Secondo l’antropologo Mircea Eliade, il titolo di padre riferito a Dio non è solo il più antico ed originario, ma anche il più universale, attestato in tutte le religioni, da quelle cosiddette primitive a quelle più recenti ed articolate: la più popolare preghiera del mondo è rivolta al “Padre nostro che è nei cieli”.
di Daniele Venturi
A voler approfondire il concetto, l’invocazione potrebbe essere stata diretta allo stesso Padre celeste già nella preghiera più antica, come testimoniato da un Africano della tribù degli Ewe: “Dove è il Cielo, ivi è anche Dio”. Questa affermazione – e non è poco – è addirittura confermata dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che afferma che in tutti i popoli si può trovare una certa sensibilità verso la Divinità Suprema o il Padre, dalla antichità fino ai giorni nostri.
La ragione per la quale in tutte le religioni Dio è qualificato come «padre» va cercata nella insopprimibile dimensione simbolica dell’esperienza della paternità umana.
L’affermazione di Dio come Padre è un simbolo il cui significato proviene da un’altra fonte però, rispetto all’esperienza della paternità umana, in cui si manifesta e si nasconde un senso che è “diretto, primario e letterale”: stiamo parlando della fonte dell’altrove
.La percezione profonda della paternità divina, insita nel cuore degli uomini, è leggibile solo attraverso uno sforzo ermeneutico capace di interpretare lo spessore simbolico della paternità umana.
In cosa consiste la divina paternità? La risposta a questa domanda è condizionata pesantemente dalla lettura freudiana, secondo la quale la religione è il prodotto della proiezione edipica, che il bambino elabora all’interno del suo rapporto con il padre: «La ricerca psicoanalitica condotta sul singolo individuo ci insegna, con una intensità particolarissima, che il dio si configura per ognuno secondo l’immagine del padre, che il rapporto personale con il dio dipende dal proprio rapporto con il padre carnale, oscilla e si trasforma con lui, e che in ultima analisi il dio non è altro che un padre a livello più alto» (cit. Totem e Tabù, Boringhieri).
E se oggi i padri mancano, dove finiscono i figli? Possiamo aiutarli a riflettere, a trovare metodologie ordinarie per rispondere a quegli interrogativi esistenziali sui quali, purtroppo, si è basato il fallimento di noi adulti. Nel nostro tempo anche se non sembra, si fa sempre più spazio un ‘Padre dell’impossibile’ che ancora sopporta questo mondo. Nonostante noi.
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