degli esorcisti della diocesi di Coira, in Svizzera. Ma nemmeno si stupisce: «Essere esorcista significa esercitare un ministero di misericordia. Un altro modo di stare vicino a persone che soffrono, così come sono chiamati a fare i sacerdoti nelle tante situazioni in cui si manifesta la fragilità umana».
A Samedan, un paesino accanto alla famosa località turistica di Saint-Moritz, padre Truqui lavora nella missione italiana cattolica dell’Engadina alta. All’inizio del secolo scorso molti emigranti del Bel Paese hanno attraversato il confine per impiegarsi negli hotel e nelle strutture ricettive che hanno reso famose le località sciistiche della zona. Oggi la comunità che fa capo alla missione è composta da circa tremila italiani e poco più di duemila portoghesi protagonisti della più recente ondata migratoria, cui si aggiungono a Natale e d’estate i numerosi italiani che hanno seconde case di villeggiatura a Saint Moritz e dintorni.
«Mi è sembrato importante», afferma Truqui, «accogliere la sfida di vivere e annunciare il Vangelo, in un contesto in cui la laicizzazione è più avanzata rispetto ad altri Paesi europei. In questa nazione, dove il tenore di vita è molto alto, la gente ha sete di parlare di Dio, anche nei contesti dove meno te lo aspetti».
Nel suo studio affacciato sulle montagne c’è la foto di padre Gabriele Amorth, il conosciutissimo esorcista della diocesi di Roma, mentre consegna a Truqui il libro sugli esorcismi. Padre Amorth è stato il maestro che lo ha introdotto a questo speciale ministero di misericordia. In quel periodo Truqui si trovava a Roma presso l’Ateneo Regina Apostolorum, il primo ad aver organizzato, insieme al Gris (Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa) di Bologna, un corso giunto oggi alla tredicesima edizione per formare gli esorcisti incaricati dai propri vescovi diocesani. «Contrariamente a quanto si pensa», ricorda Truqui, «padre Amorth non era “fissato” con il diavolo. In questo mi sento della sua scuola. Non vedo il demonio dappertutto. Credo nella sua esistenza ma non è tutto, nemmeno nella vita di un esorcista. Padre Amorth non era geloso del suo ministero e mi ha insegnato molto sul rapporto con la sofferenza. Le persone pensavano che fosse una specie di mago con il potere di liberarle all’istante dai mali che le affliggevano, ma non è così, non è mai così».
UN CASO A SETTIMANA
A Truqui arrivano o sono inviati dalla diocesi persone di lingua italiana in cerca di aiuto contro il maligno. La diocesi di Coira è molto estesa e dispone di quattro esorcisti. Di solito esercita nel week end perché i pazienti o i familiari che li accompagnano durante la settimana sono impegnati con il lavoro. In cinque anni da incaricato, Truqui ha ricevuto in media un caso a settimana ma poche volte si è imbattuto in una reale influenza maligna e ancora mai in un caso di autentica possessione. D’altra parte, sottolinea, «anche padre Amorth, che ha svolto migliaia di esorcismi, ha affrontato pochissimi casi che rispondessero ai criteri di riconoscimento della possessione enunciati dalla Chiesa cattolica».
«Mi colpisce sempre», continua padre Cesare, «come la gente preferisca pensare di essere sotto l’azione del diavolo piuttosto che guardare nel proprio cuore e assumersi la responsabilità di quanto non va nella sua vita. A volte si rivolgono a me genitori di adolescenti che improvvisamente si ribellano alle regole familiari, come avviene naturalmente a quell’età, oppure giovani donne che non riescono ad avere una relazione stabile. E magari prima sono passate da cartomanti e fattucchiere per farsi leggere il futuro attraverso le carte, aprendo davvero uno spiraglio al demonio, che non esita a infilarsi nelle nostre debolezze. A quel punto cercano nell’esorcista un “mago buono” che le liberi dall’influenza dei “maghi cattivi”. C’è tanta confusione e il ministero dell’esorcista è particolarmente delicato».
Padre Cesare non manda via nessuno. «A volte», spiega, «la gente ha solo bisogno di raccontare i propri problemi e i propri dubbi e, dopo una buona confessione, torna a casa sollevata. A volte, invece, ci sono problemi fisici o psicologici e bisogna indirizzarli agli specialisti giusti. In ogni caso, prima di affrontare un esorcismo, occorre escludere tutte le possibili cause umane e spirituali. Per questo la capacità di esercitare un adeguato discernimento è il primo requisito per un esorcista».
Il diavolo esiste, come ricorda spesso lo stesso papa Francesco, e la Chiesa lo combatte da sempre instancabilmente, ma non bisogna vederlo in ogni angolo. «Il consiglio che do a tutti», afferma padre Cesare guardando le montagne fuori dalla sua finestra, «è: fidatevi della bellezza e fidatevi di Dio. Come diceva il mio maestro, se esiste un modo per distogliere l’attenzione del diavolo è proprio lasciarsi attrarre dal suo contrario: la bontà e la bellezza che ci vengono da Dio. E poiché è nostro Padre che ci vuol bene, non stanchiamoci di ripetere la preghiera che lui stesso ci ha insegnato. “Liberaci dal male e così sia”».
Fonte www.famigliacristiana.it/Chiara Santomiero