Tenuti ai margini, censurati dalla loro Chiesa, l’omaggio di Francesco a don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari sarà qualcosa di più di un gesto “riparatore”. «L’iniziativa del Papa vale come dieci encicliche. Propone nuove figure di preti e parroci, pastori vicini alla gente, che recepiscono le sfide di oggi», dice padre Gianni Criveller, 56 anni, missionario del Pime. Criveller ha amato questi due preti “scomodi” sin dai tempi della formazione. Stabilitosi a Hong Kong, con padre Franco Mella − molto noto nella città cinese per il suo impegno sociale − ha deciso di proporre Milani e Mazzolari in Cina.
Nel 2004, con un’équipe di traduttori qualificati, Criveller e Mella hanno iniziato la traduzione di Lettera a una professoressa di don Milani; poi è seguito L’obbedienza non è più una virtù (le lettere del processo al priore di Barbiana). Poche settimane fa, il 21 e 22 maggio, in una raffinata edizione grafica, con una piccola lacrima rossa ritagliata tra la grafia del titolo, è stata la volta di Tu non uccidere di don Mazzolari. «La mia non è una missione tradizionale. Sono impegnato nella ricerca, nella pubblicazione, nell’insegnamento e nella questione dei diritti umani», spiega Criveller, che si è specializzato nello studio della missione gesuitica in Cina – Matteo Ricci, Alessandro Valignano, Giuseppe Castiglione, la controversia dei riti cinesi e la missione del Pime a Hong Kong –, e scrive sulla politica religiosa del governo cinese.
Proprio per un suo articolo sulla rivista dello Holy Study Centre della diocesi di Hong Kong gli è stato impedito di continuare a dirigere la ricerca di un centro studi presso un’università di Pechino. «L’espulsione è avvenuta nel luglio del 2011. Ma da qualche mese posso tornare in Cina. Lo scorso marzo ho parlato di Matteo Ricci in un convegno nella città di Nanchang».
Perché proprio don Milani e Mazzolari?
«I due preti sono stati preziosi nel formarci a una certa idea di Chiesa. I loro testi ci hanno accompagnato sin dall’adolescenza. Mella e io crediamo che la loro ispirazione fondamentale sia il Vangelo di Gesù, vissuto da loro in modo radicale. Anche noi cerchiamo di incarnarlo nella realtà; essere missionari per gli altri, in particolare per le persone in difficoltà, vittime dell’ingiustizia, della povertà e della violenza. Ci pare importante la formazione. Mella, missionario da più tempo di me, ha abitato per dieci anni con i boat people (profughi fuggiti in barca, ndr) negli anni Ottanta. Imitando don Milani, fece “scuola popolare” per i bambini che, in quanto irregolari, non potevano essere ammessi alle scuole pubbliche. La stessa situazione si è verificata agli inizi degli anni Duemila con i richiedenti del diritto di residenza, ragazzi nati in Cina da genitori che si erano trasferiti a Hong Kong per motivi di lavoro. La stessa Chiesa ha sostenuto la nostra lotta: il ricongiungimento familiare è un valore e un diritto. Ma il governo di Hong Kong e della Cina, contravvenendo alle proprie stesse leggi, negò questo diritto. Abbiamo sostenuto la loro lotta con tante iniziative. Per questi ragazzi che non potevano studiare abbiamo dato vita a quella che abbiamo chiamato “università del diritto di residenza”. Insegnavamo soprattutto lingue, ma anche storia e altre materie. Don Milani diceva che bisogna imparare le lingue, magari non perfettamente, per poter viaggiare nel mondo e per conoscere e accogliere le persone. In quel contesto, alunni di don Milani conosciuti a Barbiana ci hanno stimolato a tradurre Lettera a una professoressa. E così siamo partiti».
Qual è il messaggio di questi testi al popolo cinese?
«Innanzitutto il tema della scuola che, in Cina e nell’Asia orientale, è troppo competitiva: premia i migliori e penalizza chi fa fatica. È nozionistica e non promuove interesse, creatività e immaginazione. Gli studenti sono molto stressati e un risultato scolastico negativo rappresenta una sconfitta insopportabile per la famiglia. Ci sono troppi suicidi tra i giovani per i fallimenti scolastici, persino nelle scuole cattoliche. La gente di successo racconta la scuola trasmettendo l’idea che quel che conta è essere il migliore. È una retorica che esalta i più bravi, ma umilia chi non ce la fa. Per don Milani la scuola si fa a partire dagli ultimi, esaltando i doni di ciascun studente. E lui non voleva una scuola facile. Insegnava 365 giorni all’anno per dodici ore al giorno! Ma i ragazzi ne erano protagonisti».
Un tema prezioso in L’obbedienza non è più una virtù (Milani) e Tu non uccidere (Mazzolari) è l’obiezione di coscienza. Come interpella la società cinese?
«Il primato della coscienza sulla legge dello Stato è un tema importantissimo in Asia orientale dove l’etica tradizionale del confucianesimo promuove sempre e comunque l’obbedienza all’autorità. C’è troppo paternalismo e poco senso critico. Il primato della coscienza, che è uno dei più bei doni della fede cristiana all’umanità, non vuol dire che le leggi dello Stato devono essere disobbedite. Vuol dire che, di fronte a una legge ingiusta o criminale, il giudizio morale della coscienza prevale. Se non fosse così non ci sarebbero né profeti né martiri. I profeti e i martiri, non dimentichiamolo, sono disobbedienti. Il cristiano ha il diritto, e persino il dovere, di disobbedire alle leggi ingiuste e agli ordini militari criminali. Anche i cattolici fanno fatica a capire questo messaggio, ma è un insegnamento tragicamente attualissimo».
C’è poi il tema della non violenza…
«Sì, fondamentale. Noi partecipiamo a molte manifestazioni. C’è la tentazione, sia da parte dei dimostranti che della polizia, di ricorrere alla violenza. Nelle rivoluzioni la violenza viene giustificata come necessaria. Ma Gesù era non violento. Milani e Mazzolari sono chiarissimi su questo punto. E non violenti furono profeti e martiri come Gandhi e Martin Luther King. La non violenza è una vera scelta evangelica, non è una mera strategia. Mazzolari e Milani propongono il dialogo con tutti per costruire insieme una società più giusta. Perciò questi testi sono stati prodotti con la Commissione giustizia e pace, che è il gruppo ecclesiale più avanzato a Hong Kong».
Come è stata accolta la vostra proposta dal mondo politico?
«Nel passato alcuni esponenti politici hanno avuto scontri dialettici con padre Mella e con i nostri movimenti, accusandoci di essere ingenui, poco patriottici, di ingannare la gente. Il patriottismo diviene l’alibi per la repressione politica persino a Hong Kong. Mazzolari e Milani superano il concetto di patria. In un famoso passaggio de L’obbedienza non è più una virtù, don Milani afferma: “Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri miei stranieri”. È un’affermazione inaccettabile per la politica cinese, ma anche in altri ambienti nazionalisti. Secondo me, invece, è un messaggio fortemente evangelico. Con questi testi non vogliamo propagandare un’ideologia politica, ma proporre la forza profetica del Vangelo».
Cosa vi aspettate dalla diffusione di queste opere?
«Abbiamo speranze umili. Questi testi non sono una città sopra al monte, ma piuttosto un seme nel cuore della società e della Chiesa di Hong Kong e, speriamo, della Cina. E davvero siamo molto contenti di essere sulla lunghezza d’onda di papa Francesco».
Foto di Stefano Dal Pozzolo /Contrasto
Fonte www.credere.it
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